Creato da soleggiataterra il 31/07/2013

soleggiataterra

Dionisio Sparacio -“E questa terra di tante bellezze, una cultura da vivere”

 

 

Ai bordi del mare di Corrado Muti

Post n°65 pubblicato il 16 Aprile 2016 da soleggiataterra
 

 

Indolente la notte

piagata da coraggio in disuso

e discernimenti criminosi

fin dentro l'oscurità latente

che dilania l'anima

dei cercatori di pace.

                 Miracolarsi ogni giorno

                                    lanciandosi in una nuova vita

                            nonostante gli ostacoli

                                        seminati da disillusioni fetenti

                            e aspirazioni squarciate

                      da creatori indecisi.

Essere ermetici non paga

mai si aspira in due

mai se uno spegne l'altro,

poiché vi è più cielo

sotto le ali di un Aquila

che in aliante senz'anima...

Volitiva la notte

      dei cercatori tenaci,

     chiamandosi per eco

                     ci si ritrova sui bordi del mare

                        dove la Luna ancora non si bagna.


 

 
 
 

Ed è subito sera di Salvatore Quasimodo

Post n°64 pubblicato il 04 Marzo 2016 da soleggiataterra
 
Tag: esprime

                     Ognuno sta solo sul cuor della terra

                                                    trafitto da un raggio di sole:

                                                                                          ed è subito sera.

Solo,  Quasimodo sottolinea la condizione di solitudine esistenziale dell’uomo chiuso

in una situazione di tragica incomunicabilità. Ogni uomo (ognuno) non riesce a

comunicare veramente con nessuno e quindi è tragicamente estraneo in questo

mondo di cui stupidamente ritiene di essere il centro (cuor della terra – metafora).

Raggio di sole,  il raggio di sole rappresenta la vita, la speranza e l’illusione di

felicità; illusione dolorosa (trafitto) perché la breve felicità dell’uomo è fulminea,

destinata a scomparire in brevissimo tempo per il succederle immediato della

“sera” (ed è subito sera).

Il poeta allude alla precarietà della vita umana, oscillante tra dolore (implicito nel

termine “trafitto”) e speranza di felicità (implicito nel termine “raggio di sole”).


Sera, con le sue tenebre fa ripiombare l’uomo nell’angoscia e nella morte. La sera

rappresenta quindi la morte che appare fulminea e contrappone il suo buio alla luce

solare della speranza.



 
 
 

A Su Tempus Di Rosina Cossu

Post n°63 pubblicato il 03 Gennaio 2016 da soleggiataterra
 

Tempus prite non ti cheres frimmare?

Mill’e più cosas ti cherzo dimandare.

Nara tempus prite non l’has nadu

chi sa vida m’haias cambiadu.
 

                                                           Este fagher tou sa zente ingannare

                                                  e ti mustras bonu e generosu.

                                                       Pagos l’ischini chi non ses piedosu

                                                             e crene chi pro sempre hat a durare.
 

Como ses creschida cara pizzinna.

Una rosa giughes ancora in manu,

bella est sa cara, su corpu sanu,

ca si paret chi ses de bona linna
 

                                                                       Nada sutta una istella generosa,

                                                                       ancora non mas lassadu signos

                                                                       ma timo ch’isvanessan sos carignos

                                                                       e ida isfozzire cussa rosa.
 

Frimma tempus unu momentu e bia.

Pasa sa cursa de sos affannos.

Sighende ti so da medas annos

Ma oe aisculta sa hoghe mia.
 

                                           Tempus arregiona unpare a mie.

                                              Troppu inzertu est s’andare meu

                                              A bortas mi das penas o recreu,

                                        torrami de nou a cuddas die.

 

                                                                       

So su tempus e non poto frimmare.

Gosa de custa gioventura.

Pro sa eztesa non istes in tristura,

prega deus de bi poter arrivare.



