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soleggiataterra

Dionisio Sparacio -“E questa terra di tante bellezze, una cultura da vivere”

 

 

« L’uomo e il mondo offeso...Il rispetto per gli altri »

Lamento per il Sud di Salvatore Quasimodo

Post n°28 pubblicato il 05 Aprile 2014 da soleggiataterra
 

La luna rossa, il vento,

il tuo colore di donna del Nord,

la distesa di neve …

Il mio cuore è ormai su queste praterie,

in queste acque annuvolate tra le nebbie.

Ho dimenticato il mare,

la grave conchiglia

soffiata dai pastori siciliani

le cantilene dei carri lungo le strade

dove il carrubo trema

nel fumo delle stoppie,

ho dimenticato il passo

degli aironi e delle gru

nell’aria dei verdi altipiani

per le terre e i fiumi della Lombardia.

Ma l’uomo grida dovunque

la sorte d’una patria.

Più nessuno mi porterà nel Sud.

Oh, il Sud è stanco di trascinare morti

in riva alle paludi di malaria,

è stanco di solitudine,

stanco di catene,

è stanco nella sua bocca

delle bestemmie di tutte le razze

che hanno urlato morte

con l’eco dei suoi pozzi,

che hanno bevuto

il sangue del suo cuore.

Per questo i suoi fanciulli

tornano sui monti,

costringono i cavalli

sotto coltri di stelle,

mangiano fiori d’acacia

lungo le piste nuovamente rosse,

ancora rosse, ancora rosse.

Più nessuno mi porterà nel Sud.

E questa sera carica d’inverno

è ancora nostra, e qui ripeto a te

Il mio assurdo contrappunto

di dolcezze e di furori,

un lamento d’amore senza amore.



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Commenti al Post:
soleggiataterra
soleggiataterra il 05/04/14 alle 12:49 via WEB
Salvatore Quasimodo nacque il 20 agosto 1901 da Gaetano e Clotilde Ragusa a Modica,dove il padre, capostazione, era stato assegnato nella locale stazione.In seguito all'alluvione di Modica, il 26 settembre 1902, qualche giorno dopo il suo primo compleanno, la madre Clotilde con i piccoli Salvatore ed il fratello Enzo poco più grande nato nel 1899, si trasferì nella più sicura casa di Roccalumera, dal nonno paterno Vincenzo che era partito con mezzi di fortuna per recuperarli per l'impossibilità del padre Gaetano a lasciare il servizio. Dopo circa due mesi dalla nascita di Salvatore, il padre Gaetano fu trasferito. La famiglia del piccolo Salvatore fu costretta a spostarsi frequentemente, al seguito del padre, nelle varie stazioni ferroviarie siciliane: Aragona Caldare, Sferro, Comitini, Roccalumera, Valsavoja). Nel 1908 a Gela iniziò a frequentare le scuole elementari. Nel febbraio del 1909 il padre venne incaricato della riorganizzazione del traffico ferroviario nella stazione di Messina colpita da un disastroso terremoto e successivo maremoto il 28 dicembre 1908. In quel periodo vissero in un carro merci parcheggiato su un binario morto della stazione. Quegli anni resteranno impressi nella memoria del poeta che li evocherà nella poesia Al Padre scritta in occasione dei 90 anni del padre e dei 50 anni dal disastroso terremoto di Messina inserita nella raccolta La terra impareggiabile. "Dove sull’acque viola era Messina, tra fili spezzati e macerie tu vai lungo binari e scambi col tuo berretto di gallo isolano. Il terremoto ribolle da due giorni, è dicembre d’uragani e mare avvelenato".
 
linaladu
linaladu il 05/04/14 alle 15:58 via WEB
bellissime!!!complimenti Dionisio sai accuratamente scegliere...ti auguro una serata di pace.TVB.. non so come, non so quanto, so solo che te ne voglio tanto.lina.Dio ti benedica sempre.
 
 
soleggiataterra
soleggiataterra il 06/04/14 alle 10:22 via WEB
Ciao Lina, la mia mente porta i ricordi di un bene che si chiama amore per la propria terra. Nulla ci distingue amiamo lo stesso Dio. Tvb tanto!
 
lulunonmolla
lulunonmolla il 06/04/14 alle 07:58 via WEB
Grande Salvatore Quasimodo ! Ma cio' che noto caro Dionisio e' che fate post su post ! E solo alcuni di Voi ci sono per me !
 
lulunonmolla
lulunonmolla il 06/04/14 alle 09:53 via WEB
Ti ringrazio Dionisio ^_^
 
 
soleggiataterra
soleggiataterra il 06/04/14 alle 10:27 via WEB
Non mi devi ringraziare, l'amicizia porta alle frontiere della luce che non si spegne mai.

