Creato da AmmiraglioLanglais il 22/08/2009

SORSI DI LUCE

Il reticolato dell'Ammiraglio Langlais .................................................................... pensieri, riflessioni, letture, immagini, suoni e colori dell'anima ...e anche no............."Sorsi di luce" pertanto vuole essere un semplice momento di incontro, come si farebbe assaporando un buon caffè, o passeggiando a braccetto per le strade di una città sconosciuta, o seduti in riva al mare ascoltando la risacca...

 

« Dall'est .......con amore.Seguire lo spirito per guarire »

tratta dalla raccolta: «Antiche fiabe russe»

Post n°141 pubblicato il 10 Gennaio 2010 da AmmiraglioLanglais

http://www.paroledautore.net/fiabe/mondo/

LA PRINCIPESSA TRISTE

Non si può immaginare dove arriva alta la luce del Signore! In essa vivono ricchi e poveri, e tutti comodamente, e tutti loro premia e provvede il Signore. Vivono i ricchi sfarzosi e festeggiano, vivono i poveracci e faticano, a ciascuno la sua sorte!

Nei palazzi reali, nelle lussuose stanze principesche, in un'alta torre viveva la principessa-triste. Come le si offriva bella la vita, con quanta libertà e lusso! Aveva tutto, proprio tutto ciò che si può desiderare, ma non sorrideva mai, non si divertiva mai e letteralmente niente riusciva a rallegrarle il cuore. Lo Zar suo padre con grande amarezza vedeva la figlia sempre triste. Così aprì il suo palazzo a tutti coloro che volevano essere suoi ospiti : "Che tutti tentino di rallegrare mia figlia! Chi ci riuscirà l'avrà in moglie!" Non appena disse queste parole, come si affollò la popolazione alle porte reali! Venivano da tutte le parti, principi e marchesi, nobili e boiari, ufficiali e plebei; cominciarono banchetti, scorreva il miele, tuttavia la principessa non rideva.

In un'altra parte viveva nel suo cantuccio un onesto bracciante; al mattino puliva il cortile, la sera pascolava il bestiame, in un lavoro continuo e senza fine. Il suo padrone era un uomo ricco e giusto, e non lo frodava sulla paga. Non appena iniziò l'anno, gli mise un sacchetto di denaro sulla tavola: "Prendine quanto vuoi!" gli disse. Poi andò alla porta e uscì. Il contadino si avvicinò al tavolo e pensò: ' È peccato davanti a Dio, prendere più di quello che si è meritato col lavoro. ' Così prese soltanto una piccola moneta, la strinse in mano e gli venne desiderio di bere un pò d'acqua, si chinò sul pozzo, ma il soldino gli scivolò e s'inabissò sul fondo. Rimase così senza sua colpa un contadino povero. Un altro al suo posto si sarebbe messo a piangere, affliggendosi e per la stizza avrebbe incrociato le braccia e non avrebbe più voluto saperne di lavorare, ma lui no. "Ogni cosa è mandata da Dio" disse, "il Signore sa a chi dare e a chi no: a chi ricoprire d'oro e a chi togliere anche l'ultimo soldino. Evidentemente, io mi sono mal adoperato, ho lavorato poco, adesso sarò più volenteroso!" E di nuovo si mise al lavoro e in ogni cosa aveva il fuoco nelle mani!

Passò un altro anno ed il padrone gli mise un sacchetto di denaro sul tavolo: "Prendine quanto ne vuoi!" disse, si avvicinò all'uscio e se ne andò. Il contadino di nuovo pensò, per non dispiacere il Signore, di non prendere più di quello che si era meritato col suo lavoro; prese una piccola moneta, andò a bere e casualmente gli sfuggì dalla mano: il soldino cadde nuovamente nel pozzo. Egli si mise al lavoro con ancor più accanimento: la notte dormiva pochissimo, il giorno quasi non mangiava. Ma guarda: mentre il suo pane si faceva duro e rinsecchito, per il suo padrone tutto era fatto al meglio; mentre il maiale altrui piegava le zampe, il suo scalciava per la strada; i buoi dei vicini si trascinavano sotto il giogo, mentre i suoi a stento si trattenevano con le redini! Il padrone si chiese a chi esprimere gratitudine, a chi dire grazie. Terminò la stagione e passò il terzo anno, egli mise un gran mucchio di soldi sul tavolo e disse: "Prendi, mio fedele servitore, quanto desideri: tuo è stato il lavoro e tuoi sono i soldi!" E uscì. Il contadino prese nuovamente una piccola moneta, andò al pozzo per prendere l'acqua e - guarda! - l'ultima moneta del suo lavoro e le prime due vennero a galla: le raccolse e immaginò che Dio l'aveva voluto premiare per il suo lavoro. Si rallegrò e pensò ' È tempo per me di cambiare vita, di conoscere altre persone '. Ci pensò su e cominciò a camminare là dove lo portavano le gambe.

