sottoilsette

Latte


Girando la chiave nella toppa, Alessandro si rese conto di quanto era stanco. Forse dovrei smetterla con questi turni, si disse mentalmente. Concordo col capo dei nuovi orari, e mi godo un po’ la vita. Magari mi sparo una settimana di ferie e ce ne scappiamo in campagna. Affidiamo la piccola alla nonna e ce ne andiamo in qualche posto che non abbiamo mai visto. In fondo, uno che sgobba come me gli conviene tenerselo buono. Ma prima di tutto, una bella tazza di latte e poi a nanna. Al resto, ci pensiamo domani.Entrò piano, come faceva sempre quando entrava a quell’ora. Si tolse le scarpe per non svegliare la bambina e si diresse verso la cucina. La luce era accesa. Maria era seduta, e stava bevendo una di quelle cose che lui non riusciva nemmeno a pronunciare, figuriamoci berle. Si avvicinò e la baciò leggermente sui capelli.-          Ciao, lavoratore. Ti ho lasciato un po’ di ciambellone di mia madre. Col latte ci sta bene.-          Ehi… ancora alzata? Non sei stanca?Maria fece spallucce con una espressione indecifrabile, mentre Alessandro metteva la tazza con il latte nel forno a microonde per riscaldarlo.-          Mhhh… non è che la bambina sta poco bene? E tu… come stai?Maria alzò una mano e la scosse, un po’ come per calmarlo e contemporaneamente per tacitarlo. Alessandro prese il suo latte e si accomodò vicino a lei al tavolo. Solo allora notò il cordless sul tavolo. Lei aspettò che si fosse seduto per parlare.-          Alessandro, dobbiamo parlare.Alessandro sentì il sangue gelare. Frasi del genere, si sa, non portano mai nulla di buono. Maria prese il telefono in mano e premette il tasto ‘play’ per fargli ascoltare un messaggio. La voce di un uomo, molto disturbata, crepitò nel silenzio della cucina. Il tono era incerto, tipico di chi non sa se sta facendo una cosa buona o meno nel fare una telefonata. Piena di pause e di incertezze.-          Maria… scusami. Non… non avrei mai voluto chiamarti. Anzi… so che non avrei dovuto. Ma… ho un problema. Un problema serio… e davvero… non so cosa fare. Devo prendere una decisione… e temo che una decisione sbagliata possa… avere conseguenze disastrose… per me e per molte persone. So che… eravamo d’accordo che non ci saremmo sentiti mai più. Ma… qualche giorno fa… in una strana circostanza… ho trovato un tuo biglietto. …Ci ho pensato a lungo, credimi. E… ho bisogno di aiuto, Maria. Ma…in fondo… sono felice che tu non mi abbia risposto. Probabilmente… era destino. Bè… ciao. Scusa. Fai come se… non ti avessi mai cercato. In bocca al lupo. Per ogni cosa.Alessandro non aveva bevuto un goccio di latte. Osservava quel telefono come se ne dovesse uscire un mostro o chissà che cosa.-          Ma… che significa tutto questo?-          Alessandro, è Massimo. Non lo hai riconosciuto?-          Massimo? Quel Massimo?Maria annuì con una smorfia.-          Proprio lui.-          Ma se mi hai detto che non l’hai più sentito da…-          Ricordo bene quello che ti ho detto. E’ esattamente così.-          E quanti anni sono passati?-          Parecchi. Direi proprio parecchi.Stettero un po’ di tempo senza parlare. Alessandro si portò la tazza alla bocca. Il latte era gelido. Fece una smorfia, e lo rimise nel microonde.  -          Alessandro, conosco Massimo. Non mi avrebbe mai richiamato. Fidati. Lo so.-          E allora?-          Allora ha un problema serio. Un problema vero.-          Un problema suo – puntualizzò Alessandro.-          E’ vero – fece lei abbassando lo sguardo.-          Ma…?-          Ale, credo di aver capito a quale biglietto si riferisse Massimo.-          E…?-          In quel biglietto ci facemmo una promessa solenne. Ci promettemmo che qualsiasi cosa fosse avvenuta fra noi, non ci saremmo tirati indietro se uno di noi due avesse avuto bisogno l’umo dell’altro. Ci saremmo stati davvero. In qualunque circostanza.Alessandro prese la tazza e bevve, cercando di immaginare che quella conversazione non stesse avvenendo. Il latte bollente gli ricordò che non stava vivendo un incubo.-          Stai scherzando, vero?-          Ale, ascolta. Sono seria. Non ti sto prendendo in giro. Sai chi è stato Massimo per me, e come non sia assolutamente niente per me adesso. E perché. Ma è anche una persona che non sa minimamente che cosa significhi chiedere aiuto al prossimo, per nessuna ragione. Piuttosto che farlo, si taglierebbe un braccio, te lo assicuro. E’ convinto che qualunque cosa che posa accadergli, lui possa farcela da solo. Piuttosto che chiamarmi, si sarebbe buttato al fiume. E’ per questo che sono stupita quanto te e ti ho voluto fare ascoltare questa telefonata.Alessandro non credeva alle sue orecchie.-          E’ uno stupido pezzo di carta, per Dio!-          Ale, è ciò che mi rende… me. Da che mi conosci, io non ho mai mancato a una promessa. Mai. Anche nei confronti di chi ha mostrato di non meritarselo, e lo sai.-          Ma lui…-          Lui è zero. Ma io non potrei vivere sapendo che, mentre qualcuno che aveva bisogno del mio aiuto, io mi sono girata dall’altra parte e…Maria non riuscì a proseguire la frase. Alessandro sapeva a cosa lei si riferisse.Posò la tazza. Andò a prendere le scarpe.-          Cosa fai? – gli fece lei.-          Anche io ho fatto una promessa, tempo fa – le rispose sforzandosi di sorridere – ti accompagno.-          Alessandro, preferirei di no.La faccia di lui la colpì come un maglio, per quanto doveva sentirsi ferito ascoltando quella risposta.-          Mi chiedi davvero molto.-          Ti chiedo di guardare il fortino – fece lei indicando la stanza della bambina.Si avvicinò e lo carezzò dolcemente. Una lacrima le colava lungo la guancia.-          Non ho idea del motivo per cui sto andando. Ma so per quale motivo non posso fare a meno di tornare.Lo baciò delicatamente. Prima che lui ne fosse pienamente consapevole, la porta si era già chiusa. Fissò a lungo il telefono, poi si decise a bere il suo latte.Freddo.