Con il termine “fobie” intendiamo tutte quelle paure inconsce, spesso nei confronti di oggetti, animali o situazioni del tutto innocue, che suscitano in noi reazioni inspiegabili, assai simili al panico. Le fobie fanno parte della natura umana ed è per questo che tutti quanti ne soffriamo, chi più, chi meno. Io per esempio amo farne collezione, così mi sento incredibilmente umana. Una di queste è la paura degli spazi chiusi, nata probabilmente in età giovanile, quando ho cominciato a dormire in una stanza piccola e stretta, senza finestre, e di notte sognavo che le pareti della stanza mi schiacciassero, e mi svegliavo di soprassalto con il fiato spezzato come di chi sta per soffocare. La cosa “bella” delle fobie è che, in un certo senso, aiutano ad abbattere i freni inibitori e ci consentono di comportarci in maniera del tutto naturale di fronte alle persone che abbiamo di fronte. Quando abbiamo un attacco di panico non ci importa di chi abbiamo attorno, non ci interessa di essere giudicati dagli altri come delle persone deboli e incapaci, perché in quel momento abbiamo paura ed in quel momento non c’è tempo per i convenevoli.Ancora oggi mio padre mi prende in giro perché una volta pensavo di essere rimasta chiusa dentro una cabina telefonica, e gridavo aiuto a mia zia, per poi accorgermi che bastava spingere la porta con un po’ più di forza. ecco, le fobie non ti fanno ragionare, agisci solo d’impulso e ti blocchi di fronte al primo problema. Mia cugina poi, dall’alto della sua infinita bontà, mi raccontava cose terribili accadute in ascensore, tipo che delle persone erano rimaste intrappolate, non potevano più uscire e poi l’ascensore si era rotto e loro erano caduti nel vuoto all’infinito. E altre storie più o meno di questo genere. Provate quindi ad immaginare che reazione potessero avere parole simili in una bambina che già cominciava a manifestare i primi sintomi di questo strano malessere e che se lo sarebbe portato dietro per tutta la vita. Da allora ho cominciato ad avere una particolare avversione nei confronti degli ascensori, al punto che quando andavo a trovare mia zia preferivo farmi 7 piani a piedi piuttosto che rischiare di rimanere chiusa in quel malefico ascensore che nascondeva dentro di se centinaia di racconti del terrore…Tutti i luoghi chiusi sono per me motivo di sofferenza: non solo gli ascensori (che ancora oggi prendo solo in casi estremi e solo dopo aver controllato che il telefono ha la batteria carica e tutte le tacche della ricezione attive), ma anche le stanze troppo piccole e affollate, tutti i luoghi recintati e i bagni pubblici. Già, i bagni pubblici, un vero incubo. Se posso evito di andarci, preferisco tenermela fino a quando torno a casa, ma a volte non si può. L’idea di finire chiusa in un bagno pubblico, freddo e squallido, circondata di merda non è certo ai primi posti del mio indice di gradimento. Però a volte le fobie occorre sconfiggerle, affrontandole di petto e comportandosi da persona adulta, saggia e preponderata, che non pensa sempre al peggio ma vive le situazioni con tranquillità. È questo che ho pensato quando ho deciso di andare in bagno pochi minuti fa, sprezante del pericolo e con l’atteggiamento di chi per tutta la vita non ha fatto altro che entrare ed uscire dai bagni pubblici. Ed allora perché la porta non si apre?Io lo sapevo che non mi dovevo fidare, lo sapevo che prima o poi sarebbe successo. E pensare che all’inizio la porta non voleva neppure chiudersi a chiave, ed anzi ero quasi contenta ed ho utilizzato lo stratagemma del piede davanti la porta a bloccare le eventuali intrusioni di pubblico. Ed invece questa cazzo di porta mi ha fregata. Premo il pulsantino che dovrebbe aprirla ma non si apre. Eccomi qua, chiusa dentro il bagno dell’aereoporto di Milano, l’aereo per Praga parte fra mezz’ora ed io sono intrappolata qui dentro. Tra poco i miei amici si stancheranno di aspettarmi, si imbarcheranno e mi lasceranno qui, sola ed abbandonata, fino a quando l’addetto alle pulizie si accorgerà di questo bagno chiuso da tempo e quando lo aprirà troverà di fronte il viso stanco ed impaurito di chi vi è rimasto intrappolato per giorni. E non ho neppure un cellulare per avvertire… apriti, merda di una porta, apriti… Si è aperta, non so come ma si è aperta, sono libera, sono libera… Aria, voglio respirare aria, voglio andare a Praga… La signora di fronte a mi guarda un po’ attonita, ma non mi importa che cosa abbia potuto pensare. Esco dal bagno, gli altri mi aspettano e non si sono accorti di nulla. Meglio così, meglio non dare elementi così chiari per essere presi in giro eternamente.
