SORSI DI LUCE

FUMETTI: B. C. e The Wizard of Id


[da: "Enciclopedia dei fumetti", a cura di Gaetano Strazzulla, Sansoni, 1970]L’AUTOREJOHNNY HART – Nato a Endicott, nello Stato di New York (le biografie ufficiali non precisano l’anno), esordì giovanissimo come disegnatore, pubblicando alcuni suoi cartoons su oscuri gior­nali di Boston. Poi ha fatto il servizio militare e, poco dopo il congedo, nel 1954, è riuscito a im­porsi all’attenzione del pubblico e della critica grazie a una serie di tavole a fumetti pubblicate dal Saturday Evening Post. Quattro anni dopo, nel 1958, ha presentato per la prima volta il suo campionario di ometti preistorici, formiche, ca­verne, fiori e apteryx (uccello privo di ali e con piume lanuginose). Il successo della serie di B.C. è stato travolgente: le sue strisce ben pre­sto sono state riprese da oltre trecento quoti­diani e da un numero imprecisato di periodici di tutto il mondo. Gli esperti calcolano che at­tualmente le storie di B.C. siano seguite da un pubblico di oltre venti milioni di lettori. A questa fortunatissima serie si sono aggiunte, nel 1964, le strisce di The Wizard of Id, presentato in Italia come Il mago Wiz. Johnny Hart le ha rea­lizzate in collaborazione con un suo vecchio amico, il disegnatore Brant Parker. La leggenda narra che l’idea del medievale reame di Id sia venuta a Hart, il quale l’avrebbe perfezionata e sviluppata insieme a Parker in soli tre giorni e tre notti di ininterrotto lavoro in un albergo di New York. Il risultato di questa maratona è stato un altro clamoroso successo: la striscia appare oggi su più di duecento quotidiani ed è stata ripresa da numerosi periodici. Di Johnny Hart si sa ancora che è sposato e che ha due figlie. In Italia è giunta finora sol­tanto una sua fotografia, o meglio un fotomon­taggio che ce lo mostra mentre tiene tra le mani il suo popolare B.C.: l’occhio del giovane cartoonist con i capelli a spazzola è affettuo­samente ironico e ben regge lo sguardo inter­rogativo del cavernicolo con una bretella. Johnny Hart è senza dubbio il capofila della gio­vane scuola americana. Le sue storie sono es­senziali, i suoi disegni incisivi. Talvolta rinuncia anche alla battuta, lasciando alle vignette il compito di divertire il lettore. Il suo è un mondo preistorico paradossale, ma credibile. I suoi per­sonaggi, candidi ma non superficiali, scoprono striscia dopo striscia un mondo fatto di cose animate e tentano di capirlo, lasciandosi tal­volta trascinare in acri giudizi che hanno come bersaglio la realtà non più preistorica dei nostri giorni. In una storia di tre vignette per esempio B.C. e l’amico Peter siedono appoggiati a un gran sasso sulla riva del mare. Peter chiede al compagno: « Puoi sopportare l’idea che le future generazioni se la passino facile come noi? ». B.C. è pronto, nella seconda vignetta, a rispon­dere con un « No » riportato in grassetto. Peter, folgorato, si alza e con uno strano sorriso pro­pone: « Benissimo… Formiamo un governo! ». Esempi di questo tipo nella produzione di Hart se ne possono trovare a piacimento: la sua cri­tica è sempre centrata, tanto più eloquente quanto più è asciutta. A farne le spese sono soprattutto le mode, i vizi, gli intellettualismi e le banalità degli attuali discendenti del caustico B.C.Forse più disancorato da un impegno ironica­mente polemico è The Wizard of Id: nel reame dove opera, nei sotterranei del castello, un mago «fallito», di cose da scoprire ce ne sono po­che. Essenziale è semmai sopravvivere, cercando di non turbare un collerico re che sembra preso in prestito da un mazzo di carte. Le storie di Parker e Hart risultano però ugualmente spas­sose e gradevoli, anche se non hanno sempre la delicata e geniale vivezza delle parabole di B.C.IL PERSONAGGIO 
B.C. – Before Christ, ovvero Avanti Cristo, è la sigla, il nome di uno strano cavernicolo, che vive nell’anno zero. È un omino preistorico, sag­gio e disincantato, che scopre e prende grada-tamente coscienza del mondo. Suoi compagni sono Peter, avventuroso esploratore che fin dalle prime strisce decide di andare « alla ventura, in cerca degli estremi limiti del mondo » (e B.C. amichevolmente, lo invita a stare « attento a non cascar di sotto »), un certo Clumsy Carp, mio-pissimo progenitore della ricerca scientifica e Thor, geniale inventore della ruota. E ancora Wiley, poeta e filosofo, dalla gamba di legno e la barba lunga, Curls, detto il Riccio, presentato da Peter come « maestro di umorismo sarca­stico » (vedi la striscia nella quale Curls, sdraia­to sulla spiaggia esclama: «Ti vengono i bri­vidi, quando ci pensi!»; Peter, curioso, chiede: « Quando ci pensi a che? » e Curls, senza bat­ter ciglio: «Solo altri 100 milioni di anni di vita così, e poi la civiltà!»), un affollato gruppo di formiche parlanti, Benedici il formichiere, dino­sauri, mammut, sassi, fiori, caverne, ruscelli, strani