Passò per un campo e vide un topo che correva: "Salute, caro compare!" disse il topo "Dammi una moneta, io stesso ti sarò utile!" Il contadino gli diede la moneta. Passò poi per un bosco e gli venne accanto uno scarabeo. "Salute, caro compare!" disse lo scarabeo "Dammi una moneta, vedrai che ti sarò utile" Diede anche a lui una moneta. Attraversò poi a nuoto un fiume e si imbatté in un pesce-siluro. "Dammi una moneta" disse il pesce "vedrai che ti sarò utile!" Anche a lui non disse di no e gli diede la sua ultima moneta.

Arrivò così in città; quanta gente e che palazzi! Si guardò intorno, si girò da tutte le parti, ma non sapeva dove andare. Davanti a lui ci sono i palazzi dello Zar, adornati d'oro e d'argento, e la principessa-triste siede alla finestra e guarda verso di lui. Che fare? Gli si annebbiarono gli occhi e gli venne un sonno improvviso e cadde lungo lungo nel fango. All'improvviso, non si sa da dove, arrivarono il pesce-siluro con una pertica, lo scarabeo ed il topolino. E subito si prendono cura del contadino: il topolino prende il vestito, lo scarabeo pulisce gli stivali ed il pesce-siluro allontana le mosche. e vedendo tutte queste manovre anche la principessa-triste si mise a ridere. "Chi è che è riuscito a rallegrare mia figlia?" chiese lo Zar. E subito si sente un coro: "Io, io" dicono tutti. "Eh no!" disse la principessa-triste: "È stato lui!" ed indicò il contadino. Immediatamente lo portarono dentro il palazzo ed il contadino, di fronte allo Zar, divenne subito un bellissimo giovine. Lo Zar mantenne la sua parola: quello che si promette si deve mantenere!

Io mi chiedo: non è che il contadino nel sonno si è sognato tutto? Dicono di no, che questa è la pura verità, e bisogna crederci.

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L’amore in questo consiste
che due solitudini si proteggono
e si toccano e si accolgono l’un l’altra.
                            Rainer Maria  Rilke

 

Nella pratica clinica, si incontrano spesso giovani donne che hanno difficoltà nelle relazioni d’amore. Sono ragazze che pur avendo occasionali relazioni con l’altro sesso, non riescono a concedersi la possibilità di un incontro importante o che allontano nel tempo l’esperienza sessuale, anche dopo i trent’anni. Spesso sono graziose e curate, lavorano o studiano. Giustificano la mancanza di esperienze amorose raccontando di situazioni deludenti, spesso storie adolescenziali dove è mancato il tempo di conoscere l’altro.
Queste donne lamentano di non incontrare partner interessanti, gli uomini sembrano misteriosamente scomparsi.
Sognano una storia romantica, un incontro folgorante e struggente con un lui seducente ed accogliente, un amore totale, perfetto, gratuito ed immediato. Esattamente quello che immaginano essere l’esperienza di tutte le altre donne, quelle fortunate che si fidanzano e si sposano. A questo ideale amoroso, si contrappone un atteggiamento di diffidenza e di ritiro dalle relazioni e soprattutto una profonda paura per il proprio desiderio o attrazione verso un uomo. La sessualità è vissuta come qualcosa che non le riguarda, che le sfiora appena.
La diffidenza si esprime anche con l’atteggiamento del corpo, con una rigidità muscolare che sembra mantenere una corazza che nasconde l’emozione. Se un lui sconosciuto mostra un interesse verso la triste-solitaria, questa immediatamente attiva una barriera emotiva e spesso anche corporea, per arginare la propria eccitazione vissuta come pericolosa. L’emozione è anestetizzata con ogni mezzo, compresa la fuga o l’allontanamento dell’uomo.
Il paradosso è che la cosa che desiderano di più è anche quella che le spaventa. L’assenza del rapporto con l’uomo, è avvertita come la causa ultima dell’insoddisfazione e del senso di vuoto,
ma la realizzazione di un incontro è evitata con ogni mezzo ed agito.
Uno stereotipo comune tra le donne che non riescono ad incontrare il partner ideale è la ricerca del “bel tenebroso”, ossia di un uomo sfuggente, concentrato su di se e i propri interessi, propenso  ad una storia sessuale. Il paradosso è che se “il bel tenebroso” si lascia avvicinare sul piano affettivo, viene immediatamente degradato a semplice uomo perdendo gran parte del fascino ed attrattiva.
Un altro comportamento tipico delle principesse-tristi, è quello di svalutare gli uomini che le corteggiano, questi non sembrano mai abbastanza interessanti o attraenti. La svalutazione dell’uomo sembra collegata all’immagine che queste donne hanno di sé stesse, ossia non reputandosi abbastanza principesse da poter interessare un vero uomo, considerano ogni maschio che le corteggia come poco appetibile.
E’ proprio il comportamento di queste donne-tristi, piuttosto che le reali condizioni esterne, ad ostacolarle nella realizzazione del loro più grande desiderio consapevole. Il comportamento appare contraddittorio rispetto ai desideri, è evidente una scissione che le imprigiona nella ripetizione coatta di modalità disfunzionali.
Per gli uomini e le donne la base su cui si fonda la qualità delle interazioni amorose ed erotiche, è strettamente legata alla prima infanzia in particolare al rapporto con la madre e come questa permette al padre di avvicinarsi al figlio.
Questa origine antica, è spesso disconosciuta ed apertamente negata se confrontata con l’esperienza delle persone impegnate in difficili rapporti affettivi.
Freud dalla fine dell‘800, ha aperto la strada alla scoperta dell’inconscio, all’interpretazione dei sogni, al riconoscimento della sessualità e del complesso edipico come fondanti dello sviluppo umano.
Dopo Freud, moltissimi autori hanno studiato e approfondito questi temi ma la sua grande e straordinaria eredità, ossia la scoperta del relativismo della ragione a favore della predominanza dell’inconscio, viene ancora oggi accolta come qualcosa che non riguarda direttamente ognuno di noi ma al massimo qualcun‘altro, sospettato di diversità.
Sembra esserci una sorta di massiccia negazione collettiva delle interpretazioni che riportano alla complessità della psiche. Le principesse-tristi non fanno eccezione a questo clima culturale,
non sono libere di vivere la sessualità e l’affettività anche se immaginano che la loro sia una storia unica, legata ad eventi casuali.
La capacità d’amare e di vivere una sessualità appagante, sono funzioni elevate e complesse che richiedono l’accesso ad una relazione intima con un oggetto differenziato, integrato, totale.
Bisogna che la persona sia in grado di riconoscere l’esistenza dell’altro separato da sé e che viva, senza troppa colpa edipica, la sessualità e l’appagamento erotico.
Non sempre è facile o possibile vivere l’amore sessuale maturo che di per sé, è una condizione fragile ed instabile che richiede continui aggiustamenti e cambiamenti durante le diverse fasi della vita.
I pazienti nevrotici per i loro conflitti edipici sono fondamentalmente inibiti alla normale relazione d’amore. Infatti, i nevrotici hanno maturato la costanza dell’oggetto e una realistica capacità di valutazione di sé stessi e dell’altro, sono in grado di stabilire importanti e durature relazioni purché non sia coinvolta la sfera sessuale.
Le principesse-tristi, sono spesso rancorose hanno l’atteggiamento di chi si aspetta di essere risarcito da un torto subito.
Come poter aiutare le principesse-tristi?
Il perno della questione è una certa idea della femminilità e del ruolo della donna.
Le principesse-tristi restano in attesa, anche se apparentemente attive, sono arroccate nella loro torre solitaria, è sempre il principe che le deve raggiungere e coinvolgere nell’amore e nell’eros.

