ITALIA DEMOCRATICA.

PRINCIPI LOCALI


Ottimi ConsiglieriEvviva il federalismo, evviva le regioni: ogni capoluogo si sente capitale, ogni assemblea vuole imitare Montecitorio. Ma che bel mestiere fare il consigliere: Lombardia, Lazio, Abruzzo, Emilia Romagna, Calabria gli elargiscono il 65 per cento del compenso riconosciuto al deputato. E più si sentono autonomi, più si premiano. I sardi, infatti portano a casa l'80 per cento dell'indennità nazionale a cui vanno aggiunte tutte le voci previste alla Camera: la diaria, i rimborsi, la segreteria. A conti fatti si superano i 10 mila euro. E non è finita qui. I consiglieri isolani hanno inventato anche i fondi per i gruppi: 2 mila e 500 euro per ogni consigliere più altri 5 mila al gruppo di almeno cinque persone. Inoltre, quando sono a Roma, hanno diritto a un auto blu con autista.In passato la Sardegna si distingueva anche per le sue generose buonuscite: 117 mila euro per consigliere. La chiamavano 'indennità di reinserimento', come si fa con i tossici usciti da San Patrignano. Ora è stata ridotta a 48 mila euro, speriamo che non ricadano nel vizio. Quella del reinserimento è una moda diffusa. Il Molise ha appena varato un sostanzioso "premio di reinserimento nelle proprie attività di lavoro" a tutti i consiglieri trombati o non ricandidati: così l'onorevole Aldo Patricello dell'Udc, dimessosi per diventare europarlamentare, si prende più di 72.700 euro ed è primo della speciale classifica, al pari dei diessini Nicolino D'Ascanio (attuale presidente della Provincia di Campobasso) e Antonio D'Ambrosio e a Italo Di Sabato di Rifondazione. Ai privilegi infatti ci si affeziona. L'ex governatore pugliese Raffaele Fitto di Forza Italia aveva ottenuto l'auto blu per alleviare i primi cinque anni senza carica. La delibera è stata cambiata dopo le contestazioni, ma la giunta di sinistra non si è dimenticata degli ex: le pensioni sono state ritoccate. Al rialzo. Perché in Puglia il benefit è ecumenico: anche alcune delle 19 Lancia Thesis noleggiate dalla Regione sono a disposizione dei 12 assessori uscenti. Le strade del bonus sono infinite. Un'altra veste giuridica per coprire l'ennesima erogazione va sotto il nome di indennità di funzione per i vertici di giunte e commissioni su misura. Per questo ogni giorno ne nasce una nuova. La Campania deteneva il record nazionale: l'anno scorso le commissioni erano 18. Ognuno dei presidenti intasca 1.650 euro in più al mese, oltre allo stipendio di consigliere regionale (circa 7 mila euro). Poi ci sono le spese di rappresentanza (in media 400 euro mensili) e quelle per il personale distaccato (9.550 euro al mese per un massimo di sei dipendenti a organismo): totale, 180 mila euro. La settimana scorsa, dopo un'ondata di indignazione, la Regione ne ha abrogate sei. Ma dal 2000 al 2005 le indennità dei consiglieri sono passate da 18 milioni a 30 milioni di euro all'anno mentre i benefit sono saliti da 18 a 30 milioni. Nella regione dell'emergenza perenne quei fondi potevano trovare impiego migliore.Vizi privatiI bilanci aziendali grondano utili e il titolo vola in Borsa? Complimenti ai manager: si meritano un bell'aumento di stipendio. Profitti in calo e quotazioni in ribasso? La musica non cambia: i compensi di amministratori delegati e direttori generali crescono comunque. In Italia, quasi sempre, funziona così. Le retribuzioni dei massimi dirigenti delle società quotate in Borsa si muovono a senso unico: verso l'alto. Stock option, bonus o incentivi vari corrono a gran velocità se l'azienda fa faville. In caso contrario aumentano più lentamente, ma aumentano comunque. Prendiamo l'esempio di Mediaset. L'anno scorso il titolo ha perso lo 0,3 per cento e gli utili sono aumentati del 9 per cento. Difficile definirla una performance brillante. Eppure il presidente Fedele Confalonieri ha visto raddoppiare il suo compenso a 4,7 milioni grazie anche a un bonus di 2 milioni. Telecom Italia, che ha chiuso l'ultimo esercizio con utili di gruppo