 
 
 

Un Amore Può Cambiare La Vita

Post n°62 pubblicato il 29 Dicembre 2015 da soleggiataterra
 

Nuovo sole

sorgi sul mio orizzonte

ti attendo nel mio cielo

sulla linea che ci divideva

sullo stesso mare che ci allontanava

Diventeremo unica calda luce                               

                       fondendoci all'istante

            completamente

                                                in un velo perfettamente trasparente

                            a fugare residui di nuvole

                              congiungi il tuo cuore al mio

                     la nostra limpida pace

                                          unica sconfitta possibile per il buio

                                 perché imperturbabile amore

                                    tu ora splendi sul mio orizzonte.

 

        Mi innamorai di te poi venne sera

        Il buio ci trovò abbracciati

        Le nostre bocche incollate

        In un interminabile silenzio

        Mi innamorai di te ed era giorno...    

 

 
 
 

Quannu Di Salvatore Equizzi

Post n°61 pubblicato il 23 Novembre 2015 da soleggiataterra
 

             La canuscivi quannu na jurnata

             a lu tilaru arraccamava un ciuri,

             paria 'na rosa ancora abbuttunata

             quann'è ca spanni lu sò primu oduri.

            'Ntamai a vidilla,  e 'ntra na quaranata

             ca mi facia canciari di culuri,

            'ncori sintia dda sugghia ca 'nfucata

             m'arraccamava la parola Amuri.            

                                                         
                                                                     L'ho conosciuta quando un giorno

                                                                     al  telaio ricamava un fiore,

                                                                     sembrava una rosa ancora in  boccio

                                                                     quando espande il suo primo profumo.

                                                              Trasalii a vederla, e fra una vampata di calore

                                                              che mi faceva cambiare colore,

                                                              sentii in cuore quell'ago infuocato

                                                              che  mi ricamava la parola Amore.



 

 
 
 

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SALVATORE EQUIZZI

LITTRA D’EMIGRATU

Muggheri mia, ti scrivu sti du righi dànnuti boni di la mia saluti e speru amuri miu ca la prisenti v’attrovi a tutti filici e cuntenti. Iu grazi a Diu truvavi boni amici ca quasi n’aduramu li pinzera, t’arraccumannu ‘un stari ‘nfirnicia ca già mi sistimavi a la minera. Ma cc’è na cosa dintra lu me pettu ca nun mi duna anticchia d’arrisettu!… Ti viju ancora supra la banchina ca mi saluti cu la mantillina chi m’ammustri li figghi comu pi diri: Quannu si ddaffora ricordatilli ancora! E quannu lu vapuri fu luntanu e la terra spiriu davanti a mia, ristai pi sempri a taliari a Tia ca parevi la Matri Addulurata, una rama stuccata cu li frutti pinnenti chi s’appujava supra di lu nenti. Muggheri mia li primi quattru grana c’acchucchiu cu li stenti e lu suduri, iu sugnu arreri supra lu vapuri e tornu, tornu, tornu ca mi pari c’avissi già mill’anni ca ‘un vi viu. Ora sacciu ca l’oru e li diamanti ca li vinni a circari a la strania, io li lassai nni la terra mia, io li lassavi sutta di ddi trava unni me matri un tempu m’addattava. E tornu, tornu nni la mia Sicilia mi basta na guastedda e nenti cchiù, mi basta sulu l’aria, mi basta quannu tornu di ‘ncampagna sapiri ca m’aspetta la cumpagna, sapiri ca m’aspettanu li figghi, cu li tisori di li sò mminzigghi. Cchiù nun ti dicu nenti, salutami l’amici e li parenti; T’arraccumannu li me picciriddi, dicci ca sta turnannu ddu vapuri, dicci ch’è ghiuntu quasi a menza via. Sira pi sira quannu l’addurmenti, nun ti scurdari sta munzignaria!