Se la conquista della felicità dipende da ognuno di noi, uomo e donna, essere felici può fare paura perché significa diventare protagonisti della propria vita. Non basta un principe qualsiasi ma serve che il nostro desiderio incontri, nella realtà, il desiderio dell’altro.

E allora qual'è l'antidoto per eccellenza alla paura? L'umorismo, la leggerezza, l'innocenza, la lealtà, la forza, la fede.... tutte doti presenti nel nostro "caparbio" contadino....

Maria Grazia Antinori
Psicologa, Psicoterapeuta

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Cara amica, Caro amico,

non ho ancora approfondito per quale motivo ho deciso di aprire questo Blog "Sorsi di luce"... probabilmente si tratta del bisogno, oggi così diffuso, di sentirsi in contatto .... di avere compagnia... di ascoltare e sentirsi ascoltati.

Non credo di avere delle cose importanti o stupefacenti da offrire...

ma..... probabilmente, solo la quieta serena confidenza di un'amica che di tanto in tanto ti segnala qualcosa che l'ha interessata.... che ha fatto vibrare per quache istante la sua anima.... qualche riflessione ad alta voce... senza alcuna pretesa.... semplicemente perchè sgorga naturalmente... come l'acqua del ruscello che ho scelto come l'immagine del blog.

Spero possa stare bene in mia compagnia ...  buon divertimento

 

TRAMONTO SUL MARE

 C'è un'ora del giorno in cui tutto cambia, è il tramonto, momento in cui il colore del cielo si tinge di rosa e il mare diventa lo specchio perfetto per tanta bellezza. A noi non resta che fermarci ed ammirarlo. sentendoci per un attimo parte di quella bellezza. 

 

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BENVENUTO

....così desidero immaginare questo blog come una bella festa da passare con tutti gli amici e parenti, vicini e lontani geograficamente e spiritualmente. Creare per rendere accogliente e gradevole la mia "casa", per poter condividere dei momenti sereni con gli invitati o semplicemente, come avviene nelle feste di paese, con i curiosi.

Ecco che allora il mio lavoro assume un significato più completo e gratificante: diventa come una bella pesca matura che si lascia cogliere, grata di aver avuto la fortuna di aver potuto vivere il suo scopo e poter liberare i suoi semi.

Perciò ti ringrazio amico mio. Il realizzare questo blog in tua compagnia, pensando alla nostra  possibile comunione, sera dopo sera,  è per me fonte di gioia. Spero che anche tu, leggendo, possa divertirti e conoscermi un pochino, almeno da sapere che, al di là della vita banale di tutti i giorni, dietro allo sguardo talvolta soprappensiero, c’è una persona che vive. 

 

 

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