SORSI DI LUCE

Racconto: il mondo così com'è (Voltaire) - 3a parte


 Babuc rabbrividì per la follia di questi uomini che facevano professione di saggezza, per gl’intrighi di coloro che aveva rinunziato al mondo, per l’ambizione e la cupidigia orgogliosa di coloro che insegnavano l’umiltà e il disinteresse; concluse che Ituriel aveva buone ragioni di distruggere tutta quella genia.Ritiratosi in casa, mandò a prendere libri nuovi, per mitigare la sua pena e invitò a pranzo alcuni letterati per ricrearsi. Ne vennero due volte più di quanti ne avesse richiesti, come le vespe che il miele attira. Questi parassiti s’affannavano a mangiare e a parlare; lodavano due sorte di persone, i morti e se stessi e, mai i loro contemporanei eccetto il padrone di casa. Se qualcuno di loro diceva una facezia Gli altri abbassavano gli occhi e dsi mordevano le labbra dal dolore di non averla detta loro. Erano meno dissimulatori dei magi perché non avevano oggetti d’ambizione tanto grandi. Ognuno di loro brigava un posto di servo e una riputazione di grand’uomo; si dicevano in faccia cose insultanti ch’essi credevano arguzie. Avevano saputo qualcosa della missione di Babuc. Uno di loro lo pregò sottovoce di sterminare un autore che non lo aveva abbastanza lodato cinque anni prima; un altro chiese la rovina d’un cittadino che non aveva mai riso alle sue commedie; un terzo chiese l’estinzione dell’Accademia perché non era mai riuscito ad esservi ammesso. Finito il pasto, ognuno se ne andò per conto suo; non c’erano infatti in tutta la brigata due che potessero soffrirsi e neppure parlarsi in un altro luogo che non fosse in casa dei ricchi che li invitavano alla loro tavola. Babuc stimò che non sarebbe poi un gran male se quella gentaglia fosse perita nella distruzione generale.Non appena si fu sbarazzato di loro, si mise a leggere alcuni libri nuovi. Vi riconobbe lo spirito dei suoi convitati. Considerò soprattutto con indignazione quelle gazzette della maldicenza, quegli archivi del cattivo gusto, che l’invidia, la bassezza e la fame hanno dettato; quelle vili satire nelle quali si tratta con riguardo l’avvoltoio e si strazia la colomba; quei romanzi privi di immaginazione, in cui si trovano tanti ritratti di donne che l’autore non conosce. Gettò nel fuoco tutti quei pessimi scritti e uscì per andare di sera al passeggio. Fu presentato ad un vecchio letterato che non era andato ad ingrossare il numero di quei parassiti. Questo letterato rifuggiva sempre la folla, conosceva gli uomini, li praticava e si confidava con discrezione. Babuc gli parlò con dolore di quel che aveva letto e di quel che aveva visto.- Avete letto cose davvero spregevoli, - gli disse il saggio letterato; - ma in tutti i tempi e in tutti i paesi e in tutti i generi, il cattivo pullula e il buono è raro. Avete ricevuto in casa vostra i rifiuti della pedanteria, poiché in tutte le professioni quello che è più indegno di apparire è sempre quello che si mostra con maggiore impudenza. I veri saggi vivono fra loro ritirati e tranquilli; vi sono ancora fra noi uomini e libri degni della vostra attenzione.Mentre egli parlava così un altro letterato li raggiunse; i loro discorsi furono così piacevoli e così istruttivi, così superiori ai pregiudizi e così conformi alla virtù, che Babuc confessò di non aver mai udito nulla di simile. “Questa è gente, - diceva fra sé, - che l’angelo Ituriel non oserà toccare, altrimenti sarebbe davvero spietato”. Conciliato con i letterati era sempre corrucciato con il resto della nazione.- Voi siete straniero, - gli disse l’uomo giudizioso che gli parlava; - ai vostri occhi gli abusi si presentano in folla e il bene, che è nascosto e che talvolta deriva da codesti stessi abusi, vi sfugge;Seppe allora che fra i letterati ce n’erano alcuni che non erano invidiosi, e che fra gli stessi Magi ce n’erano di virtuosi. Alla fine comprese che quei grandi corpi , che urtandosi sembravano preparare le loro rovine comuni, in fondo erano istituzioni salutari; che ogi società di Magi era un freno per i suoi rivali; che se questi emuli differivano in qualche opinione, insegnavano tutti la stessa morale, istruivano il popolo e vivevano sottomessi alle leggi, simili ai precettori che vegliano sul fanciullo di casa mentre il padrone veglia su di loro. Ne praticò parecchi e scorse anime celestiali. Apprese perfino che fra i pazzi che pretendevano di fare la guerra al Gran Lama c’erano