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« Antonio Trua, medaglia d...ELENCO DEI MILITARI NATI... »

Antonio Trua - Documenti

Post n°3 pubblicato il 04 Novembre 2013 da SusettaMT

 

MOTIVAZIONE DELLA MEDAGLIA D’ORO AL VALOR MILITARE CONCESSA AL CAPITANO REGGIMENTO ARTIGLIERIA DA CAMPAGNA ANTONIO TRUA

 

Durante una viva azione, essendo state interrotte le comunicazioni telefoniche tra osservatorio e batteria, sprezzante del pericolo, abbandonò l’osservatorio e, completamente allo scoperto, corse ai pezzi e li puntò ad uno ad uno su di una minacciosa batteria avversaria che aveva iniziato tiri d’infilata contro le nostre fanterie e la ridusse in breve al silenzio.

Colpito in pieno da un proiettile nemico, lasciò gloriosamente la vita sul campo.

Poggio Curegno, 12 giugno 1916

 

 

 

COMUNE DI SORIANO NEL CIMINO

CONSIGLIO COMUNALE – ADUNANZA DEL 4 LUGLIO 1916

L’anno Millenovecentosedici addì quattro di luglio nella Casa Comunale di Soriano nel Cimino, alle ore 10, si è adunato il Consiglio Comunale, previa convocazione deliberata dalla Giunta Municipale e notificata a mezzo del Messo Comunale; presenti i Signori:

Catalani Egisto, Calucci Carlo, Ranucci Felice, Pennazzi Catalani Cosma, Clarioni Francesco, Pampana Giuseppe, Troili cav. Giuseppe, Ciucciarelli Giuseppe, Neri Antonio, Berti Raimondo, Ferri Bernardino, Catalani Domenico.

Assenti: cav. ing. Antonio Trua, rag. Gioacchino Ferruzzi (trovasi sotto le armi), Pietro Gregori, Alvise Franchi (chiamati alle armi), Paolo Corsi, Luigi Fanti, Angelo Pennazzi, Luigi Febbi (malato).

Legale il numero degli adunati per validamente deliberare in prima convocazione, il sig. Catalani Egisto assume la Presidenza e dichiara aperta l’adunanza.

In mancanza di osservazioni il Presidente dichiara approvato il verbale della scorsa seduta.

Il Presidente compie il doloroso ufficio di partecipare la morte eroica del Sindaco del Comune, cav. Ing. Antonio Trua Capitano di Artiglieria, avvenuta al fronte il giorno 12 giugno 1916, in circostanze tali da rendere orgogliosi di lui, i suoi concittadini.

Dà la parola al cav. Pennazzi Catalani il quale pronuncia il seguente discorso:

Qui veggion l’alte creature l’orma

Dell’eterno Valore, il quale è fine

Al quale è fatta la toccata norma” (Dante).

 

Nato l’8 dicembre 1880 all’ombra di questo Cimino che diffonde un’onda così larga di poesia civile, era Egli piuttosto breve della persona, ampio ebbe il petto e quadrate le spalle, indice di forte e salde fibre; moto agile e vivace di tutte le membra; occhio penetrante e un tal quale scherzevole riso nelle labbra che dinotava prontezza nel risolvere e chiarezza nel giudicare, che metteva sull’avviso chiunque con lui si facesse a conversare; di fatto arguto e stringente era il suo ragionamento e la sua argomentazione filava dritta e tagliente come una spada, come la matematica alla quale egli improntava, può ben dirsi, ogni sua azione.

Per queste sue doti spiccatissime fu dal corpo elettorale il 28 giugno 1914 nominato Consigliere e d’un tratto, il 16 luglio successivo Sindaco, in un momento nel quale era mestiere avere a tal posto uno speciale valore a condurre a termine opere incominciate, a disbrigare avviluppate questioni, la cui soluzione fosse accetta dalla cittadinanza, appunto perché questa soluzione presentata da persona severa ed integra, da un genio comprensivo e indipendente. Ed invero appuntava gli occhi su di Lui la cittadinanza, ed Egli era impegnato alla grave opera quando

 

Minaccioso l’Arcangel di guerra

Già passeggia per l’Itala Terra

Lo precede la bellica tromba

Che dal sonno l’Italia destò;

E l’Italia che all’ire s’è desta

Mise grido di rauca tempesta,

Le tre punte del delta far eco

Per le valli o nell’eco ruggì

Latrò Scilla dal concavo speco!

