SORSI DI LUCE

Hagia Sophia di Costantinopoli: la grande cupola d’Oriente


 
La chiesa di Hagia Sophia è certamente uno dei fatti architettonici più emozionanti del mondo antico, e chi vi entra oggi e non solo per la prima volta, è messo alla prova dalla inattesa reiterata rivelazione di un ordinato mondo di forme, che non trova richiami altrove in altre costruzioni paragonabili ad esso. I grandi vani che compongono la sua morfologia costruttiva, i ricchi e preziosi marmi policromi delle colonne e delle pareti, gli eleganti ed elaborati mosaici che decorano le altre superfici interne, hanno fatto del Tempio della Divina Sapienza di Dio uno dei più magnificenti monumenti della storia architettonica dell’uomo. E la grande, impressionante e perfetta cupola che dal 532 sovrasta il vano centrale dell’edificio sacro è ben presto diventata simbolo della città di Costantinopoli e dello stesso Impero d’Oriente; ultimo baluardo della fede cristiana contro l’invasore Ottomano; ed infine, fecondo prototipo per le successive moschee islamiche. Ma procediamo con ordine!Il tempio di Hagia Sophia sorge all’interno della grande e ricca città di Costantinopoli fondata, nel 330, dall’imperatore Costantino il Grande sopra i resti di Byzantion, piccolo ed antico insediamento di origine greca risalente alla seconda metà del VII sec. a.C. Nel 378 un grande rivolgimento politico interno all’Impero, trasforma la lontana città sulle acque del Bosforo nella capitale dell’Impero Romano d’Oriente. Da questo momento in poi Costantinopoli, la Nea Roma, subisce una lunga serie di modificazioni urbanistiche ed architettoniche che la porteranno a trasformarsi nella città più popolosa, più splendida e più importante di tutti i domini romani. E proprio in questa città, che ha ormai superato in bellezza l’antica Roma sui colli laziali, nel 532 l’imperatore Giustiniano il Grande decide di erigere, sopra i resti di un precedente edificio sacro avente la medesima dedicazione, la Megale Ecclesia, la Grande Chiesa di Hagia Sophia, una nuova ed innovativa entità architettonica che doveva essere in grado di ergersi a simbolo imperituro della capitale dell’Impero Romano d’Oriente. Il sogno di Giustiniano rappresentava quindi una nuova sfida architettonica e come tale richiedeva un nuovo tipo di architetto. Un simile progetto infatti, andava al di là della portata dei capomastri che sino ad allora avevano progettato la maggior parte degli edifici imperiali. Ora vi era la necessità di impiegare uomini capaci di risolvere particolari tematiche costruttive con innovazioni teoriche. La creazione della chiesa di Hagia Sophia era dunque un compito tale da richiedere non solo la perizia tecnica dell’architetto, ma anche la preparazione dello scienziato e la creatività dell’artista.Fu così che Giustiniano affidò tale compito ad Antemio di Tralle ed Isidoro da Mileto, due mechanikos del tempo, due abili studiosi e matematici, eruditi nei princìpi della statica e della dinamica, capaci di tradurli in pratica attraverso l’istruzione e l’addestramento di un loro gruppo di tecnici ed operai.Anche se l’incarico era stato affidato ai due architetti dell’Asia Minore, le direttive principali riguardanti le caratteristiche generali dell’edificio vennero indubbiamente impartite dall’imperatore stesso che mise sicuramente in chiaro la propria volontà di giungere alla costruzione del tempio più bello, più grande, più impressionante e più durevole che si fosse mai visto al mondo, capace di reggere il confronto con i mirabili esempi del passato e, se possibile, di superarli.Ad Antemio ed Isidoro toccò quindi il difficile compito di dare forma e misura all’idea imperiale. I due mechanikos, prima di giungere alla definitiva stesura del progetto, devono aver rivolto la loro attenzione a quello che era il panorama architettonico del periodo e delle epoche passate. Sino a quel momento, due erano stati gli schemi specificatamente impiegati nell’erezione degli edifici sacri: quello a pianta longitudinale, caratteristico delle grandi basiliche sorte nei territori occidentali dell’Impero ed adatto ad accogliere grandi masse di persone, e quello ad impianto centrale proprio dei domini orientali, maggiormente votato ad esprimere la spiritualità e la sacralità del luogo.Gli architetti, davanti a questa duplice tradizione, svilupparono un compromesso, pervenendo alla realizzazione di una combinazione ben riuscita di un edificio a scopo pratico, capace di contenere cioè un’ampia massa di fedeli, e la realizzazione di una natura trascendentale, dove i pensieri e le emozioni venivano immediatamente sollevati ad una più alta sfera spirituale.