volatili e un monosillabico Grog, uomo pieno di peli, approdato tra la comunità della pietra in un grosso ghiacciaio. Johnny Hart maneggia abilmente questo stuolo di cavernicoli, tra i quali ogni tanto occhieggiano formose e brutali fanciulle. Qualcuno ha scritto che il pregio delle storie di B.C. sta nell’interpretare il mondo moderno attraverso un’angola­zione preistorica. Un giudizio esterno, perciò, incisivo e graffiante. Hart mette in mano ai suoi omini preistorici gli attrezzi più elementari, che riacquistano nelle sue strisce una misura ormai dimenticata. E il capitolo certo più azzeccato è quello dedicato alle invenzioni, dalla ruota al giornale, alla posta, al sistema monetario, alla segnaletica stradale e così via. Le trovate di B.C. e dei suoi compagni servono all’autore per colpire precisi e reclamizzatissimi obbiettivi: è il caso della serie di strisce dedicata alla straor­dinaria invenzione di Wiley, cioè il romanzo o storia lunga. Hart si sbizzarrisce nel distruggere un certo tipo di letteratura e soprattutto un certo tipo di scrittore, quello cosiddetto di consumo, che dell’autore conosce solo i diritti. La produzione di Hart non sempre è eccelsa. Agli scoppiettii delle sue trovate migliori ogni tanto fanno riscontro strisce strampalate, nelle quali eccessive concessioni al surreale nascon­dono solo la mancanza di ispirazione. Ma sono peccati veniali, visto l’altissimo numero di storie azzeccate. I personaggi mantengono sempre le loro personali caratteristiche: psicologicamente ben definiti, si costruiscono pian piano la loro idea della realtà.B.C. che esordisce scrutando un paesaggio dal­l’alto di un cocuzzolo e prendendolo per il mondo intero, diviene di vignetta in vignetta sempre più problematico, fino a addentrarsi in sottili disquisizioni metafisiche. Il garbo e l’umo­rismo di Hart accompagnano talvolta pensosa­mente i tanti personaggi in una faticosa ricerca di verità messe in caricatura. Sorridenti Adami privi di pregiudizi, B.C. e compagni sono parenti stretti dei Peanuts di Charles M. Schulz, come i patemi di Charlie Brown e le nevrosi di Snooov, la disarmante genuinità dei preistorici di Hart diverte accusando il lettore.
IL MAGO WIZ (The Wizard of Id) - Come la preistoria di B.C. serve a Johnny Hart per col­pire i suoi contemporanei, così l’improbabile Medioevo in cui si muovono i personaggi di The Wizard of Id è solo un pretesto per sorri­dere. Certo meno sottile e meno solleticante delle strisce dei cavernicoli, anche la serie de­dicata alle umoristiche cronache del Reame di Id colpisce talvolta obbiettivi attuali. Ma non è certamente questa la caratteristica principale delle strips realizzate dallo stesso Hart in col­laborazione con il disegnatore Brant Parker. Il castello di Id, con le sue torri merlate a mi­sura d’uomo, il ponte levatoio, le umide segrete e l’ampia sala del trono, è popolato da una corte che spesso si propone soltanto di far ridere, senza tante riflessioni. Il re, imbronciato e collerico, non sa fare il suo mestiere. Le sen­tinelle dormono. Bung il giullare, amante del buon vino, rischia ogni momento di finire sulla ruota di tortura per la sua incapacità professio­nale. Il mago Wiz, per quanti sforzi faccia, il più delle volte sbaglia pozioni e non riesce mai a realizzare il suo artifizio più desiderato, quello di far scomparire la moglie, brontolona e inva­dente. Un eterno prigioniero dalla lunga barba tenta inutili fughe dalla cella e il nobile sir Brandolph, amato da una languida Guendalina, ne busca senza pietà in ogni giostra o torneo. A questi personaggi fa da contorno una folla di villani mugugnanti in eterna polemica con le tasse. Naturalmente nel Reame di Id succe­dono le cose più impensate: un giorno addirit­tura arriva Giulio Cesare, che senza grandi sforzi cattura sir Brandolph. Nel castello in cui opera il mago non mancano contestatori e pa­cifisti, presi in prestito da altre epoche. Le storielle sono un susseguirsi di battute, mai grossolane, ma spesso superficiali. Ciò che fa ridere è soprattutto questa accozzaglia ben as­sortita di sprovveduti senza fortuna. Le situa­zioni spesso si ripetono e le reazioni dei vari personaggi talvolta sono identiche: ma è questo in fondo che caratterizza la storia. Alla minore profondità rispetto a B.C. supplisce nel Mago Wiz tutta una serie di trovate umoristiche che divertono senza scadimenti. Il disegno di Parker è qui meno « essenzializzato » di quanto lo sia nelle vignette preistoriche: anche la descrizione grafica del Reame di Id risente profondamente di questo spostamento deciso verso il grottesco e la parodia. Ma non c’è, conviene sottoli­nearlo, nella ricostruzione umoristica di un’età così poco sorridente come il Medioevo nessuna traccia di farsa buffonesca. Le storie sono sem­plici, i personaggi simpatici e ben tratteggiati e Hart è un inesauribile inventore di trovate grottesche.