stati grandissimi uomini. Alla fine suppose che poteva benissimo accadere con i costumi di Persepoli quello che gli era accaduto con gli edifici, alcuni dei quali gli erano sembrati degni di pietà e gli altri l’avevano colmato d’ammirazione. Egli disse al suo letterato:- Capisco benissimo che quei magi che avevo creduto tanto pericolosi sono in realtà utilissimi, aoparttutto quando un governo saggio impedisce loro di rendersi troppo necessari; ma ammetterete almeno che i vostri giovani magistrati, che comprano una carica di giudice appena hanno imparato a montare a cavallo, debbono far mostra nei tribunali di tutto quel che l’impertinenza ha di più ridicolo e di tutto quel che l’impertinenza ha di più ridicolo e di tutto quel che l’iniquità ha di più perverso; sarebbe meglio sicuramente dare gratuitamente        quei posti ai vecchi giureconsulti che hanno passato tutta la  loro vita a pesare il pro e il contro. Il letterato replicò:- Avete veduto il nostro esercito prima d’arrivare a Persepoli; sapete che i nostri giovani ufficiali si battono benissimo, quantunque abbiano comprato le loro cariche; forse vedrete che i nostri giovani magistrati non giudicano male, quantunque abbiano pagato per giudicare.Il giorno dopo lo condusse al gran tribunale dove si doveva pronunziare un’importante sentenza. La causa era conosciuta da tutti. Tutti i vecchi avvocati ne parlavano erano titubanti nelle loro opinioni: allegavano cento leggi, nessuna delle quali era applicabile alla sostanza della questione; esaminavano la faccenda da cento lati, nessuno dei quali era nella sua vera luce; i giudici decisero più rapidamente di quanto gli avvocati dubitarono. Il loro giudizio fu quasi unanume; giudicavano bene perché seguivano i lumi della ragione, e gli altri avevano opinato male perché avevano consultato soltanto libri.Babuc concluse che spesso c’erano ottime cose negli abusi. Quello stesso giorno riscontrò che le ricchezze dei finanzieri, che lo avevano tanto disgustato, potevano produrre un effetto eccellente; infatti l’imperatore, avendo avuto bisogno di denaro, trovò in un’ora per mezzo loro quel che non avrebbe ottenuto in sei mesi per vie ordinarie; comprese che quei nuvoloni, gonfi di rugiada della terra, rendeva a questa in pioggia quel che da essa ricevevano. D’altronde i figli degli uomini nuovi, spesso allevati meglio di quelli delle famiglie più antiche, qualche volta valevano molto di più; poiché nulla impedisce di essere un buon giudice, un prode guerriero, un abile uomo di stato quando si è avuto un padre buon calcolatore.A poco a poco Babuc condonava l’avidità del finanziere, che in fondo non è più avido degli altri, e che è necessario. Scusava la follia di rovinarsi per giudicare e per battersi, follia che produce grandi magistrati ed eroi. Perdonava l’invidia dei Letterati, fra i quali si trovavano uomini che illuminavano il mondo; si riconciliava con i Magi ambiziosi ed intriganti, presso i quali c’erano più grandi virtù che non piccoli vizi; ma gli rimanevano molti motivi di lagnanze, e soprattutto le galanterie delle signore e le desolazioni che ne dovevano conseguire lo riempivano d’inquietudine e di spavento. Siccome voleva penetrare in tutte le condizioni umane, si fece condurre presso un ministro; ma lungo la via tremava sempre all’idea che qualche donna fosse assassinata dal marito in sua presenza. Giunto dall’uomo di stato, fece due ore d’anticamera senza essere annunciato e due ore ancora dopo esserlo stato. In quell’intervallo si riprometteva fermamente di raccomandare all’angelo Ituriel e il ministro e i suoi insolenti uscieri. L’anticamera era piena di signore d’ogni grado, di Magi d’ogni colore, di giudici, di mercanti, d’ufficiali, di pedanti: tutti si lamentavano del ministro. L’avaro e l’usuraio dicevano: “Certamente costui saccheggia le province”; il capriccioso gli rimproverava d’essere bizzarro; il voluttuoso diceva:” pensa soltanto ai suoi piaceri”; l’intrigante si lusingava di vederlo ben presto rovinato da una cabala; le donne speravano che avrebbero ben presto dato loro un ministro più giovane.Babuc ascoltava i loro discorsi: non potè fare a meno di dire”Questo è un uomo davvero fortunato; ha tutti i suoi nemici in anticamera; schiaccia col suo potere quelli che l’invidiano; vede ai suoi piedi quelli che lo detestano”. Finalmente entrò: vide un vecchietto curvo sotto il peso degli anni e degli affari, ma ancora