in aumento del 77 per cento, ha invece deluso in Borsa con un calo del 17,6 per cento tra gennaio e dicembre del 2005. Insomma, per i soci c'è poco da festeggiare, ma i compensi del presidente (dimissionario dal 15 settembre scorso) Marco Tronchetti Provera sono comunque aumentati del 66 per cento: da 3,1 a 5,2 milioni.Se non bastassero premi e incentivi vari, i manager italiani sono riusciti a cavalcare alla grande anche il gran rialzo di Borsa che dura ormai da quasi tre anni. Come? Grazie alle stock option, cioè le azioni a prezzi di favore assegnate ai manager come forma di retribuzione. Con la riforma fiscale varata dal governo in piena estate questo strumento è diventato molto meno conveniente per i dirigenti, obbligati a inserire nella dichiarazione dei redditi i guadagni derivanti dall'esercizio delle opzioni. Nel frattempo, però, qualcuno era già passato alla cassa. Ai primi posti nella speciale classifica dei super compensi da stock option troviamo così un paio di banchieri protagonisti di grandi operazioni societarie varate in questi mesi. Corrado Passera di Banca Intesa, prossima sposa di Sanpaolo Imi, ha guadagnato 9,9 milioni e poi li ha reinvestiti in titoli del suo istituto. Scelta quanto mai azzeccata, visto che dall'inizio del 2006 le quotazioni di Banca Intesa sono cresciute del 25 per cento. Anche Giampiero Auletta Armenise numero uno di Bpu (Banche Popolari Unite) si prepara alla prossima fusione con Banca Lombarda forte di un guadagno extra di 7,5 milioni realizzato nel 2005 grazie alle sue stock option.Il gran rialzo del listino azionario ha finito per creare anche un altro gruppo di privilegiati. Banchieri, avvocati, consulenti d'immagine e pubblicitari: sono loro i veri vincitori della grande lotteria delle matricole di Borsa. Una febbre da quotazione che ha portato sul listino una ventina di nuove società negli ultimi mesi, coinvolgendo migliaia e migliaia di risparmiatori. Solo che gli investitori si sono presi il rischio di bidoni e ribassi. I banchieri invece guadagnano comunque. Come è puntualmente successo anche per lo sbarco in Borsa della Saras, l'azienda petrolifera della famiglia Moratti. L'operazione ha fruttato circa 2 miliardi alla famiglia di industriali milanesi. Ai risparmiatori è andata molto peggio, visto che in meno di sei mesi dalla quotazione il titolo ha perso quasi il 30 per cento. Un disastro, ma i banchieri del consorzio di collocamento guidato dalla banca d'affari americana Jp Morgan, affiancata da Caboto (Banca Intesa), hanno comunque incassato la loro provvigione: quasi 40 milioni di euro. A cui vanno aggiunti altri 12 milioni da dividere tra consulenti legali, d'immagine e altri ancora. Mica male per un flop. Servizi extraIl 16 dicembre, quando lasceranno i vertici dell'intelligence, avranno già distrutto molti segreti. Qualche carta, invece, la porteranno con sé a futura memoria. Niente di strano: funziona così in tutto il mondo. Emilio Del Mese, Nicolò Pollari e Mario Mori stanno facendo le valigie e si preparano al passaggio di consegne con i loro successori. Ma i conteggi della loro pensione, con relativa buonuscita, sono già pronti. Così, secondo quanto risulta a 'L'espresso', ai tre illustri pensionandi il governo avrebbe riconosciuto una liquidazione che sfiora quota un milione e 800 mila euro. Una somma che forse farà alzare qualche sopracciglio, ma che sarà certamente stata costruita nel pieno rispetto di leggi e contratti e che, in ogni caso, riguarda tre persone che hanno servito lo Stato ad alto livello per oltre 40 anni. Più anomala l'entità della pensione: ogni mese 31 mila euro lordi. A questo importo-monstre si è arrivati cumulando lo stipendio con l'indennità di funzione, che nei servizi chiamano 'indennità di silenzio'. Chi presta servizio al Sisde o al Sismi, infatti, di solito guadagna il doppio rispetto al parigrado che è rimasto in divisa. E l'avanzamento nei servizi è molto discrezionale e rapido. Quando la barba finta va in pensione, però, non