Ciao Lulù
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
rosario equizzi il 09/04/14 alle 15:33 via WEB
Gent.ma Signora Linaladu, chiedo scusa a Dionisio, ma il Suo Blog non mi accetta nel modo più assoluto. Le ho scritto due messaggi, ma ancora Lei tace e non riesco a capire il motivo. Ho scorso il Suo Blog e tutte le immagini religiose e tanto più mi sorprende che Lei non mi invii due righe, anche per dirmi che non vuole o non sa rispondermi. Mi dispiace, mi addolora, mi ferisce profondamente sentirmi snobbato da una persona tanto religiosa e che deve "amare il suo prossimo come se stesso". Che cosa Le costa inviarmi due righe con le quali mi spiega che non vuole o non sa rispondermi. Snobbare le persone non è una qualità ritenuta buona dai perfetti cristiani. La saluto cordialmente, rosario equizzi P.S.: Se volesse scrivere privatamente: rosarioequizzi@hotmail.it- Non rispondere non è "cosa buona e giusta", anzi.....
 
 
linaladu
linaladu il 09/04/14 alle 17:31 via WEB
linaladu il 04/04/14 alle 16:49 via WEB gentilissimo S,Equizzi..anche se non sono in casa mia,voglio darle risposta al suo scritto ,spero che Dionisio,non mene voglia,io avevo 7 anni quando nell'umile e povera casa dove abitavo ,mentre giocavo con mia sorella elena ho visto che un pesce piccolissimo e' entrato nella mia mente destra,ho sbandato e sono caduta a terra,questo e' stato l'inizio della mia vita con Dio,ho combattutto molto per questa causa ho sofferto da sentirmi morire,ma ora grazie all'Altissimo,sono ferma come una roccia.la saluto con stima se vuole visiti il mio sito ,potra' capire ogni cosa...Scusa DIONISIO..ti abbraccio augurandoti una felice serata .lina.
 
linaladu
linaladu il 09/04/14 alle 17:37 via WEB
SIGNOR EQUIZZI...COME VEDE AH LETTO IL POST SBAGLIATO...LA PREGO GENTILMENTE QUANDO VUOLE SCRIVERMI SCRIVA NEL MIO BLOG...QUI' STIAMO DISTURBANDO LA QUIETE DI TANTE COSE BELLE SCRITTE CON VERO SENTIMENTO...UN SALUTO .GERUSALEMME LINA LADU.
 
linaladu
linaladu il 09/04/14 alle 17:38 via WEB
Felice pomeriggio Dionisio ...ti abbraccio chiedendoti scusa...tvb.lina.ciauuu.
 
lulunonmolla
lulunonmolla il 14/04/14 alle 15:58 via WEB
E io francamente mi sono strarotta !
 
PICCOLAVIOLETTA6
PICCOLAVIOLETTA6 il 14/04/14 alle 21:02 via WEB
Una buona serata. Non importa chi tu sia: uomo o donna, vecchio o bambino, operaio o contadino, o soldato o studente o commerciante. Non importa quale sia il tuo credo religioso. Se ti chiedono qual’è la cosa più importante per l’umanità, rispondi prima dopo e sempre: la pace!
 
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SALVATORE EQUIZZI

LITTRA D’EMIGRATU

Muggheri mia, ti scrivu sti du righi dànnuti boni di la mia saluti e speru amuri miu ca la prisenti v’attrovi a tutti filici e cuntenti. Iu grazi a Diu truvavi boni amici ca quasi n’aduramu li pinzera, t’arraccumannu ‘un stari ‘nfirnicia ca già mi sistimavi a la minera. Ma cc’è na cosa dintra lu me pettu ca nun mi duna anticchia d’arrisettu!… Ti viju ancora supra la banchina ca mi saluti cu la mantillina chi m’ammustri li figghi comu pi diri: Quannu si ddaffora ricordatilli ancora! E quannu lu vapuri fu luntanu e la terra spiriu davanti a mia, ristai pi sempri a taliari a Tia ca parevi la Matri Addulurata, una rama stuccata cu li frutti pinnenti chi s’appujava supra di lu nenti. Muggheri mia li primi quattru grana c’acchucchiu cu li stenti e lu suduri, iu sugnu arreri supra lu vapuri e tornu, tornu, tornu ca mi pari c’avissi già mill’anni ca ‘un vi viu. Ora sacciu ca l’oru e li diamanti ca li vinni a circari a la strania, io li lassai nni la terra mia, io li lassavi sutta di ddi trava unni me matri un tempu m’addattava. E tornu, tornu nni la mia Sicilia mi basta na guastedda e nenti cchiù, mi basta sulu l’aria, mi basta quannu tornu di ‘ncampagna sapiri ca m’aspetta la cumpagna, sapiri ca m’aspettanu li figghi, cu li tisori di li sò mminzigghi. Cchiù nun ti dicu nenti, salutami l’amici e li parenti; T’arraccumannu li me picciriddi, dicci ca sta turnannu ddu vapuri, dicci ch’è ghiuntu quasi a menza via. Sira pi sira quannu l’addurmenti, nun ti scurdari sta munzignaria!