vivace e pieno di spirito. Babuc gli piacque, ed egli parve a Babuc un uomo degno di stima. La conversazione divenne interessante. Il ministro gli confessò d’essere un uomo in felicissimo; di passare per ricco mentre era povero; di essere creduto onnipotente e di essere invece sempre contraddetto; di aver reso servigio soltanto a ingrati e, in quarant’anni di lavoro assiduo, di aver avuto appena un momento di consolazione. Babuc ne fu commosso e pensò che se codest’uomo aveva commesso delle colpe e l’angelo Ituriel voleva punirlo non bisognava sterminarlo, ma solamente lasciargli il suo posto.Mentre parla col ministro entra improvvisamente la bella signora presso la quale Babuc aveva pranzatoLe si scorgevano negli occhi e sulla fronte i sintomi del dolore e della collera. Ella proruppe in rimproveri contro l’uomo di stato; versò lacrime; si lamentò amaramente che a suo marito fosse stato rifiutato un posto al quale la sua nascita gli permetteva di aspirare e che i suoi servigi e le sue ferite meritavano; ella si espresse con tanta forza, fece tante moine nel lamentarsi, demolì le obiezioni con tanta abilità, fece valere le ragioni con tanta eloquenza, che non uscì dalla stanza senza aver fatto la fortuna di suo marito.Babuc le diede la mano. – E’ mai possibile, signora, - le disse, - che vi siate data tutta codesta pena per un uomo che non amate affatto e dal quale avete tutto da temere? – Un uomo che non amo affatto? – ella esclamò, - Sappiate che mio marito è il migliore amico che abbia al mondo, che non c’è nulla che non gli sacrifichi, tranne il mio amante, e ch’egli farebbe tutto per me, tranne abbandonare la sua amante. Voglio farvela conoscere; si tratta di una donna deliziosa, piena di spirito e col miglior carattere di questo mondo; ceniamo insieme stasera con mio marito e il mio amante; venite a condividere la nostra gioia. La signora condusse Babuc a casa sua. Il marito, che era infine arrivato sprofondato nel dolore, rivide la moglie con moti d’allegria e di riconoscenza; abbracciava alternativamente la moglie, l’amante, il maghino e Babuc. L’unione, la gaiezza, lo spirito e le grazie furono l’anima del pranzo.- Sappiate, - gli disse la bella signora presso la quale cenava, - che quelle donne che talvolta sono chiamate disoneste hanno quasi sempre lo stesso merito d’un uomo onestissimo; e per convincervene venite domani a cena con me dalla bella Teone. Alcune vecchie vesali le tagliano i panni addosso; ma lei fa più bene di tutte loro messe insieme. Non commetterebbe una lieve ingiustizia nemmeno per l’interesse più grande ; dà al suo amante soltanto generosi consigli; si occupa soltanto della sua gloria; egli arrossirebbe davanti a lei se si fosse lasciato sfuggire un’occasione di fare del bene; poiché nulla spinge maggiormente alle azioni virtuose quanto l’avere per testimone e per giudice della propria condotta un’amante di cui si voglia meritare la stima.Babuc non mancò all’appuntamento. Vide una casa dove regnavano tutti i piaceri, Teone regnava su di essi; sapeva usare con ciascuno il linguaggio più adatto. La spontaneità del suo spirito metteva a proprio agio quello degli altri; piaceva quasi senza volerlo; era tanto amabile quanto benefica; e, cosa che aumentava il pregio di tutte le buone qualità, era bella.Babuc, per quanto fosse Scita e per quanto fosse l’inviato d’un genio, s’accorse che, se restava ancora a Persepoli, avrebbe dimenticato Ituriel per Teone.S’affezionava alla città, il cui popolo era cortese, mite e benefico, sebbene volubile, maldicente e pieno di vanità. Temeva che Persepoli fosse condannata; temeva persino il rapporto che si accingeva a fare.Ecco come se la cavò per fare quel rapporto. Fece foggiare dal miglior fonditore della città una statuetta composta di tutti i metalli, delle terre e delle pietre più preziose e più vili; la portò a Ituriel:- Spezzereste, - disse, - questa graziosa statua perché non è tutta oro e diamanti?Ituriel comprese al volo; risolse di non pensare nemmeno a punire Persepoli e di lasciare stare il mondo così com’è. Infatti, disse, se tutto non va bene, tutto è passabile. Persepoli dunque fu lasciata vivere; e Babuc fu ben lontano dal lamentarsi, come Giona che si adirò perché Ninive non veniva distrutta. Ma quando si è stati tre giorni in corpo ad una balena non si può essere di buon umore come quando si è stati all’opera, alla commedia e si è cenato in buona compagnia.