Con la firma del Presidente della Repubblica, è entrata in vigore in Italia dal 28 febbraio 2006 la nuova legge sulle droghe, voluta dal governo di centrodestra.E’ una vera e propria controriforma che fa perno sulla demonizzazione della marijuana, ignorando le evidenze scientifiche: dalla sua equiparazione “morale” alle droghe pesanti al grido di “la droga è droga”, discende l’equiparazione penale con un drastico innalzamento delle pene detentive. Il possesso di qualsiasi sostanza, al di sopra di una soglia quantitativa predefinita in via amministrativa, è considerato spaccio presunto e punito col carcere, da sei a venti anni. Il furore ideologico si tradurrà in una dilatazione del sistema penitenziario e nel ritorno alla filosofia della “cura e custodia”, in ambito terapeutico: le pulsioni moralistiche si saldano così con la logica degli affari, aprendo il varco all’esecuzione penale affidata ai privati. La messa al bando della riduzione del danno disegna un orizzonte autoritario, di negazione della libertà terapeutica e conseguentemente dei diritti dei cittadini consumatori. Infine, gravissime saranno le ricadute dell’inasprimento repressivo sul carcere: ci sarà ulteriore sovraffollamento, più suicidi, più atti di autolesionismo. Tanto più gravi per i tossicodipendenti, che già oggi soffrono la pena aggiuntiva del vedersi negate le cure adeguate.L’approvazione del provvedimento è avvenuta forzando consolidate procedure istituzionali, senza dibattito in Parlamento, senza confronto con la grande maggioranza degli esperti e degli operatori. La legge viola la Costituzione e il principio di legalità, disprezza il pronunciamento popolare del 1993, cancella le norme sul giusto processo, nega il diritto alla salute, calpesta le autonomie regionali, è sorda alle ragioni della scienza. La scelta repressiva appare insensata nonché in aperto contrasto con le tendenze in atto nella gran parte dei paesi europei sino dagli inizi degli anni ’90. L’Europa sceglie, seppure in forme diverse, di spostare il centro delle politiche di controllo sulle droghe dal penale al sociale, in particolare investendo sulla depenalizzazione del consumo personale, sulla distinzione fra droghe leggere e pesanti, sulla riduzione del danno.Dobbiamo operare perché questa controriforma autoritaria eserciti i suoi effetti per il più breve tempo possibile: chiediamo al nuovo Parlamento, come primo atto, la sua abrogazione immediata attraverso lo strumento del decreto-legge.Ma non basta. Occorre imboccare con decisione la strada della riforma, sulla base del disegno di legge già sottoscritto in questa legislatura da oltre cento fra deputati e senatori del centrosinistra. Chiave di volta della riforma deve essere la completa depenalizzazione di tutte le condotte attinenti al consumo individuale, comprese la cessione gratuita e la coltivazione domestica; l’abolizione delle sanzioni amministrative; l’abbassamento generale delle pene previste per lo spaccio, fra le più alte d’Europa; la facilitazione ai programmi terapeutici alternativi per i detenuti con problemi legati alle tossicodipendenze e alcoldipendenze; l’utilizzo medico dei derivati della canapa; la sperimentazione di interventi innovativi di riduzione del danno (dal pill testing ai trattamenti con eroina, alle “stanze del consumo”); il consolidamento della rete dei servizi, pubblici e privati, che faccia perno sulla programmazione pubblica; l’integrazione nella stessa rete, a pieno titolo, degli interventi di bassa soglia; un più forte collegamento dei servizi per le tossicodipendenze con l’insieme dell’offerta sociale, per meglio difendere i diritti dei più emarginati, a cominciare dai migranti. Rilanciamo oggi queste proposte, promosse nel giugno 2003 dal cartello denominato “Dal penale al sociale”e riprese dal cartello “Non incarcerate il nostro crescere”. Intorno a queste, nella lotta contro la svolta punitiva, si è consolidata l’unità di un vasto arco di forze, composto di cittadini e consumatori, di operatori pubblici e privati, di sindacalisti, di giuristi, di amministratori comunali, provinciali e regionali. Né va dimenticata l’azione di movimento di “Confini zero”.Di fronte all’aumento delle barriere sociali, della stigmatizzazione e della sofferenza delle fasce più deboli, della criminalizzazione dei giovani e dei loro stili di vita, proponiamo con forza nuove politiche di tolleranza e inclusione sociale.La lotta per la riforma della politica delle droghe non può arrestarsi alla dimensione nazionale. Del resto, il sistema mondiale di proibizione delle droghe, attraverso le Convenzioni delle Nazioni Unite, rappresenta l’antecedente storico della globalizzazione. Ma l’unanimismo intorno alla guerra globale alla droga comincia a scricchiolare. Le politiche riformatrici di molti paesi europei; l’approvazione nel dicembre 2004 della Raccomandazione del Parlamento Europeo che per la prima volta critica senza ambiguità la strategia dell’Onu, subalterna agli Usa; la presa di posizione coraggiosa del nuovo presidente boliviano, Evo Morales, contro la criminalizzazione dell’uso tradizionale della foglia di coca: sono segnali di nuove feconde contraddizioni che occorre approfondire in vista del prossimo appuntamento delle Nazioni Unite sulle droghe, nel 2008.Allora i guerrieri della droga dovranno presentare il loro bilancio. Non ci potrà essere appello per il loro fallimento. L’Onu dovrà finalmente voltare pagina, mettendo in agenda il tema della regolamentazione delle droghe, oltre il dogma proibizionista.
