Mutatis mutandis

"L'azzurro"


Del sempiterno azzurro la serena ironiaPerseguita, indolente e bella come i fiori,Il poeta impotente di genio e di folliaAttraverso un deserto sterile di Dolori.Fuggendo, gli occhi chiusi, io lo sento che scrutaIntensamente, come un rimorso atterrante,L'anima vuota. Dove fuggire? E quale cupaNotte gettare a brani sul suo spregio straziante?Nebbie, salite! Ceneri e monotoni veliVersate, ad annegare questi autunni fangosi,Lunghi cenci di bruma per i lividi cieliEd alzate soffitti immensi e silenziosi!E tu, esci dai morti stagni letei e portaCon te la verde melma e i pallidi canneti,Caro Tedio, per chiudere con una mano accortaI grandi buchi azzurri degli uccelli crudeli.Ed ancora! Che senza sosta i tristi caminiFumino, e di caligine una prigione erranteEstingua nell'orrore dei suoi neri confiniIl sole ormai morente giallastro all'orizzonte!– Il cielo è morto. – A te, materia, accorro! DammiL'oblio dell'Ideale crudele e del Peccato:Questo martire viene a divider lo strameDove il gregge degli uomini felice è coricato.Io voglio, poiché infine il mio cervello, vuotoCome il vaso d'unguento gettato lungo un muro,Più non sa agghindare il pensiero stentato,Lugubre sbadigliare verso un trapasso oscuro...Invano! Ecco trionfa l'Azzurro nella gloriaDelle campane. Anima, ecco, voce diventaPer più farci paura con malvagia vittoria,Ed esce azzurro angelus dal metallo vivente!Si espande tra la nebbia, antico ed attraversaLa tua agonia nativa, come un gladio sicuro:Dove andare, in rivolta inutile e perversa?Mia ossessione. Azzurro! Azzurro! Azzurro! Azzurro!Stéphane Mallarmé –