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sempre più perplessa


A ME NAVIGARE IN INTERNET FA MALE FORSE DOVREI SMETTERE:RIPORTO UNA PARTE DI UN POST DEL BLOG DI FULCO PRATESI PRESIDENTE ( ORA ONORARIO DEL WWF)per carità ecologisti del mondo unitevi in questo,io faccio parte della schiera di bigotti benpensanti che trova ignobile tutto ciòLa forma ecologicamente migliore per tornare alla Madre Terra  (quia pulvis est et in pulvis reverteris) sarebbe quella di essere seppelliti, senza l’ingombro e l’ostacolo della cassa da morto, in piena terra, meglio se in un bosco ove gli elementi costituenti del nostro cadavere (ossigeno 66%, carbonio 17%,m idrogeno 10%, azoto 2%, calcio 1%, fosforo 0,9%, cloro 0,14%, fluoro 0,007%, zolfo 0,2%, sodio 0,15%, potassio 0,4%, magnesio 0,05%, ferro 0,04%, iodio e manganese in tracce) possano tornare nel ciclo della natura e fertilizzare la vegetazione soprastante.Ma questo, per numerose inflessibili norme di polizia cimiteriale, è oggi vietato.E allora pensiamo alla bara.Oggi questi estremi contenitori sono dei veri divoratori di risorse. Intanto il materiale: pare che non ci sia un funerale dignitoso che non preveda sarcofagi nei più pregiati legnami, sottratti per la maggior parte alle già troppo saccheggiate foreste tropicali. Legnami, oltretutto, vista la loro destinazione, non più riutilizzabili, come perso per sempre è anche lo zinco dell’interno, un metallo che secondo gli esperti é in via di esaurimento.Date queste premesse, un funerale veramente ecologico richiederebbe casse di truciolato o di legno comune (pioppo, abete o pino), certificato FSC (Forest stewardship Council), le quali  una volta interrate, si decomponessero rapidamente.Chi non voglia finire sottoterra e consideri tristi i loculi e i geometrici “fornetti” con lapidi e foto, può scegliere la cremazione.Oggi che é finalmente consentito di spargere le ceneri dei propri cari (previa autorizzazione) nei luoghi che essi amavano, la cremazione significa risparmio di zinco (non accettato nei forni) e di uso del suolo (in 10 metri quadri possono entrare solo quattro bare ma 200 urne cinerarie).Ma anche un danno ecologico non trascurabile considerando l’uso del gasolio e i fumi che fuoriescono dalla ciminiera del crematorio.In una mia rubrica uscita nel 1986 sulla rivista La Nuova Ecologia descrivevo, per restare in argomento, il rito funebre usato dalla setta dei Parsi, di religione Zoroastriana.Questo culto orientale non tollera che le forze della natura (fuoco, acqua, suolo, aria) siano contaminate dai cadaveri. Così depongono i loro morti in cima a un’alta torre (Torre del Silenzio) e li lasciano agli uccelli rapaci - avvoltoi soprattutto, ma anche nibbi, poiane, corvi, addirittura storni - che in poche ore li distruggono completamente. La recente grave morìa di avvoltoi in India ha costretto addirittura la setta a investire 200.000 euro l’anno per l’acquisto di esemplari da addestrare all’ecologica pietosa opera. In quell’articolo suggerii, paradossalmente, di organizzare un simile trattamento in una zona della Sardegna ove vivevano (e vivono ancora) diversi avvoltoi grifoni. La proposta sollevò feroci critiche e le reprimende dei benpensanti. Ma ci fu qualcuno che mi chiese timidamente se l’ipotesi potesse essere concretizzata e se fosse possibile contribuire. Anche perché - mi diceva - meglio essere mangiati dagli uccelli che dai vermiUn’idea che può trovare, incredibilmente, dei seguaci.Ad esempio, nel gennaio 1988, l’ornitologo inglese Micky Lindbergh, vissuto in Sudafrica, si suicidò dichiarando di voler offrire il suo corpo a una locale colonia di avvoltoi che aveva da anni adottato. Per non parlare del caso (riportato dal Corriere della Sera del 23 gennaio 1987) di Lord Avebury, noto politico liberaldemocratico, il quale aveva stabilito che, una volta morto, i suoi resti fossero distribuiti tra gli ospiti del canile municipale di Battersea. “Credo che ogni cosa biodegradabile debba essere riciclata – ha spiegato il Pari d’Inghilterra – la normale sepoltura o la cremazione sono un terribile spreco