SORSI DI LUCE

La delizia del palato: LA PASTIERA DI GRANO.


E’ forse il dolce italiano più antico, in quanto non esiste un riferimento storico da cui si possa trarre la sua genesi, la tradizione popolare, però, riporta una leggenda che lo fa risalire a prima dell’era cristiana. La leggenda racconta di un rito pagano in onore della sirena Partenope. Infatti, Partenope aveva stabilito la sua dimora nel golfo di Napoli, e ad ogni primavera risorgeva dalle acque ed allietava le popolazioni del luogo col suo canto. Gli abitanti, per ringraziarla, decisero di farle dono delle cose più preziose che avessero. Incaricarono sette fanciulle di consegnare i doni, tutti simbolicamente rappresentativi: la farina (forza e ricchezza), ricotta (lavoro e frutto), uova (rinnovamento della vita), grano tenero bollito nel latte (a simbolo dei due regni), l’acqua di fiori d’arancio (simboleggiante il ringraziamento della natura), le spezie (rappresentanti i popoli lontani) e lo zucchero (simbolo della dolcezza del canto di partenope).
In realtà, a pensarci bene, questa leggenda può essere interpretata in altro modo. Innanzitutto la ricotta e lo zucchero non sono altro che la trasposizione culinaria del latte e miele presente nelle offerte votive delle prime cerimonie cristiane. Le uova, poi, simboleggiano il ritorno alla vita e l’acqua di fiori d’arancio, rappresenta il risveglio della natura. E dunque il tutto a simboleggiare il ritorno della primavera. Comunque la leggenda si conclude con Partenope che pone i doni ricevuti ai piedi degli dei, i quali apprezzando, le restituiscono il dolce. A quel punto la sirena, contenta dell’apprezzamento anziché mangiarlo, lo dona agli abitanti che avevano mostrato tanta generosità. Meno leggendaria e più realista, risulta la storia che vuole la creazione della pastiera da parte di una suora nell’antichissimo convento di S.Gregorio Armeno. La creatrice della pastiera moderna, in realtà combinò gli ingredienti nella maniera che oggi conosciamo, partendo dalla ricetta popolare che già esisteva. Diede alla sua interpretazione culinaria un significato mistico, in quanto simboleggiante la Resurrezione di Cristo. Da qui anche l’usanza di preparare questo dolce il Venerdì Santo e di consumarlo durante la Pasqua.
Essendo un dolce “povero”, la pastiera non vide mai i fasti della cucina cortigiana partenopea. Un giorno, però, tale Marchese De Rubis, in viaggio verso Napoli, ebbe la sventura di rompere la ruota della carrozza che  lo trasportava. Essendo quasi notte, dovette chiedere ospitalità ad una famiglia di contadini. Fu così che assaggiò questo dolce e ne rimase ammaliato, tanto che si fece dare la ricetta e, quindi, lo introdusse alla corte dei borboni.
L’ultimo episodio che ha per protagonista la pastiera, stavolta documentato, riguarda proprio i Borboni. Si racconta che la regina Mariateresa D'Austria, moglie del re Ferdinando II di Borbone, era soprannominata "la Regina che non sorride mai", un giorno, cedendo alle insistenze del marito buontempone, accondiscese ad assaggiare una fetta di pastiera e non poté far a meno di sorridere, compiaciuta alla bonaria canzonatura del Re che sottolineava la sua evidente soddisfazione, nel gustare la specialità napoletana. A questo punto il Re esclamò: "Per far sorridere mia moglie ci voleva la Pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo".Nel recente passato, il tipico dolce pasquale, ha rappresentato un rito familiare cui era difficile sottrarsi.  Si racconta  che la preparazione iniziava qualche giorno prima del venerdì santo, poiché si prendeva il grano e lo si metteva a bagno nell’acqua per qualche giorno. Poi il giovedì santo, ai giovani di casa spettava l’ingrato compito di mescolare la ricotta e lo zucchero. L’operazione apparentemente semplice, diveniva noiosa in quanto si preparavano tante pastiere quante erano le persone più care, partendo dai familiari per finire ai vicini di casa. Alla fine se ne preparavano anche 20. E, la cosa bella, è che donandola se ne riceveva un’ altra in regalo. Insomma una sorta di scambio di doni, solo un po’ monotematico. Per questo motivo, si diffusero una miriadi di varianti: col riso, con gli spaghetti, col farro, con la crema pasticcera, con la cioccolata. Insomma ognuno iniziò ad interpretare la ricetta a modo suo. Ancora oggi, la pastiera viene preparate in tutte queste varianti.. Ma l’originale è uno solo. 