si porta dietro quella ricca indennità: il privilegio dei privilegi riconosciuto solo ai capi. Per il resto, chi fa il militare o il poliziotto, di privilegi veri ne ha pochi. Gli stipendi sono bassi e spesso poco rispettosi dell'alto grado di rischio o di stress. Con il tesserino si può viaggiare gratis sui mezzi pubblici e, spesso, godersi gratis la partita di calcio. Ma definirli privilegi sarebbe un po' ardito.La via NazionaleNon ci sono più gli affitti agevolati negli immobili di proprietà della banca. Né il caro-legna, un sussidio alle spese per il riscaldamento, o la speciale indennità per gli autisti della sede di Venezia, che guidano il motoscafo invece dell'auto blu. Così come sono un ricordo del passato gli straordinari benefici pensionistici di quando si poteva andare a casa con 20 anni di servizio e un assegno che restava ancorato alle retribuzioni. Anche nell'era di Mario Draghi la Banca d'Italia continua però a dispensare un trattamento ultra-privilegiato ai suoi dipendenti. Basta pensare che gli stipendi dei magnifici quattro del Direttorio di palazzo Koch (il governatore, il direttore generale e i due vice) sono segreti. Scavando un po' si può scoprire che oggi i funzionari generali hanno un lordo annuo di 110 mila euro. Gli oltre 200 direttori di filiale stanno a quota 64 mila; i funzionari di prima a 49 mila e 200. Ma allo stipendio-base si aggiunge una giungla di altre voci che arrotonda la cifra finale. Siccome lavorare stanca, c'è per esempio uno stravagante premio di presenza: chi va in ufficio per almeno 241 giorni in un anno si porta a casa una sorta di quattordicesima: il premio Stachanov. A dicembre c'è la cosiddetta gratifica di bilancio: vale circa 35 mila euro per i funzionari generali; 18 mila per i direttori e oltre 6 mila per i funzionari. Siccome poi la banca ha un suo decoro, i più alti in grado incassano anche un'indennità di rappresentanza, una specie di buono-sarto, che è semestrale, forse per rispettare il cambio di stagione: poco meno di 8.500 euro per i funzionari generali; 4 mila per i direttori; 1.200 per i funzionari.Onorati baroni In teoria i professori universitari non dovrebbero godere di chissà quali privilegi, ma in realtà la loro posizione è unica. Perché da noi i controlli di produttività non esistono e una volta conquistata la cattedra i prof restano incollati ritardando pure la pensione. Per arrivare sulla poltrona, poi, fanno di tutto; ma nell'immaginario collettivo e negli atti di parecchie indagini penali domina la catena del nipotismo. Si ereditano posti da ordinario o li si scambia, creando intrecci o addirittura facendo nascere nuove facoltà per gemmazione. La summa del 'tengo famiglia' viene registrata a Bari dove nell'ateneo prosperano tre clan principali: uno vanta ben otto parenti-docenti, gli altri due si attestano a sei. Insomma, l'ateneo è cosa nostra. Il discorso non cambia quando in cattedra sale il medico, che di sicuro dovrà rispondere della sua produttività clinica, ma che rappresenta anche la vetta di una categoria molto corteggiata. Soprattutto dalle case farmaceutiche, prodighe di viaggi per convegni e presentazioni di mirabolanti macchinari: prodotti che poi vengono pagati dalle Asl. Una casta sono sempre stati considerati anche i giornalisti, soprattutto quelli stipendiati per far poco o imbucati in qualche meandro della tv di Stato. Il tesserino rosso, in realtà, si è molto scolorito. Gli sconti delle Fs non sono più automatici, ma richiedono l'acquisto di card annuali (60 euro per avere il 10 per cento in meno sui treni), Alitalia e Airone invece tagliano del 25 per cento i biglietti a prezzo intero. L'unico vero privilegio è l'ingresso gratuito nei musei statali e in numerose gallerie comunali. È chiaro che le eccezioni non mancano. Alcune sono frutto di operazioni di public relation: viaggi, show, vetture in prova, riduzioni su acquisto di auto, sconti su alcuni noleggi. Altre sono concessioni ad personam, come i cadeaux natalizi.