ITALIA DEMOCRATICA.

Impunità di frode


Chi contamina gli alimenti se la cava sempre. Sconti di pena, patteggiamenti, benefici.  E soltanto ora il ministero divulga la lista nera dei condannati.   L'impunità è sostanzialmente garantita: basta patteggiare per tornare in fabbrica, nella stalla o in cantina e ricominciare con i trucchi. Quasi mai gli italiani vengono informati sulla malafede di chi produce, confeziona, custodisce o cucina quello che mangiano e bevono e nessuno finisce in carcere . Lo Stato è di manica larga con chi mette a rischio la salute dei cittadini o inganna la fiducia dei consumatori: sconti di pena o libertà condizionale per tutti, fedine sbiancate con la "non menzione" delle condanne.  Le 19 persone uccise dal metanolo, con il blocco delle esportazioni e la crisi dei vini italiani, aveva impartito una lezione: pochi criminali erano riusciti a distruggere la credibilità di un'intera categoria. Subito venne varata una legislazione severissima, che introduceva anche la gogna per i banditi del cibo. Sì, la legge metteva al primo posto la salute rispetto alla tutela di marchi, aziende, ristoranti e negozi. Un principio fondamentale, che poi è stato costantemente disatteso anche di fronte a situazioni di grande allarme sociale: i nomi delle ditte coinvolte diventano sempre una sorta di segreto di Stato, esponendo così l'intero settore alla psicosi e i consumatori al pericolo di bocconi indigesti. Dopo il metanolo, il Parlamento aveva scelto una strada diversa. Dal 1986 per legge il ministero della Sanità è stato incaricato di rendere noto ogni anno "l'elenco pubblico" dei condannati per frode o sofisticazione. Però i governi si sono guardati bene dal propagandare la lista nera: veniva inserita nella "Gazzetta ufficiale", senza scadenze fisse. Con un aspetto di legalità formale: i dati risalivano in genere a cinque anni prima. Nel 2003 sono state rese note le sentenze che erano diventate definitive nel 1998. Nel frattempo le ditte potevano avere cambiato nome, titolare e logo, per tornare a colpire più di prima. Nei giorni scorsi, dopo la richiesta formale de "L'espresso", il ministero della Sanità ha deciso di rendere disponibile sul suo sito web la lista degli ultimi verdetti. Una scelta di trasparenza, a cui si è aggiunto un elenco sugli anni precedenti. Si tratta però di informazioni molto parziali. Anzitutto le comunicazioni più rapide riguardano le infrazioni minime, che diventano subito esecutive con il pagamento della multa: sono soprattutto trattorie, bar e banchi con cibi mal conservati. I processi veri  per frodi più importanti, richiedono invece anni prima della Cassazione. C'è anche il problema del ritardo nella trasmissione da parte dei giudici. Le punizioni recenti riguardano in massima parte il tribunale di Milano e poche altre sedi giudiziarie: non c'è nulla su Roma e sulla Sicilia, per esempio. Ma la colpa non è del dicastero guidato da Livia Turco, dove spiegano che spesso la magistratura fornisce l'elenco «ad intervalli pluriennali ed ha per oggetto provvedimenti emessi nell'arco di 3-4 anni». Insomma, anche questo deterrente introdotto dal legislatore contro i sofisticatori è stato soffocato dalla disastrosa condizione della burocrazia italiana. Non sorprende quindi scoprire che la cantina di Veronella, punto di partenza dell'ultima maxiinchiesta sul "vino contaminato", era già stata coinvolta nello scandalo al metanolo. Oggi patteggiare di fatto significa farla franca: pena sotto i due anni, niente carcere né servizi sociali, nessuna menzione sul certificato penale. Insomma, nulla di nulla: una vera pacchia a danno dei consumatori.  Uno studio condotto da cinque ricercatori dell'Università di Parma, dipartimento di salute animale, rivela in modo impressionante, tutti i lati oscuri della nostra industria più ghiotta. In cinque anni, tra il 1995 e il '99, ci sono state 2.540 sentenze definitive. In massima parte, però, si tratta di alimenti conservati male, sporchi, corretti con sostanze proibite: minacce secondarie alla salute, sanzionate con una multa. Ma anche quando il tribunale ordina la reclusione, pochi scontano la pena. In 207 casi è stata concessa dai giudici la sospensione condizionale. Per non parlare dei regali dei politici , come l'ultimo indulto, che ha spazzato via gli effetti di questi crimini. La statistica diventa terrificante quando si esamina la "non menzione", ossia i condannati a cui non viene nemmeno macchiata la fedina penale: ben 1.215 che quindi restano totalmente impuniti. Sono colpevoli di avere lucrato su carne, latte, verdura o altri cibi fuorilegge, ma, i nostri cari politici, all'indomani della sentenza li lasciano partecipare alla gara per rifornire un asilo o un ospedale.Infine i politici ci servono una bella beffa: vengono sostenuti con denaro pubblico tutti i produttori di un settore danneggiato dall'effetto delle truffe, ma non si risarciscono le vittime. È ciò che è accaduto con l'eccidio del metanolo, che uccise 19 persone e ne rese cieche altre 15. Dopo più di 22 anni le vittime non hanno visto una lira e nemmeno un euro. Lo schema è lo stesso: gli arrestati diventano nullatenenti prima del giudizio, le aziende falliscono e al momento della sentenza i quattrini si sono dissolti. Paolo Martinello, presidente di Altroconsumo e al tempo rappresentante legale delle famiglie, ricorda: «Al processo ottenemmo provvisionali alte, anche 300 milioni di lire, ma rimasero sulla carta. L'incredibile è che lo Stato stanziò decine di miliardi per aiutare il settore vitinicolo, duramente provato dallo scandalo. Furono spesi pacchi di denaro per campagne pubblicitarie, per potenziare i controlli, perfino per riparare i danni subiti dai supermercati stranieri, ma nemmeno una lira fu destinata alle vittime». Nella macchina impazzita della giustiza si scoprono altri due incentivi a delinquere. Il primo è la clemenza automatica, con sconti elargiti anche a chi non risarcisce i danni o non mostra nemmeno rimorso: il principale responsabile della strage da metanolo, da una pena iniziale di 16 anni alla fine ne ha passati in cella meno della metà.  Pur di difendere la classe degli imprenditori si difendono in modo scandaloso anche i delinquenti.