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BY TRAVAGLIO


Copasilvio È raro trovare tante scemenze come quelle contenute nella relazione del Copasir sul «caso Genchi». Si confondono i tabulati (numero chiamante e chiamato, orari e luoghi della chiamata) con le intercettazioni (contenuto della telefonata). Si insiste sulla baggianata dell’«archivio», mentre si tratta dei tabulati di un’indagine in pieno corso detenuti da Genchi per elaborarli su ordine di un pm. Si seguita a scambiare i tabulati acquisiti in «Why Not» (752) con i «tracciati» (decine di migliaia di chiamate in entrata e uscita, spesso fatte dagli stessi utenti). Si mena scandalo per tracciati e tabulati di «persone non indagate», quando anche un bambino sa che i non indagati possono essere pure intercettati, e comunque il tabulato di un indagato contiene i suoi contatti con una miriade di utenti sconosciuti se non per il numero di telefono. Si insiste con la fesseria del segreto di Stato, come se questo potesse coprire numeri di telefono. E come se il problema non fossero i rapporti fra servitori dello Stato e noti faccendieri. Si chiede di affidare le consulenze «alle forze di polizia» e non a Genchi (che è un vicequestore di polizia), come se ogni giorno le procure non le affidassero a centinaia di privati (docenti universitari, medici legali, periti balistici). E non si spiega perché il metodo Genchi va benissimo quando porta all’ergastolo assassini e stragisti, ma non quando si occupa di colletti bianchi. Insomma, si scrivono le stesse corbellerie che si dicevano prima delle audizioni. Resta da capire se dietro ci sia ignoranza o malafede. E che cosa sia peggio.