Creato da sottoilsette il 24/03/2005

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Una ragazza del Pigneto parla. Stiamola a sentire.

Post n°79 pubblicato il 29 Gennaio 2009 da sottoilsette


Tengo a precisare che l'articolo non è mio, ma è una lettera integrale pubblicata sul giornale on line Abitare a Roma.


La scrive una ragazza che abita al quartiere Pigneto su un argomento che in questi giorni viene trattato dai media, secondo me, in maniera incompleta, superficiale e "spettacolare", per dare fiato al trombone di turno, che magari poco tempo fa ha votato CONTRO l'applicazione della legge sulla violenza sulle donne (l'iter più lungo di una legge parlamentare della storia della nostra repubblica) e adesso punta l'occhio della telecamera dicendo "èunavergogna" per farsi pubblicità personale.


Ma non divaghiamo.


Cinque minuti di attenzione. Grazie.


Sono una ragazza di 25 anni che vive, lavora e studia in una città bellissima come Roma, lontano dalla famiglia (sono di Arezzo). Ogni giorno mi trovo a dover tornare a casa da sola in un orario compreso tra le 18 e 21 - a seconda della mole di lavoro da svolgere - e la paura c'è, sarei un'ipocrita se dicessi il contrario. A volte in autobus penso a mia madre che pur di non dirmi che muore dalla paura di sapermi da sola in giro, spende fior di quattrini per "accompagnarmi" telefonicamente per tutta la strada, parlando del più e del meno.

Sabato sera il mio compagno era fuori Roma e io ho deciso di andare al cinema con due amici, consapevole del fatto di dover poi rincasare da sola con il notturno. E' stato atroce sentire la voce rotta di mia madre al telefono quando le ho detto che stavo uscendo, ma eravamo entrambe tacitamente convinte che nessuna delle due si sarebbe fatta sopraffare dalla paura. Io non sarei rimasta in casa e lei non mi avrebbe mai chiesto di farlo. Perché lei ha lottato contro questo prima di me, ha gridato, marciato, manifestato con altre compagne per cercare di combattere la violenza contro le donne, per rendere lo stupro un reato, per ottenere una pena certa per i colpevoli, per non sentirsi dire che “alla fine se l’hanno violentata qualcosa avrà fatto per cercarsela no?!”. No.No.

Alla fine non credo però che l'ultima cosa sia stata debellata ma insomma…Forse non avrebbero voluto che le loro figlie si trovassero di nuovo a combattere contro certi temi, certi soprusi e purtroppo contro un certo modo di pensare. Ma questo non ci deve assolutamente inibire, demoralizzare e soprattutto impaurire. Anzi: ci deve rendere più forti di prima. Ci deve spingere a ribellarci ancora una volta contro questa società che ci vuole fighe, tacco venti, rossetto lucido e sempre pronte a dire sì. Io non ci sto!. E se dico no è no.

E questo non ha nulla a che vedere con il moralismo del “darla non darla”, ma col diritto di scegliere con chi andare. Mi sento ferita e umiliata come donna e come individuo, per tutte le violenze che quotidianamente le mie sorelle subiscono. Capisco,comprendo e giustifico la rabbia della mia coetanea violentata l'ultimo dell'anno che ha gridato di farsi giustizia da sola, in seguito alla notizia che il suo stupratore aveva ricevuto, come misura cautelare, gli arresti domiciliari in attesa del processo. Capisco il dolore dei genitori, fratelli, fidanzati e amici di ogni donna violentata e abusata. Capisco le donne che venerdì sono scese in strada a Guidonia e le ammiro per il coraggio di aver gridato e scritto nei cartelli Io non ho paura.

Purtroppo però, perdonatemi se potete, non tollero che alla violenza si risponda violenza. Non tollero le ronde di Forza Nuova che hanno promesso "taniche di benizina per bruciarli tutti" - gli immigrati -, non tollero che si pretenda l'espulsione immediata per tutti gli albanesi, romeni, rom indiani e chi più ne ha più ne metta. Questo per dire che non tutti gli stranieri sono dei carnefici, degli stupratori alcolizzati o pedofili.

Vi vorrei ricordare Davide Franceschini, il ragazzino di 22 anni che l'ultimo dell'anno ha stuprato quella ragazza è italiano come me, come te, come tutti noi. Ma non mi sembra che siano state fatte ronde per picchiare i suoi amici e i suoi coetanei. Non mi sembra che siano usciti articoli in cui si diceva che tutti i ragazzi italiani di 20 anni sono stupratori folli. Io non voglio fare l'avvocato difensore di nessun colpevole, di nessun colpevole. Ma degli innocenti che hanno in comune con questi criminali solo la nazionalità sì, mi autoproclamo avvocato difensore.

Io pretendo che la giustizia faccia il proprio corso, pretendo che ci siano pene certe senza alcun tipo di attenuante o di condono per qualsivoglia buona azione o comportamento. Pretendo che qualunque individuo di sesso maschile, a prescidere dall'età – vorrei ricordarvi che non più di dieci giorni fa una bidella ha impedito in extremis che due o tre ragazzini di 14, 15 e 16 anni violentassero in classe una compagna di 13 anni – conosca e condivida il significato della frase rispetto dei diritti delle donne.

E qui entriamo in gioco noi: madri, amiche, sorelle, cugine e fidanzate. Noi che riusciamo a sopportare pesi e sofferenze enormi, noi che abbiamo il coraggio di amare incondizionatamente senza se e senza ma dobbiamo farci carico di insegnare per prime il rispetto per noi stesse. E dobbiamo farlo subito, scendendo in piazza, pretendendo il sacrosanto diritto di poter uscire per strada la sera, di poter prendere i mezzi notturni senza correre il rischio di venir aggredite.

E tutto questo non implica il fatto di mettere sotto assedio militare le nostre città. Io non voglio uscire e trovare i militari sotto casa, non posso vivere con questi immagini di guerra davanti agli occhi. Non voglio passare da una paura ad un’altra. Siamo o non siamo un paese civile? Dimostriamolo una volta per tutte porca miseria.


 



 


 


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