 

 

LETTERA D'EMIGRATO

Mia cara moglie ti scrivo queste due righe dandoti buone notizie della mia salute e spero amore mio che la presente vi trovi tutti felici e contenti. Io, grazie a Dio, trovai buoni amici con i quali quasi ci adoriamo i pensieri, ti raccomando non stare in pensiero, chè già mi sistemai alla miniera. Ma c'è una cosa dentro il mio petto che non mi dà un poco di tranquillità!.... Ti vedo ancora sopra la banchina che mi saluti con lo scialle che mi mostri i figli, come se volessi dire: quando sei lontano ricordali sempre! E quando il vapore fu lontano e la terra sparì innanzi a me, rimasi per sempre a guardare Te che sembravi la Madre Addolorata, un ramo spezzato con i frutti pendenti che si appoggiava sopra il nulla. Cara moglie i primi quattro soldi che raccoglierò con gli stenti e il sudore, sarò di nuovo sopra quel vapore e torno, torno, torno che mi paiono passati mille anni che non vi vedo. Ora so che l'oro e i diamanti che venni a cercare in terra straniera, io li lasciai nella terra mia, io li lasciai sotto quelle travi dove mia madre un tempo mi allattava. E torno, torno nella mia Sicilia mi basta una pagnotta e nient'altro, mi basta solo l'aria, mi basta quando torno dalla campagna sapere che mi aspetta la compagna. sapere che mi aspettano i figli con i tesori delle loro effusioni. Non ti dico più niente, salutami gli amici ed i parenti; Ti raccomando i miei bambini, di' loro che sta tornando quel vapore, che è giunto quasi a metà strada. Sera dopo sera, quando li addormenti, non dimenticar questa bugia.

 

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LA CIVATA

La passaredda torna a la nidata purtannu nni lu pizzu la civata: L'ucchiuzzi so su calici d'amuri unni cc'è tuttu lu maternu arduri. Torna la passaredda apprimurata, l'ala cci trema tantu è 'nnamurata! Tuttu lu paraddisu ca la chiama l'havi ammucciatu 'nmenzu di na rama. Arriva, posa, la ramuzza trema, li passareddi sannu lu sistema, allonganu lu coddu, fannu cciu e parinu 'nfudduti pi lu priu

FOCU D'ESTATI

Sutta la vampa di lu suli ardenti cripìa la terra, e tutta la natura cu l'occhi stralunati pi l'arsura pari ca cchiù nun vidi e cchiù min senti. L'aria 'nfucata trimulia, si senti 'nsinu nni l'ossa l'anfa e la calura, sulu quarchi cicala 'un si nni cura e pari ca facissi strudimenti. lu nni stu 'nfernu, vivu senza vita, comu un dannatu tiru cu li denti lu pisanti carrettu di la vita. E 'nmenzu a tantu focu e a tanta luci, moru e arrivisciu tutti li mumenti, comu lu Nazzarenu misu 'ncruci.

LA BEFANA

Dumani è la befana; è la gran festa addisiata di li picciriddi e ogn'unu già smania nni la so testa pi cavadduzzi, strummuli, pupiddi, sciabuli, treni e ci pari mill'anni l'ura ca ponnu fari cosi granni! E li me' figghi, animi nnuccenti, oduri santu di la vita mia, hannu fuddatu dintra di la menti tuttu chiddu ca cc'è nni la putia, e cu pinsera di centu culura cci parinu mill'anni quannu scura. Pirchì sannu, 'nnuccenza di li figghi, sannu chi a menzanotti la befana trasi cu li so centu maravigghi di lu pirtusu di la pirsiana: di ddu pirtusu ca lu nicareddu lu vuleva allargati c'un cuteddu! Quannu è dumani li me' picciriddi mi ristirannu affritti e scunsulati, nni dd'occhi di nnuccenti muti e friddi quantu sònnura d'oru sdirrubati!

 

LA CULLANA

Pi fari o bedda na cullana a tia, digna di tia ca si la me furtuna sfirrai pi 'ncelu, cu la fantasia, e ghivi cchiù luntanu di la luna. Dda fici un nastru cu la ciamma mia, li megghiu stiddi cci 'nfilavi a cruna, ddoppu pigghiai lu suli ca nascia cci l'appinnivi e ti fici patruna.

