SORSI DI LUCE

Poesia: Clemente Rebora


Qualunque cosa tu dica o faccia c'è un grido dentro: non è per questo, non è per questo! E così tutto rimanda a una segreta domanda... Nell'imminenza di Dio la vita fa man bassa sulle riserve caduche, mentre ciascuno si afferra a un suo bene che gli grida: addio!Vibra nel vento con tutte le sue foglie il pioppo severo; spasima l'aria in tutte le sue doglienell'ansia del pensiero: dal tronco in rami per fronde si esprime tutte al ciel tese con raccolte cime: fermo rimane il tronco del mistero, e il tronco s'inabissa ov'è più vero."Il pioppo", in Le poesieTutto il reale è segno che rimanda ad altro, oltre sé, più in là; tutto è “analogia” che chiede di "tendere a", ovvero di "ad-tendere".Dall'immagine tesa vigilo l'istante con imminenza di attesa – e non aspetto nessuno: nell'ombra accesa spio il campanello che impercettibile spande un polline di suono – e non aspetto nessuno: fra quattro mura stupefatte di spazio più che un deserto non aspetto nessuno: ma deve venire; verrà, se resisto, a sbocciare non visto, verrà d'improvviso, quando meno l'avverto: verrà quasi perdono di quanto fa morire, verrà a farmi certo del suo e mio tesoro, verrà come ristoro delle mie e sue pene, verrà, forse già viene il suo bisbiglio. Scomparire come "io" per farsi voce, anonima appunto, di una situazione comune, quella della pena nella città moderna sempre più priva di umanità, e dell'ansia amorosa per qualcosa di diverso e più alto.Nel buio dell'incertezza in cui scintilla l'attesa, il poeta spia quel silenzio gremito d'impercettibili suoni, profumati e leggeri come polline. Lo spazio, nell'immobilità sospesa e colma di stupore, pare dilatarsi all'infinito. Fragile è la nostra capacità di vigilanza, sempre minacciata dalla distrazione ma, «se resistiamo» nell'attesa, non potremo non assistere al Suo impercettibile «sbocciare».Dolori e pene permarranno, ma abbracciati da un «ristoro» umanamente impensabile.