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MONUMENTO AI CADUTI NELLA GRANDE GUERRA: UNA MICROSTORIA DEGLI ANNI VENTI - Parte introduttiva

Post n°20 pubblicato il 07 Marzo 2014 da SusettaMT

MONUMENTO AI CADUTI NELLA GRANDE GUERRA: UNA MICROSTORIA DEGLI ANNI VENTI

SORIANO NEL CIMINO, 2014

 

di Maria Assunta Massini Tarsetti

 

(per problemi di spazio virtuale, la presente ricerca è stata suddivisa in 14 post. Mi scuso per il disagio nella lettura)

26

 

INTRODUZIONE

 

Quando, durante la primavera del 2013, mi capitò di passare nei pressi del Monumento ai Caduti e di vedere gli splendidi risultati ottenuti con il sapiente restauro e la totale ripulitura dell'opera, a suo tempo eretta in memoria dei concittadini periti durante il primo conflitto mondiale, fui colta da un attimo di smarrimento e perfino da commozione.

Sentii l'esigenza di fermarmi ad osservare con attenzione quel piccolo complesso monumentale che da oltre ottanta anni era entrato a far parte dell'urbanistica di Soriano, qualificando anche idealmente una zona allora in espansione.

Provai gratitudine verso l'Amministrazione comunale che quei lavori aveva voluti e finanziati (come poi mi è stato confermato dallo stesso sindaco Fabio Menicacci).

Mentre osservavo i singoli particolari riportati alla luce, mi parve di udire la voce di quella splendida persona che fu la mia insegnante elementare, la maestra Teresa Giannotti, che ogni anno, in occasione del 4 novembre, portava l'intera classe a visitare il monumento, descrivendolo nelle sue caratteristiche artistiche, ma ancor più comunicando a noi bambini valori ed ideali che sono ancora oggi, spogliati dalla retorica del momento, parte delle nostre esistenze.

Durante quello stesso pomeriggio, mentre frugavo nel mio studio alla ricerca di alcune vecchie foto di famiglia, mi capitò fra le mani una busta piuttosto voluminosa che recava questa scritta “Monumento ai Caduti”. La aprii e vi trovai copie di una serie di documenti che avevo scovato alcuni anni prima presso l'archivio comunale, mentre ero intenta in un'altra ricerca e che, essendo particolarmente interessanti, avevo fatto fotocopiare.

Le sensazioni provate la mattina alla vista del monumento e il casuale ritrovamento pomeridiano mi fecero prendere la decisione di approfondire l'argomento.

Il lavoro (niente altro che una piccola ricerca limitata nello spazio e nel tempo) è un ringraziamento (l'unico del quale sia capace) a tutti coloro grazie ai quali il monumento vide la luce e a chi ha voluto e realizzato il lavoro di restauro e ripulitura.

Nei mesi successivi completai la ricerca in archivio e, nel periodo autunnale, mi dedicai al paziente lavoro di trascrizione e assemblaggio dei documenti, nonché al loro studio.

Ora mi accingo a compiere l'ultimo atto: l'esposizione dei fatti.

Alla fine del primo conflitto mondiale, Soriano era un paese di circa 7000 abitanti (dati censimento della popolazione 1921). Non diversamente da altri centri limitrofi e no, l'economia cittadina, basata sull'agricoltura, attraversava un periodo di profonda crisi. Anche la situazione economico-finanziaria del Comune era difficilissima.

Negli anni immediatamente successivi, le criticità aumentarono, sia nel settore privato che in quello pubblico. Valga, tra tanti esempi che si potrebbero fare, l'appalto del nuovo edificio scolastico, deliberato nel maggio 1919 alla Federazione Laziale delle Cooperative, poi sospeso nel febbraio del 1921 per mancanza di fondi. Solo dopo alcuni anni, anche grazie ad appositi mutui, i lavori ripresero e l'edificio fu inaugurato il 28 ottobre 1930.

La situazione politica locale risentì degli sconvolgimenti che man mano si andavano intensificando a livello nazionale: tensioni tra ex interventisti ed ex neutralisti, scontri tra rappresentanti delle forze politiche popolari e conservatrici, ecc.

Per quanto riguarda il Comune di Soriano, alla amministrazione commissariale, durata 4 anni, seguirono le elezioni dell'ottobre 1920, che videro la vittoria dei socialisti. L'operaio David Potenza divenne sindaco.

Ma, il 10 febbraio 1922 il Prefetto, d'autorità, sciolse il Consiglio e nominò Commissario prefettizio l'avv. Fabio Valente. Furono mesi veramente complessi e difficili.

Se a livello nazionale si assisteva alla scalata del regime fascista, anche a Soriano le elezioni del 17 dicembre 1922 produssero una svolta politica verso destra. Il 10 gennaio 1923 si insediò il nuovo Consiglio comunale guidato dal sindaco Domenico Mancini.

I nomi di David Potenza, Fabio Valente e Domenico Mancini ricorreranno spesso nei documenti relativi alla realizzazione del monumento, sia in quanto membri di diritto del Comitato, sia in quanto referenti delle scelte operate dall'Amministrazione comunale.

Nonostante questa situazione politico-economica critica, turbolenta ed incerta, gran parte dei cittadini, duramente provati dal conflitto, sia negli affetti che nella pratica quotidiana, ambivano dedicare ai caduti qualcosa di tangibile che rimanesse nel tempo: di erigere un ricordo il quale sarà pure grande ammonimento a tutti a bene ed utilmente oprare pel nostro paese onde il sacrificio di tante vite non sia stato vano e gli spiriti dei caduti possano essere paghi. (1) Così si legge in un volantino firmato dal colonnello Girolamo Casanova e diffuso poco dopo la fine della guerra.

Perché in tutta Italia (e non solo, ma la nostra nazione ha un primato assoluto in questo senso) si assiste alla proliferazione in ogni città, paese e persino contado di monumenti ai caduti nella prima guerra mondiale? Quali le motivazioni?

Premesso che questo conflitto fu, nella storia dell'umanità, la prima guerra di massa e di logoramento (non è un caso che fu denominata “Grande Guerra”) e che fu un vero trauma collettivo, si assistette, al termine delle ostilità, ad una specie di processo di glorificazione, di democratizzazione del valore delle vittime, che poi si trasformò nella creazione del mito dell'esperienza della guerra: superare la paura della morte nella consapevolezza di rendere un servizio alla nazione, accentuando i concetti di eroismo e di gloria. Il tutto con la benedizione divina.

Per sintetizzare, in termini moderni, il tentativo di superamento del trauma provocato dall'impressionante dato di 9 milioni di morti ed altrettanti feriti ed invalidi (dato mondiale) si tentarono forme di elaborazione collettiva del lutto. La proliferazione di monumenti ai caduti (quella che fu definita criticamente “monumentomania”) può essere inquadrata proprio nell'ottica dell'elaborazione del lutto. La stessa utilizzazione del termine “caduti” a fronte del più preciso termine di “morti” è sintomatica.

Queste considerazioni, valide almeno nella prima fase (1920-1923), trovano meno riscontro nel periodo successivo (1924-1928), quando predominò la tendenza alla glorificazione del coraggio del milite e si affermò una simbologia che rievocava forme classiche ed antiche. Il regime fascista, ormai definitivamente affermatosi, tese ad appropriarsi idealmente dell'iconografia, della sua rappresentatività e a fare propri i messaggi politici sottintesi di tipo nazionalista e patriottico.

Soltanto nel 1928 il governo, attraverso una circolare inviata alle amministrazioni locali, tentò di arginare il fenomeno, consigliando di impiegare i fondi per opere di utilità pubblica.

 
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