LE FOBIE
Con il termine “fobie” intendiamo tutte quelle paure inconsce, spesso nei confronti di oggetti, animali o situazioni del tutto innocue, che suscitano in noi reazioni inspiegabili, assai simili al panico. Le fobie fanno parte della natura umana ed è per questo che tutti quanti ne soffriamo, chi più, chi meno. Io per esempio amo farne collezione, così mi sento incredibilmente umana. Una di queste è la paura degli spazi chiusi, nata probabilmente in età giovanile, quando ho cominciato a dormire in una stanza piccola e stretta, senza finestre, e di notte sognavo che le pareti della stanza mi schiacciassero, e mi svegliavo di soprassalto con il fiato spezzato come di chi sta per soffocare. La cosa “bella” delle fobie è che, in un certo senso, aiutano ad abbattere i freni inibitori e ci consentono di comportarci in maniera del tutto naturale di fronte alle persone che abbiamo di fronte. Quando abbiamo un attacco di panico non ci importa di chi abbiamo attorno, non ci interessa di essere giudicati dagli altri come delle persone deboli e incapaci, perché in quel momento abbiamo paura ed in quel momento non c’è tempo per i convenevoli.Ancora oggi mio padre mi prende in giro perché una volta pensavo di essere rimasta chiusa dentro una cabina telefonica, e gridavo aiuto a mia zia, per poi accorgermi che bastava spingere la porta con un po’ più di forza. ecco, le fobie non ti fanno ragionare, agisci solo d’impulso e ti blocchi di fronte al primo problema. Mia cugina poi, dall’alto della sua infinita bontà, mi raccontava cose terribili accadute in ascensore, tipo che delle persone erano rimaste intrappolate, non potevano più uscire e poi l’ascensore si era rotto e loro erano caduti nel vuoto all’infinito. E altre storie più o meno di questo genere. Provate quindi ad immaginare che reazione potessero avere parole simili in una bambina che già cominciava a manifestare i primi sintomi di questo strano malessere e che se lo sarebbe portato dietro per tutta la vita. Da allora ho cominciato ad avere una particolare avversione nei confronti degli ascensori, al punto che quando andavo a trovare mia zia preferivo farmi 7 piani a piedi piuttosto che rischiare di rimanere chiusa in quel malefico ascensore che nascondeva dentro di se centinaia di racconti del terrore…Tutti i luoghi chiusi sono per me motivo di sofferenza: non solo gli ascensori (che ancora oggi prendo solo in casi estremi e solo dopo aver controllato che il telefono ha la batteria carica e tutte le tacche della ricezione attive), ma anche le stanze troppo piccole e affollate, tutti i luoghi recintati e i bagni pubblici. Già, i bagni pubblici, un vero incubo. Se posso evito di andarci, preferisco tenermela fino a quando torno a casa, ma a volte non si può. L’idea di finire chiusa in un bagno pubblico, freddo e squallido, circondata di merda non è certo ai primi posti del mio indice di gradimento. Però a volte le fobie occorre sconfiggerle, affrontandole di petto e comportandosi da persona adulta, saggia e preponderata, che non pensa sempre al peggio ma vive le situazioni con tranquillità. È questo che ho pensato quando ho deciso di andare in bagno pochi minuti fa, sprezante del pericolo e con l’atteggiamento di chi per tutta la vita non ha fatto altro che entrare ed uscire dai bagni pubblici. Ed allora perché la porta non si apre?Io lo sapevo che non mi dovevo fidare, lo sapevo che prima o poi sarebbe successo. E pensare che all’inizio la porta non voleva neppure chiudersi a chiave, ed anzi ero quasi contenta ed ho utilizzato lo stratagemma del piede davanti la porta a bloccare le eventuali intrusioni di pubblico. Ed invece questa cazzo di porta mi ha fregata. Premo il pulsantino che dovrebbe aprirla ma non si apre. Eccomi qua, chiusa dentro il bagno dell’aereoporto di Milano, l’aereo per Praga parte fra mezz’ora ed io sono intrappolata qui dentro. Tra poco i miei amici si stancheranno di aspettarmi, si imbarcheranno e mi lasceranno qui, sola ed abbandonata, fino a quando l’addetto alle pulizie si accorgerà di questo bagno chiuso da tempo e quando lo aprirà troverà di fronte il viso stanco ed impaurito di chi vi è rimasto intrappolato per giorni. E non ho neppure un cellulare per avvertire… apriti, merda di una porta, apriti… Si è aperta, non so come ma si è aperta, sono libera, sono libera… Aria, voglio respirare aria, voglio andare a Praga… La signora di fronte a mi guarda un po’ attonita, ma non mi importa che cosa abbia potuto pensare. Esco dal bagno, gli altri mi aspettano e non si sono accorti di nulla. Meglio così, meglio non dare elementi così chiari per essere presi in giro eternamente.