PEACE ON DRUGSE ORA PACE!Manifesto per una politica delle droghe alternativa verso il 2008
Con la firma del Presidente della Repubblica, è entrata in vigore in Italia dal 28 febbraio 2006 la nuova legge sulle droghe, voluta dal governo di centrodestra.E’ una vera e propria controriforma che fa perno sulla demonizzazione della marijuana, ignorando le evidenze scientifiche: dalla sua equiparazione “morale” alle droghe pesanti al grido di “la droga è droga”, discende l’equiparazione penale con un drastico innalzamento delle pene detentive. Il possesso di qualsiasi sostanza, al di sopra di una soglia quantitativa predefinita in via amministrativa, è considerato spaccio presunto e punito col carcere, da sei a venti anni. Il furore ideologico si tradurrà in una dilatazione del sistema penitenziario e nel ritorno alla filosofia della “cura e custodia”, in ambito terapeutico: le pulsioni moralistiche si saldano così con la logica degli affari, aprendo il varco all’esecuzione penale affidata ai privati. La messa al bando della riduzione del danno disegna un orizzonte autoritario, di negazione della libertà terapeutica e conseguentemente dei diritti dei cittadini consumatori. Infine, gravissime saranno le ricadute dell’inasprimento repressivo sul carcere: ci sarà ulteriore sovraffollamento, più suicidi, più atti di autolesionismo. Tanto più gravi per i tossicodipendenti, che già oggi soffrono la pena aggiuntiva del vedersi negate le cure adeguate.L’approvazione del provvedimento è avvenuta forzando consolidate procedure istituzionali, senza dibattito in Parlamento, senza confronto con la grande maggioranza degli esperti e degli operatori. La legge viola la Costituzione e il principio di legalità, disprezza il pronunciamento popolare del 1993, cancella le norme sul giusto processo, nega il diritto alla salute, calpesta le autonomie regionali, è sorda alle ragioni della scienza. La scelta repressiva appare insensata nonché in aperto contrasto con le tendenze in atto nella gran parte dei paesi europei sino dagli inizi degli anni ’90. L’Europa sceglie, seppure in forme diverse, di spostare il centro delle politiche di controllo sulle droghe dal penale al sociale, in particolare investendo sulla depenalizzazione del consumo personale, sulla distinzione fra droghe leggere e pesanti, sulla riduzione del danno.Dobbiamo operare perché questa controriforma autoritaria eserciti i suoi effetti per il più breve tempo possibile: chiediamo al nuovo Parlamento, come primo atto, la sua abrogazione immediata attraverso lo strumento del decreto-legge.Ma non basta. Occorre imboccare con decisione la strada della riforma, sulla base del disegno di legge già sottoscritto in questa legislatura da oltre cento fra deputati e senatori del centrosinistra. Chiave di volta della riforma deve essere la completa depenalizzazione di tutte le condotte attinenti al consumo individuale, comprese la cessione gratuita e la coltivazione domestica; l’abolizione delle sanzioni amministrative; l’abbassamento generale delle pene previste per lo spaccio, fra le più alte d’Europa; la facilitazione ai programmi terapeutici alternativi per i detenuti con problemi legati alle tossicodipendenze e alcoldipendenze; l’utilizzo medico dei derivati della canapa; la sperimentazione di interventi innovativi di riduzione del danno (dal pill testing ai trattamenti con eroina, alle “stanze del consumo”); il consolidamento della rete dei servizi, pubblici e privati, che faccia perno sulla programmazione pubblica; l’integrazione nella stessa rete, a pieno titolo, degli interventi di bassa soglia; un più forte collegamento dei servizi per le tossicodipendenze con l’insieme dell’offerta sociale, per meglio difendere i diritti dei più emarginati, a cominciare dai migranti. Rilanciamo oggi queste proposte, promosse nel giugno 2003 dal cartello denominato “Dal penale al sociale”e riprese dal cartello “Non incarcerate il nostro crescere”. Intorno a queste, nella lotta contro la svolta punitiva, si è consolidata l’unità di un vasto arco di forze, composto di cittadini e consumatori, di operatori pubblici e privati, di sindacalisti, di giuristi, di amministratori comunali, provinciali e regionali. Né va dimenticata l’azione di movimento di “Confini zero”.Di fronte all’aumento delle barriere sociali, della stigmatizzazione e della sofferenza delle fasce più deboli, della criminalizzazione dei giovani e dei loro stili di vita, proponiamo con forza nuove politiche di tolleranza e inclusione sociale.La lotta per la riforma della politica delle droghe non può arrestarsi alla dimensione nazionale. Del resto, il sistema mondiale di proibizione delle droghe, attraverso le Convenzioni delle Nazioni Unite, rappresenta l’antecedente storico della globalizzazione. Ma l’unanimismo intorno alla guerra globale alla droga comincia a scricchiolare. Le politiche riformatrici di molti paesi europei; l’approvazione nel dicembre 2004 della Raccomandazione del Parlamento Europeo che per la prima volta critica senza ambiguità la strategia dell’Onu, subalterna agli Usa; la presa di posizione coraggiosa del nuovo presidente boliviano, Evo Morales, contro la criminalizzazione dell’uso tradizionale della foglia di coca: sono segnali di nuove feconde contraddizioni che occorre approfondire in vista del prossimo appuntamento delle Nazioni Unite sulle droghe, nel 2008.Allora i guerrieri della droga dovranno presentare il loro bilancio. Non ci potrà essere appello per il loro fallimento. L’Onu dovrà finalmente voltare pagina, mettendo in agenda il tema della regolamentazione delle droghe, oltre il dogma proibizionista.