 

 

LETTERA D'EMIGRATO

Mia cara moglie ti scrivo queste due righe dandoti buone notizie della mia salute e spero amore mio che la presente vi trovi tutti felici e contenti. Io, grazie a Dio, trovai buoni amici con i quali quasi ci adoriamo i pensieri, ti raccomando non stare in pensiero, chè già mi sistemai alla miniera. Ma c'è una cosa dentro il mio petto che non mi dà un poco di tranquillità!.... Ti vedo ancora sopra la banchina che mi saluti con lo scialle che mi mostri i figli, come se volessi dire: quando sei lontano ricordali sempre! E quando il vapore fu lontano e la terra sparì innanzi a me, rimasi per sempre a guardare Te che sembravi la Madre Addolorata, un ramo spezzato con i frutti pendenti che si appoggiava sopra il nulla. Cara moglie i primi quattro soldi che raccoglierò con gli stenti e il sudore, sarò di nuovo sopra quel vapore e torno, torno, torno che mi paiono passati mille anni che non vi vedo. Ora so che l'oro e i diamanti che venni a cercare in terra straniera, io li lasciai nella terra mia, io li lasciai sotto quelle travi dove mia madre un tempo mi allattava. E torno, torno nella mia Sicilia mi basta una pagnotta e nient'altro, mi basta solo l'aria, mi basta quando torno dalla campagna sapere che mi aspetta la compagna. sapere che mi aspettano i figli con i tesori delle loro effusioni. Non ti dico più niente, salutami gli amici ed i parenti; Ti raccomando i miei bambini, di' loro che sta tornando quel vapore, che è giunto quasi a metà strada. Sera dopo sera, quando li addormenti, non dimenticar questa bugia.

 

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LA CIVATA

La passaredda torna a la nidata purtannu nni lu pizzu la civata: L'ucchiuzzi so su calici d'amuri unni cc'è tuttu lu maternu arduri. Torna la passaredda apprimurata, l'ala cci trema tantu è 'nnamurata! Tuttu lu paraddisu ca la chiama l'havi ammucciatu 'nmenzu di na rama. Arriva, posa, la ramuzza trema, li passareddi sannu lu sistema, allonganu lu coddu, fannu cciu e parinu 'nfudduti pi lu priu

FOCU D'ESTATI

Sutta la vampa di lu suli ardenti cripìa la terra, e tutta la natura cu l'occhi stralunati pi l'arsura pari ca cchiù nun vidi e cchiù min senti. L'aria 'nfucata trimulia, si senti 'nsinu nni l'ossa l'anfa e la calura, sulu quarchi cicala 'un si nni cura e pari ca facissi strudimenti. lu nni stu 'nfernu, vivu senza vita, comu un dannatu tiru cu li denti lu pisanti carrettu di la vita. E 'nmenzu a tantu focu e a tanta luci, moru e arrivisciu tutti li mumenti, comu lu Nazzarenu misu 'ncruci.

LA BEFANA

Dumani è la befana; è la gran festa addisiata di li picciriddi e ogn'unu già smania nni la so testa pi cavadduzzi, strummuli, pupiddi, sciabuli, treni e ci pari mill'anni l'ura ca ponnu fari cosi granni! E li me' figghi, animi nnuccenti, oduri santu di la vita mia, hannu fuddatu dintra di la menti tuttu chiddu ca cc'è nni la putia, e cu pinsera di centu culura cci parinu mill'anni quannu scura. Pirchì sannu, 'nnuccenza di li figghi, sannu chi a menzanotti la befana trasi cu li so centu maravigghi di lu pirtusu di la pirsiana: di ddu pirtusu ca lu nicareddu lu vuleva allargati c'un cuteddu! Quannu è dumani li me' picciriddi mi ristirannu affritti e scunsulati, nni dd'occhi di nnuccenti muti e friddi quantu sònnura d'oru sdirrubati!