 

O meravigliose Alpi, elevate al Cielo, cime ineguali che Dio destinava a nostro confine, a sostegno e baluardo del nostro diritto! O ansia incessante di tutto un popolo, cassare per sempre il cuneo che lasciava lassù l’Austria infida, la continua minaccia, la pistola alla nostra testa!

Dallo Stelvio al Brennero, al Quarnero! La nostra cresciuta ricchezza, la nostra elevata cultura, il nostro sano organismo ci rendeva degni di dare la mano ai Fratelli oppressi dallo straniero, di uscire all’aperto dei compromessi, delle viete alleanze, di sottrarci all’assorbimento minaccioso di ogni Impero, di propagare per opera nostra la nostra Civiltà e di cercare come Faust alla luce del Sole la vita. E Italia, Italia risuonavano per le convalli i pioppi dell’Adige suonante … Italia! Si ripercuoteva sull’Adriatico e anche al di là. E a quel fatidico grido reagimmo sul vasto orizzonte nostro e ci parve più ampia l’immensurabile volta del nostro purissimo Cielo!

E guerra fu invocata sull’erta del Campidoglio, guerra sugli scogli di Quarto, auspicio di sicura vittoria! Si formarono i battaglioni a serrare i minacciati confini … e la nostra prima gioventù fiera e balda partì … E partirono i giovani Sorianesi e partì il nostro giovane Sindaco … Partirono certo colla visione del nostro Cimino dalle balze dirupate che respingono la folgore e la procella, dei grandi alberi che sfidano il cielo, delle braccia robuste della nostra flora intrecciantesi l’un l’altra a formare l’arcana continuità della selva, l’arcano circolo di natura, l’arcana eternità! E si gettarono per ogni dove nella mischia coll'entusiasmo e colla fede degli eroi …

E già morte li falciava sull'Altipiano del Carso, già il S. Michele è rosso del nostro Sangue, già sono inghiottiti dalle fauci delle Dolomiti … E il dramma non termina. Una linea debole sulla fronte si manifesta: si sa che gli Austriaci irrompono con fuoco micidiale delle numerose e grosse artiglierie, delle loro mitraglie sull'Altipiano di Asiago e che hanno violato ai Sette Comuni il sacro suolo della Patria. Un fremito corre di città in città come scintilla: il momento è solenne e tragico! Una sola speranza: l'esercito! … E là sui campi di Asiago è il nostro Sindaco, il capitano Antonio Trua, gloriosa sintesi nostra, nel glorioso e terribile momento, che si offriva a tutti i colpi, grande quanto la grandezza della morte che era pronto a ricevere. Individuata la sua batteria, morti parecchi dei suoi soldati, Egli, le fiamme agli occhi, la schiuma alle labbra, l'uniforme sbottonata, gridava tra un pugno d'uomini più provati. Non vi è più dunque nulla da fare per me? Io vorrei che tutte queste granate entrassero nel mio petto! Fu l'insulto alla folgore. Il momento raggiunse la grandezza di Eschilo. Lo spirito dei grandi giorni entrò in lui. Un effluvio dell'uragano divino investì l'uomo. E puntava da se stesso il cannone, e ne aggiustò il tiro … Un rombo tuonò, sull'istante il terreno tremò … Una nuvola di fumo coprì la batteria; quando la nuvola si dileguò, … il capitano non era più! Fu appunto lo schianto di un petto. Infranto giaceva sopra il suo pezzo!

 

Parea che a danza e non a morte andasse

Ciascun di loro o a splendido convito!

