Solo Nel Cielo

Osceno


DAL WEB:Codice Penale/Libro II/Titolo IXTitolo IX: DEI DELITTI CONTRO LA MORALITA' PUBBLICA E IL BUON COSTUMECapo II: DELLE OFFESE AL PUDORE E ALL'ONORE SESSUALEArt. 529 Atti e oggetti osceni: nozioneAgli effetti della legge penale, si considerano "osceni" gli atti e gli oggetti, che, secondo il comune sentimento, offendono il pudore. Non si considera oscena l'opera d'arte o l'opera di scienza, salvo, che, per motivo diverso da quello di studio, sia offerta in vendita, venduta o comunque procurata a persona minore degli anni diciotto.MIE CONSIDERAZIONIL'osceno non è definibile in assoluto. Il codice penale lo definisce come ciò che secondo il sentimento offende il pudore.Sul pudore nel web non ho trovato nulla di definito in modo certo, quando abbinato alla sfera sessuale. Ho invece trovato sul dizionario etimologico online questa definizione, che anche se più generica, mi sembra definita:pudore: sentimento di vergogna che induce avversione alle cose disoneste.Può sembrare semplice ora. In realtà questa definizione del pudore rimanda il problema alla definizione alla parola "disonestà", sulla quale a sua volta non ho trovato nulla di definito in modo certo. Ho trovato invece due definizioni di "onesto", supponendo di negare la sua definizione:1. onesto: che evita di compiere azioni illegali;2. onesto: conforme a principi morali e al decoroNella prima definizione ci si rende subito conto che si ha un riferimento circolare, visto che siamo partiti da una legge. La legge richiama a definizioni successive che alla fine richiamano la legge stessa. Nella seconda definizione si rimanda alla definizione dei principi morali e del decoro.Sui principi morali unica definizione degna di tale nome, ma "leggermente" articolata, l'ho trovata, sempre nel web, nel Dizionario di etica dell'attività scientifica, di Gualberto Gismondi:... il principio morale fondamentale è dato dall’attività morale del soggetto, come libera attività della volontà, e dalla costituzione del soggetto morale. Il termine principio morale qui specifica tre significati: principio sistematico, che unifica e sintetizza la totalità dell’etica; principio entitativo e conoscitivo, che costituisce la realtà etica nella sua totalità e la rende eticamente intelligibile; principio dell’unità e delle differenze della realtà etica. In questo modo, il principio morale è il soggetto morale. La ricerca sulla costituzione del principio morale è la ricerca sulla costituzione del soggetto morale. Tale ricerca è l’etica, come eticità o moralità. Tale identificazione fra soggetto morale e principio morale conferisce all’etica la sua struttura di sapere pratico normativo. Il soggetto è soggetto morale in quanto soggetto pratico ed è soggetto pratico in quanto è normativo. Ciò spiega perché, esponendo la costituzione del soggetto morale, se ne enuncia la normatività. La costituzione del soggetto morale costituisce la sua imperatività. L’unità di questa costituzione è il principio morale o della moralità. Il soggetto pratico, l’uomo come soggetto morale, è costituito dalla coscienza, nella quale e con la quale egli avverte la presenza, che costituisce e caratterizza la sua struttura e che lo qualifica nella sua umanità. Tale struttura è quella di un’esigenza nella quale si esprime la sua dimensione morale. In quanto esigenza che si esprime, essa è propriamente: coscienza, ossia avvertenza, consapevolezza, conoscenza. In quanto esigenza che si esprime essa è propriamente anche: legge, dovere, imperativo, valore. L’esigenza come legge è la stessa realtà dell’uomo, la sua essenza esistente. Nel fatto dell’esigenza emergono i due aspetti correlativi e inseparabili della dimensione morale: la coscienza e la legge. Nella sua costituzione morale, l’uomo è coscienza che è legge e legge che è coscienza. La coscienza è la voce, il comando della legge. La legge è la realtà, il contenuto della coscienza. Questa unità di coscienza e legge costituisce la soggettività morale o pratica. La coscienza è la promulgazione dell’uomo a se stesso come compito che è lui stesso, e come compito al quale è impegnato. L’uomo sa di dover vivere da uomo e questa conoscenza è il suo imperativo primordiale, la sua obbedienza originaria. La fedeltà nativa alla coscienza che gli rivela il suo dovere di vivere, è l’uomo stesso, in quanto imperativo e dovere. Questa particolarità della condizione umana si può esprimere anche nei seguenti termini: l’esigenza è posta all’uomo che se la trova in sé come dato del suo esistere. Essa è la sua stessa realtà, che egli non produce, ma che trova nella sua interiorità, come elemento proprio e originario. Essa è posta dall’uomo, ossia si pone col porsi stesso dell’uomo. I termini “porsi” e “posta da” indicano e definiscono la coscienza che, quindi, è il porsi della legge dell’uomo da parte dell’uomo. Lo stesso è della libertà, che non è l’uomo a darsi, ma che l’uomo trova in sé e che anch’essa è la sua legge. L’esigenza che caratterizza l’uomo come soggetto morale, quindi, è l’uomo stesso nella sua coscienza, nella