 

LA CULLANA

Pi fari o bedda na cullana a tia, digna di tia ca si la me furtuna sfirrai pi 'ncelu, cu la fantasia, e ghivi cchiù luntanu di la luna. Dda fici un nastru cu la ciamma mia, li megghiu stiddi cci 'nfilavi a cruna, ddoppu pigghiai lu suli ca nascia cci l'appinnivi e ti fici patruna.

SPARTENZA

Vola lu trenu, vola e pari a mia c'avissi l'ali e tagghirria li venti, pirchì mi porta luntanu di tia, di la me casa e di li mei parenti. Vola ca vola, ed iu di la finestra viju girari Parvuli luntanu e ciancu ciancu lànnari e ghjnestra 'nfudduti sfilittari manu manu. L'aria nni trema, li vigni, l'olivi si scanzanu pigghiati di spavento!... ... puru li petri sunnu cosi vivi e fuinu cchiù pazzi di lu ventu. L'oceddi nni li campi abbituati a la paci, l'amuri e lu cunzolu, lassanu li so' canti appassiunnti e sbalurduti spincinu lu volu. Quarchi viddanu spersu nni lu chianu chi zappa o arata appassiunatamenti, si jisa e nni saluta cu la manu pi comu siddu fussimu parenti. Lu trenu curri, curri a gran carrera, s'ammucca e sbucca di na gallarla, mentri lu fumu pari la crinera d'un cavaddu ca scappa a la fuddia. E curri, vola! e tutti li rumura ch'iu sentu nni sta cursa dispirata, sunnu un turmentu, sunnu na turtura! E lassu lu me cori strata strata.

TRISTIZZA

Stasira c'è lu celu annuvulatu, pari ca fussi fattu di cartuni; e la luna assimigghia a un lampiuni d'un velu di tristizza cummigghiatu. Acqua nun chiovi eppuru c'è vagnatu, vagnati su li casi e lu straluni, si vidi ca lu celu è siddiatu: comu lu cori miu chianci ammucciuni.

 

 

UN RINGRAZIAMENTO PARTICOLARE VA AI FIGLI EQUIZZI

Salvatore Equizzi nacque a Palermo il 13 agosto 1907 ed ivi morì il 19 dicembre 1964. Nel 1937 circa pubblica un poemetto in dialetto siciliano intitolato " Primavera " (ora introvabile), per il quale riceve elogi dal Sen. Poeta G.A. Cesareo, dal Doti. Vincenzo De Simone, il poeta di Villarosa, nonché dai poeti Rosario Di Vita di New York ed Emilia Ruisi di Palermo e da altri uomini di cultura del tempo. " II popolo di Roma " del 26 ottobre 1937 pubblica un articolo intitolato "Salvatore Equizzi il fioraio poeta "; recensendo il suddetto poemetto, elogia l'autore e si sofferma in qualche verso. Alla sua morte il "Po' t'u cuntu ", foglio quindicinale di poesia dialettale siciliana, diretto dal Poeta Peppino Denaro, esterna il cordoglio della famiglia dei poeti dialettali, pubblicando l'annuncio con il titolo

"L'usignolo palermitano è morto"

 

 

Vieni sempre

Padre David Maria Turoldo

Vieni di notte, ma nel nostro cuore è sempre notte: e dunque vieni sempre, Signore. Vieni in silenzio, noi non sappiamo più cosa dirci: e dunque vieni sempre, Signore. Vieni in solitudine, ma ognuno di noi è sempre più solo: e dunque vieni sempre, Signore. Vieni, figlio della pace, noi ignoriamo cosa sia la pace: e dunque vieni sempre, Signore. Vieni a liberarci, noi siamo sempre più schiavi: e dunque vieni sempre, Signore. Vieni a consolarci, noi siamo sempre più tristi: e dunque vieni sempre, Signore. Vieni a cercarci, noi siamo sempre più perduti: e dunque vieni sempre, Signore.

 

 

 

 

 

Era il Sol meriggio

Era il Sol meriggio alto nel cielo, lungimirante sulle stesse sensazioni sibile, nel vento raccolte in grumi di fumo loro alti, veloci nello sparire quasi quanto tanto tempo fa. Del ricordo mi nutro sperando aggiunga, e vivo creando spazio attorno alla vita. Nell'immagine schiarisce la figura rosea e la larghezza dell'evidenza spunta. L'amore nel piacersi, e viverlo fiorisce, quasi primavera dentro me rassicuro te mia dolce ispirazione.

Impariamo ad amare noi stessi e potremo essere amati

 
 

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