ITALIA DEMOCRATICA.

Un pò di Storia 3


In Italia i complotti piacciono. Non c’è da stupirsene, viste le “manine” e “manone” che hanno mosso la nostra storia recente. Anche Mani pulite è stata ed è interpretata – spesso e da sponde opposte – come il risultato di un complotto. Di “toghe rosse” all’opera per portare al potere i “comunisti”. Del “capitalismo” e della “finanza” per realizzare le privatizzazioni a basso costo. Dei servizi segreti, per guidare il cambiamento del sistema politico. A questo proposito, si può raccontare una storia accaduta tra il 1992 e il 1993 e che sembra dimostrare come Di Pietro e colleghi, più che essere aiutati e diretti dai servizi segreti, siano stati controllati e ostacolati.Nel luglio 1992, un avvocato, Franco Sotgiu, si presenta nell’ufficio di Piercamillo Davigo dicendogli che un suo cliente, l’architetto Bruno De Mico (già coinvolto nell’inchiesta sulle “carceri d’oro”), ha importanti comunicazioni da fargli. Il magistrato si aspetta dichiarazioni a verbale su episodi di tangenti. Ma, dopo un appuntamento andato a vuoto, l’avvocato Sotgiu gli propone un luogo d’incontro alternativo, un appartamento: Davigo, prudente, lo esclude; non accetta alcun incontro sull’inchiesta fuori dai luoghi deputati, il palazzo di Giustizia, le caserme. Viene infine concordato un appuntamento presso la caserma dei carabinieri di via Moscova. De Mico finalmente arriva, ma rifiuta che le sue dichiarazioni siano messe a verbale: non riguardano l’inchiesta, dice, ma la sicurezza dei magistrati. E racconta. Prende spunto dall’arresto di Salvatore Ligresti, appena avvenuto, per mettere in guardia gli uomini del pool: Ligresti, costruttore siciliano potentissimo a Milano, è un personaggio di grande spessore e di altissima pericolosità, dice De Mico, ha rapporti segreti con ambienti criminali italoamericani. Ma proprio per questo, prosegue, vi sono altri “ambienti americani” che sono disponibili a dare una mano al pool, per garantire la sicurezza dei magistrati e per aiutare a riportare in Italia i latitanti di Mani pulite (in quel momento, il cassiere segreto di Craxi Silvano Larini). Quegli “ambienti americani”, continua De Mico, sarebbero entrati in azione dopo un segnale che provenisse dal pool: la partecipazione di un magistrato, preferibilmente Di Pietro, a Sixty Minutes, un noto programma trasmesso dal network televisivo statunitense Cbs. Davigo è perplesso, sente odore di bruciato in questa storia in cui sono evocate la mafia e la Cia: sa che la magistratura italiana non può avere rapporti con i servizi segreti. Sospetta un “trappolone”: che cosa succederebbe se qualcuno riuscisse a dimostrare che Mani pulite accetta di avvalersi di collaborazioni illegittime, vere o immaginarie, magari di 007 made in Usa? Stende un rapporto per il procuratore Francesco Saverio Borrelli e poi apre un’indagine a carico di De Mico e di ignoti per il reato ipotizzato dall’articolo 246 del codice penale: spionaggio per conto di Stati stranieri. Le perplessità aumentano quando l’avvocato Sotgiu telefona a Davigo chiedendo un incontro immediato: “Le devo parlare, vengo a casa sua”. Il magistrato rifiuta e rilancia: “Se vuole, ci vediamo nel suo studio”. Anche questa volta Sotgiu rifiuta la verbalizzazione: Davigo allora se ne va, lasciando sul posto un capitano dei carabinieri, che come ufficiale di polizia giudiziaria può avvalersi di fonti confidenziali. In questo e in un ulteriore incontro con l’ufficiale, Sotgiu ribadisce per conto di De Mico la disponibilità di non meglio specificati “ambienti americani”, che sarebbero pronti a consegnare Larini al pool, purché non sia loro chiesto come Larini sia fatto arrivare in Italia: la proposta, par di capire, è quella di un rapimento stile 007. L’ufficiale, opportunamente istruito, non solo non offre garanzie d’impunità, ma anzi diffida apertamente dal compiere reati. Con questo, i rapporti si interrompono. Nelle settimane seguenti, Borrelli, accompagnato dal procuratore generale Giulio Catelani, si reca al Quirinale, per informare della vicenda il presidente Oscar Luigi Scalfaro. È accolto con estrema cortesia e grande cordialità. Ma quando comincia a capire il motivo della visita, il presidente smorza progressivamente il suo sorriso e diventa via via più freddo, più distaccato; quasi brusco, al congedo: lascia intendere che la questione non è di sua competenza e che non ne vuole sapere. A un decennio di distanza, i magistrati del pool non hanno ancora maturato certezze su questa vicenda. Reale intromissione di agenzie straniere? Iniziativa personale di De Mico? O “trappolone”, come lo chiama Davigo, tentativo di far compiere qualche passo falso ai magistrati?DA  :  http://www.societacivile.it/focus/articoli_focus/mani_pulite.html