sua legge e nella sua libertà, considerate nella loro unità inscindibile. Tale unità forma la dimensione pratica del soggetto morale e lo stabilisce come principio morale fondamentale, del quale l’etica è lo svolgimento (Molinaro, 1990, 358-361). La struttura etica dell’etica filosofica e dell’etica teologica è dunque comune. Entrambe sono scienze normative pratiche. Per entrambe il principio morale fondamentale è il soggetto pratico o agente. Entrambe si costituiscono come svolgimento teorico di questo principio. Per questo si concentrano sulla coscienza, vista come luogo integrale del mondo etico.Semplificando, ipotizzando che l'etica umana, la coscienza, l'interiorità dell'uomo sia soggettiva, in quanto altrimenti si stabilirebbe che etica, coscienza, e interiorità siano le stesse per tutti, ma anche se è un mio fondamento non mi permetto di obbligarlo agli altri, ne trarrei queta definizione:principio morale: libera attività della volontàManca il decoro. Ho trovato:decoro: dignità nellaspettoChe rimanda però alla definizione:dignità: importanza che viene data a una cosa (in questo caso l'uomo stesso) dal significato spirituale, culturale, sociale che l'uomo le annette, e che la rende degna di rispettoA questo punto, stufo, mi sono rifiutato di andare a cercare il significato di rispetto, e mi sono accontentato della prima parte, tanto ho capito che anche là sarei finito a qualcosa che richiama la volontà dell'uomo, e ho riassunto la precedente definizione così:dignità: importanza che viene data all'uomo dal significato che l'uomo le annette == importanza che viene data all'uomo dall'uomo stessoRiassumendo:pudore: sentimento di vergogna che induce avversione alle cose disoneste. == sentimento di vergogna che induce avversione alle cose non conformi a principi morali e al decoro == sentimento di vergogna che induce avversione alle cose non conformi alla libera attività della volontà e alla dignità nell'aspetto == sentimento di vergogna che induce avversione alle cose non conformi alla libera attività della volontà e alla importanza che viene data all'uomo dall'uomo stesso nell'aspettoDato che la libera attività della volontà è individuale, e l'importanza che viene data all'uomo dall'uomo stesso pure, in quanto ognuno ha una sua propria volontà ed ognuno dà all'uomo l'importanza che decide di dare, ne deduco che:pudore:  sentimento di vergogna che induce avversione alle cose non conformi alla libera attività della volontà di ogni singolo uomo e alla importanza che viene data all'uomo, nell'aspetto, da ogni singolo uomo Rivediamo ora la legge:Agli effetti della legge penale, si considerano "osceni" gli atti e gli oggetti, che, secondo il comune sentimento, offendono il pudore. == Agli effetti della legge penale, si considerano "osceni" gli atti e gli oggetti, che, secondo il comune sentimento, offendono il sentimento di vergogna che induce avversione alle cose non conformi alla libera attività della volontà di ogni singolo uomo e alla importanza che viene data all'uomo, nell'aspetto, da ogni singolo uomo . Ovvero, la legge stabilisce che è osceno ciò che, secondo il comune sentimento, ogni singolo individuo considera come osceno.Ne consegue che la legge non solo delega la definizione dell'osceno alla comunità nel momento storico in cui viene richiesta la definizione di osceno, ma addirittura lascia che ogni singolo individuo possa definire cosa per lui sia osceno o no.Ne deduco che, data la moltitudine delle entità presenti nella realtà, nonchè di esseri umani, ognuno attribuente un suo grado di oscenità o meno ad ogni entità reale, per definire di ogni entità se è "comunemente" oscena, deve essere interrogato ogni singolo individuo. Ove anche un solo individuo non rilevi oscenità, quella singola entità votata non è da ritenersi "comunemente" oscena.In caso di produzioni da parte dell'uomo stesso, ipotizzando che almeno colui che ha prodotto una determinata entità non la consideri oscena, potrei allora dedurre che:nessuna entità prodotta dall'essere umano è da considerarsi oscena.Riguardo invece a tutto ciò che non è prodotto dall'essere umano,  quindi "naturale", non vedo cosa ci possa essere di osceno, per cui concludo affermando che: NULLA E' OSCENOMi si potrebbe obiettare che per "comune", si intende almeno la maggioranza degli esseri umani, e allora potrei affermare che:E' OSCENO CIO' CHE E' RITENUTO OSCENO DALLA MAGGIORANZA DEGLI ESSERI UMANIQuesto però richiede che per ogni entità da definire oscena o meno, ci debba essere una votazione nella quale la maggior parte degli esseri umani della comunità voti quella entità come oscena. Beninteso, non la maggior parte dei votanti, ma degli esseri umani. Altrimenti, se si vuole che sia sufficiente la maggior parte dei votanti, si deve garantire che tutti gli esseri umani componenti della comunità siano invitati alla votazione. In caso contrario il risultato della votazione lederebbe i diritti di parte dei componenti della comunità che non hanno votato.CHE NE PENSATE VOI CHE AVETE AVUTO IL CORAGGIO DI LEGGERE FINO A QUA'?