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UN UOMO SANO DI MENTE NON PUO' CREDERE NEI MIRACOLI


di PIERGIORGIO ODIFREDDI
CHE cosa pensasse Darwin delle scimmie è noto, ma lo è meno che cosa pensasse di Dio, benché per saperlo basti leggere il capitolo "Opinioni religiose" della sua Autobiografia, nel quale egli descrive l'evoluzione del suo pensiero al riguardo. Sui suoi anni giovanili egli commenta che, "pensando ai violenti attacchi che mi hanno rivolto gli ortodossi, sembra ridicolo che un tempo abbia voluto fare il pastore protestante": un'idea che gli era stata suggerita dal padre, dopo il suo rifiuto di diventare medico, ma che "morí di morte naturale" quand'egli si imbarcò sul Beagle alla fine del 1831. A quel tempo, comunque, Darwin era di "un'ortodossia perfetta", tanto che persino gli ufficiali credenti lo prendevano in giro per le sue continue citazioni bibliche. Ma appena cominciò a pensare all'evoluzione, tra la fine del 1836 e l'inizio del 1838, egli si rese gradualmente conto che la Bibbia "non meritava più fede dei libri sacri degli indù o della credenza di qualsiasi barbaro", e che era impossibile per "un uomo sano di mente credere nei miracoli". Il risultato fu una graduale perdita di fede nella religione cristiana in quanto verità rivelata: "L'incredulità si insinuò nel mio spirito, e finì per diventare totale. Il suo sviluppo fu tanto lento che non ne soffersi, e da allora non ho mai più avuto alcun dubbio sull'esattezza della mia conclusione. In realtà non posso capire perché ci dovremmo augurare che le promesse del cristianesimo si avverino: perché in tal caso, secondo le parole del Vangelo, gli uomini senza fede come mio padre, mio fratello e quasi tutti i miei amici più cari, sarebbero puniti per l'eternità. E questa è un'odiosa dottrina".