 

Egregi Colleghi, per così grande virtù, riconosciuta dagli stessi nostri nemici, il voto della civiltà sarà pago! Ma civiltà latina sottratta fatalmente all'assorbimento tedesco, formerà l'influsso e la spinta alla ascesa del nuovo assetto sociale! I mari dove si forma e si livella fatalmente la ricchezza del mondo saranno liberi al rapido movimento del nostro naviglio. L'Italia avrà i confini divinati dall'Alighieri e su tutta la cerchia delle Alpi, bagnate dal nostro sangue, sventolerà il Tricolore nazionale. Torneranno alle lettere le native bellezze delle purissime e classiche immagini, tornerà alle arti la venustà della voluta del purissimo acanto, alla musica la dolcezza della divina nostra melodia, e religione stessa spogliata di ogni barbarico concordato, sarà impeto d'amore verso Dio, proprio del genio della razza.

Il diritto che ebbe in Roma sede così illustre, darà salvezza alla compagine avvenire: l'Italia, sede invitta di sapienza, sarà maestra insuperata a tutte le genti!

 

Gloria pertanto e onore a quanti soffrirono e morirono pel santo ideale, a quanti soffrono e muoiono; poiché senza effusione di sangue non si fa redenzione di popoli e Dio su questo crogiolo, su questo duro crivello, conduce i popoli alla giusta vittoria, innova il secolo nella pienezza dell'etate.

Vide il nostro Cimino accorrere, soffrire e morire la sua Gente nelle guerre del nazionale riscatto; vede ora più superbo accorrere i suoi giovani figli a soffrire e morire per un più vasto ideale, per la nuova grandezza d'Italia! Bella è la morte dell'Eroe sul campo di battaglia al momento della Vittoria e bello è il suo trionfo, quando le spoglie sono condotte da scalpitanti destrieri dalle unghie di fuoco alla città che gli dette i natali!

 

Giace Antonio Trua fin dal 12 giugno nel Campo Santo di Piovena, coperto di brevi zolle, giacciono i nostri qua e là lunghesso il fronte; pochi fiori sono sulle loro fosse, sparsi dalla pietà dei camerati, poche lacrime!

 

Quando torneranno le opere della pace, in una sera, mentre spunta la luna all'orizzonte e il cielo è coperto di stelle, giungeranno a noi le ceneri dei nostri Eroi; noi ci faremo a riceverle con quella compostezza, con quella serenità, con quella fortezza, senza lacrime come i Romani accolsero a Brindisi le ceneri di Germanico appunto in una sera tempestata di stelle. Nox erat sideribus illustris! E queste ossa saranno composte a piè del nostro Colle, e avranno più fiori, più amore, saranno maggiormente conosciute e indicate dalle madri, dai fratelli, dalle sorelle, dai congiunti, dagli amici. Il loro spirito aleggerà tra quello dei nostri massimi cittadini che ugualmente servirono il Paese nelle opere della guerra e nelle egregie opere della pace … Che è fierezza del Cimino, della nostra Soriano, servire con immutata fedeltà e in guerra e in pace la Patria.

 

Al termine del discorso il Consiglio intero è vivamente commosso.

Il Segretario dà lettura della partecipazione di morte pervenuta dal 34° Reggimento Artiglieria, e delle condoglianze inviate al Comune dal Sindaco di Viterbo, dall'esattore Comunale Gino Cartoni, dalla Società Anonima delle Ferrovie Roma Nord, dal Sotto Prefetto di Viterbo, dal Prefetto di Roma, dal Deputato Onorevole Canevari, dal Consigliere Provinciale professor Rempicci, dai Sindaci di Bassano in Teverina e di Vallerano.

 

Il Presidente comunica che gli Assessori Fanti e Corsi e il cons. Pennazzi Angelo, impediti ad intervenire per precedenti impegni, si associano alla deliberazione del Consiglio.

Propone di inviare le condoglianze alla famiglia Trua, di stampare il discorso Pennazzi Catalani e di far celebrare nel trigesimo della morte un solenne funerale in suffragio del compianto Sindaco e di tutti gli altri Sorianesi morti in guerra.

Il cons. Neri propone di ricordare intanto nella Sala Comunale il Sindaco Trua, con riserva di provvedere degnamente e per lui e per gli altri morti al termine della guerra.

Le proposte del Presidente e del cons. Neri sono approvate all'unanimità.

Dopo di ciò viene tolta l'adunanza.

Letto ed approvato dal Consiglio in seduta del 14 agosto 1916

 
 
 
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