Creato da soul_woman il 20/02/2006

chocolate factory

La capacità di stupirsi di fronte alle cose, senza fare mille congetture...

 

 

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Angeli

Post n°44 pubblicato il 21 Dicembre 2006 da soul_woman

La prima sensazione che provo non appena metto piede a Praga è di incredibile freddo che attacca l’unica parte del mio corpo rimasta scoperta: la faccia. A dire il vero sono vestita come il classico siciliano che va al nord e si imbacucca dalla testa ai piedi sapendo che troverà temperature a lui poco consone. Il mio abbigliamento prevede: scarponi della Lamberjack datati 1996, che possono vantare centinaia (se non migliaia) di km macinati in tutti questi anni, per non parlare della scalata sul monte Amiata in mezzo alla neve e a -7°; calzettoni di lana di 2 misure più grandi; lupetto; maglione di lana a doppio filo; jeans doppi; sciarpa, guanti e berretto di lana; e per finire maxi giubbotto in piuma d’oca, ottenuto con i punti della Esso, che perde piume ad ogni passo e se mi vedesse la protezione animali mi arresterebbe per sterminio di oche.

La nostra mappa scaricata da internet, con tutto il percorso segnato per raggiungere l’hotel dall’aereoporto, ci dice che dobbiamo prendere il bus n° 119, arrivare al capolinea con la fermata della metropolitana, scendere all’altro capolinea e poi proseguire per 400 metri. La prima domanda che sorge in mente è: quale è la fermata del bus n° 119? Con le valigie al seguito camminiamo in lungo ed in largo alla ricerca di una fermata, circondati dai tassisti che come avvoltoi aspettano la morte del nostro spirito avventuriero per portarci, con i loro “special prices”, dove vogliamo noi. Ma poi ci abbandoniamo a quello che è il più sacrosanto dei principi per chi si trova in difficoltà: seguire la massa. E la massa si annida in un punto preciso che sembra essere proprio il nostro primo obiettivo. Il display luminoso ci indica che il bus passerà tra 4 minuti. In questi 4 minuti dobbiamo riuscire a fare i biglietti nella macchinetta automatica posta lì accanto e guardare sulla cartina il percorso che realmente dobbiamo fare. Vista la nostra indecisione davanti la macchinetta dei biglietti, si avvicina un signore anziano che ci spiega, in perfetto inglese, come fare i biglietti, quanto costano, e quanto durano. Lo ringraziamo ma di fronte alla nostra indecisione e alla nostra incapacità di districarci con le corone ceche, il tizio prende i soldi direttamente dalle nostre mani, li inserisce nella macchinetta e ci fa uscire i nostri biglietti. Wow, è fantastico. Dopo si mette pure a indicare sulla cartina dove siamo, e spiegandoci dove dobbiamo andare ci indica il lato opposto della città, oltre che a ripeterci l’itinerario stampato. E proprio mentre lui ci illumina arriva il bus. Vorremmo ringraziarlo ma appena ci voltiamo lui è scomparso. Abbiamo visto un angelo.

Sul bus mi sistemo in un punto con la mia valigia accanto piuttosto in bilico. L’autista, in maglietta a maniche corte e con la faccia di chi non ha fatto altro che bere birra da stamattina, guida come se avesse una ferrari per le mani ed affronta le curve con troppa disinvoltura. In una di queste curve la mia valigia cade e finisce addosso ad un ragazzo seduto di fronte a me. Ed ho la mia seconda visione: un ragazzo alto, magro, con i capelli castani, il viso liscio e gli occhiali alla Harry Potter. È bellissimo! Se tutti i  ragazzi di Praga sono così belli giuro che mi trasferisco. Lui mi sorride, imbarazzato per lo spiacevole incidente, ma poi torna a guardare fuori dal finestrino.  Potrei presentarmi, parlare con il mio inglese ingarbugliato e sapere come si chiama, magari fargli sapere che sarò qui per qualche giorno e si potrebbe organizzare qualcosa di divertente. Poi il bus arriva al capolinea, scendono tutti ed anche Harry Potter che sparisce, assieme alla sua valigia, tra la folla. Aveva una valigia? Allora anche lui era un turista. Chissà da dove veniva e dove andava. Lo cerco ancora alla fermata della metropolitana, ma anche lui si è dileguato nel nulla. Che fosse un altro angelo?

Il viaggio in metropolitana è più tranquillo ma il problema nasce all’uscita. La mappa dice che tra 400 metri troveremo l’hotel. Si ma in quale direzione? 400 metri in una città straniera sono un’infinità. Giriamo su noi stessi, cercando di orientarci attraverso i nomi delle strade, ma dopo 10 minuti siamo sullo stesso punto. Allora chiediamo informazioni ad una dona che non capisce niente di inglese ma che finisce per indicarci lo stesso la strada. Vorremmo ringraziarla ma anche lei è sparita. Ma sono tutti così eterei in questa città?

L’hotel non è male: al 9° piano di un palazzo in periferia, con una vista che non è niente di che ma con un potente riscaldamento piazzato nella stanza. L’unica cosa negativa è che non potrò fare 9 piani a piedi e sarò costretta a prendere l’ascensore, ma per fortuna non sono da sola e ce la posso fare. Appena arrivo in stanza  mi butto sul letto come un sacco di patate. Sono stanca, è da stamattina alle 4 che sono sveglia ma di certo non sono venuta qui per riposare. Il tempo di darsi una sciacquata e sono già pronta per scendere.

 
 
 
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