SPARTENZA

Vola lu trenu, vola e pari a mia c'avissi l'ali e tagghirria li venti, pirchì mi porta luntanu di tia, di la me casa e di li mei parenti. Vola ca vola, ed iu di la finestra viju girari Parvuli luntanu e ciancu ciancu lànnari e ghjnestra 'nfudduti sfilittari manu manu. L'aria nni trema, li vigni, l'olivi si scanzanu pigghiati di spavento!... ... puru li petri sunnu cosi vivi e fuinu cchiù pazzi di lu ventu. L'oceddi nni li campi abbituati a la paci, l'amuri e lu cunzolu, lassanu li so' canti appassiunnti e sbalurduti spincinu lu volu. Quarchi viddanu spersu nni lu chianu chi zappa o arata appassiunatamenti, si jisa e nni saluta cu la manu pi comu siddu fussimu parenti. Lu trenu curri, curri a gran carrera, s'ammucca e sbucca di na gallarla, mentri lu fumu pari la crinera d'un cavaddu ca scappa a la fuddia. E curri, vola! e tutti li rumura ch'iu sentu nni sta cursa dispirata, sunnu un turmentu, sunnu na turtura! E lassu lu me cori strata strata.

TRISTIZZA

Stasira c'è lu celu annuvulatu, pari ca fussi fattu di cartuni; e la luna assimigghia a un lampiuni d'un velu di tristizza cummigghiatu. Acqua nun chiovi eppuru c'è vagnatu, vagnati su li casi e lu straluni, si vidi ca lu celu è siddiatu: comu lu cori miu chianci ammucciuni.

 

 

UN RINGRAZIAMENTO PARTICOLARE VA AI FIGLI EQUIZZI

Salvatore Equizzi nacque a Palermo il 13 agosto 1907 ed ivi morì il 19 dicembre 1964. Nel 1937 circa pubblica un poemetto in dialetto siciliano intitolato " Primavera " (ora introvabile), per il quale riceve elogi dal Sen. Poeta G.A. Cesareo, dal Doti. Vincenzo De Simone, il poeta di Villarosa, nonché dai poeti Rosario Di Vita di New York ed Emilia Ruisi di Palermo e da altri uomini di cultura del tempo. " II popolo di Roma " del 26 ottobre 1937 pubblica un articolo intitolato "Salvatore Equizzi il fioraio poeta "; recensendo il suddetto poemetto, elogia l'autore e si sofferma in qualche verso. Alla sua morte il "Po' t'u cuntu ", foglio quindicinale di poesia dialettale siciliana, diretto dal Poeta Peppino Denaro, esterna il cordoglio della famiglia dei poeti dialettali, pubblicando l'annuncio con il titolo

"L'usignolo palermitano è morto"

 

 

Vieni sempre

Padre David Maria Turoldo

Vieni di notte, ma nel nostro cuore è sempre notte: e dunque vieni sempre, Signore. Vieni in silenzio, noi non sappiamo più cosa dirci: e dunque vieni sempre, Signore. Vieni in solitudine, ma ognuno di noi è sempre più solo: e dunque vieni sempre, Signore. Vieni, figlio della pace, noi ignoriamo cosa sia la pace: e dunque vieni sempre, Signore. Vieni a liberarci, noi siamo sempre più schiavi: e dunque vieni sempre, Signore. Vieni a consolarci, noi siamo sempre più tristi: e dunque vieni sempre, Signore. Vieni a cercarci, noi siamo sempre più perduti: e dunque vieni sempre, Signore.

 

 

 

 

 

Era il Sol meriggio

Era il Sol meriggio alto nel cielo, lungimirante sulle stesse sensazioni sibile, nel vento raccolte in grumi di fumo loro alti, veloci nello sparire quasi quanto tanto tempo fa. Del ricordo mi nutro sperando aggiunga, e vivo creando spazio attorno alla vita. Nell'immagine schiarisce la figura rosea e la larghezza dell'evidenza spunta. L'amore nel piacersi, e viverlo fiorisce, quasi primavera dentro me rassicuro te mia dolce ispirazione.

Impariamo ad amare noi stessi e potremo essere amati

 
 

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