Pasta frolla. Ingredienti:500 gr. di farina.5 uova (2 intere e 3 tuorli).200 gr. di burro a temperatura ambiente.180 gr. di zucchero.1 limone grattugiato (solo la buccia).1 bustina di cannella e un pizzico di sale.Lavorazione della pasta frolla: Montate il burro con lo zucchero, la vaniglia e la cannella. Mettete la farina su un tavolo e formate un cono (come il Vesuvio), all’interno del cono mettete le 2 uova, sgusciate, intere e i tre tuorli , il preparato col burro, grattugiateci la buccia del limone, e aggiungete il pizzico di sale con la cannella. Adesso iniziate con energia ad impastare. L’operazione, da svolgere rigorosamente a mano, richiede almeno una ventina di minuti. Al termine, riducete il tutto ad una palla, avvolgetela in un panno umido e mettettela in frigorifero.RIPIENO. Ingredienti:500 gr. di ricotta (metà vaccina e metà ovina).500 gr. di zucchero.500 gr. di grano precotto (se acquistate quello nei sacchetti di juta, dev’essere già stato in ammollo col latte dalla sera prima. E poi fatto bollire per 2 ore nell’acqua).100 gr. di cedro o frutta candita.1 bustina di vanillina.Una fiala da 50 gr, di acqua di fiori d’arancio.8 uova (3 intere e 5 tuorli).Lavorazione del ripieno : mettete lo zucchero in un recipiente non metallico, setacciate la ricotta all’interno dello stesso recipiente ed iniziate ad amalgamare questi due ingredienti per circa 1 ora!(sigh), volendo eccezionalmente potete usare un’impastatrice riducendo l’operazione a 15 minuti. Montate le uova fino ad ottenere un liquido consistente e schiumoso ed unitelo un po’ alla volta alla ricotta. Poi tocca al grano, sempre un po’ alla volta. Infine canditi, l’acqua di fiori d’arancio e la bustina di vanillina. ESECUZIONE FINALE.Riprendete la pasta frolla dal frigorifero ed iniziate a “tirarla” con un matterello di legno. Quando lo spessore sarà uniformemente di un cm (lo spessore dipende dai gusti), potete iniziare a foderare la teglia, preferibilmente d’alluminio con i bordi non più alti di 6/7 cm. e dopo averla imburrata, con la pasta frolla. Questa operazione è delicatissima, in quanto la pasta frolla potrebbe rompersi. Dopo aver fatto la “fodera”, con la pasta frolla restante preparate 10/12 strisce di 2 cm di larghezza. Adesso riprendete il composto e versatelo nella teglia foderata e chiudete applicando le strisce. Infornate a 180° per circa 60/70 minuti. Sempre disponendo la teglia ad 1/3 dell’altezza del forno.Se la pasta frolla inizia a brunirsi troppo in fretta, abbassate la temperatura.Intendiamoci, è forse uno dei dolci più complicati da eseguire, per questo in passato vi partecipava tutta la famiglia. Però vi posso garantire che utilizzando il grano precotto e riflettendo bene su tutte le operazioni da eseguire, in due ore, cottura esclusa, è possibile fare una pastiera molto buona. Se invece di utilizzare l’impastatrice, si preferisce la lavorazione a mano, il tempo aumenta ma, di conseguenza, anche la qualità del risultato finale. Una cosa importantissima: NON USATE IL FRULLATORE per nessuna operazione.
 un particolare ringraziamento alla nostra amica
 Gennarina per averci regalato una delle sue graditissime ricette!