ITALIA DEMOCRATICA.

Il modello nordico del capitalismo democratico


Il modello Nordico del capitalismo democratico
Il Financial Times del 30 luglio scorso ha dedicato la sua rubrica “Analysis” al “modello Nordico”. Ne ho tratto spunto per le riflessioni che seguono.Nella generale crisi che ha investito il mondo globalizzato il modello di capitalismo realizzato nei Paesi scandinavi, in Danimarca ed in Finlandia, sembra quello che, meglio degli altri, ha avuto capacità di assorbimento degli effetti negativi che si sono prodotti. Le sue caratteristiche sono descritte in modo analitico nel volume “The Nordic Model” , scritto da sei accademici, la cui tesi è che il capitalismo praticato in quell’area può compendiarsi nella “apertura alla globalizzazione combinata ad una robusta protezione sociale ed egualitarismo”. Qualcuno parla di “capitalismo democratico”, con ciò intendendo un alto grado di uguaglianza e partecipazione nell’assunzione delle decisioni aziendali. Una delle cause è il profondo senso di egualitarismo , in particolare nel sistema formativo. Uno dei fattori di ciò è l’assenza di classi sociali. “Chiunque può ricevere una buona formazione indipendentemente dalla sua origine”. Infatti anche la retribuzione dei dirigenti riflette questa tendenza. Molte imprese “nordiche” pagano i loro “senior executives” ben al di sotto della media internazionale, preoccupandosi che la differenza tra minimi e massimi non diventi troppo grande. “Nella maggior parte dei Paesi nordici ci sono piccole differenze salariali. La gente va alle stesse scuole. Non ci sono reali distinzioni di classe.” I managers svedesi – quelli meglio pagati – guadagnano appena un terzo di ciò che percepiscono i loro colleghi tedeschi. Un manager di una importante impresa danese sostiene che “c’è una migliore comprensione tra le parti, meno conflitto. E’ più facile assumere gente quando le cose vanno bene e ridurre il personale in periodi meno buoni”. Di fronte ad un bisogno di riduzione di personale del 30% dirigenti e occupati discuterebbero se tagliare i posti di lavoro linearmente oppure se passare a tempo parziale il 60% di essi. Management e lavoratori risolvono insieme i problemi! La abbondante rete del sistema sociale che sta alla base del modello nordico si deve fronteggiare oggi con la pressione crescente dell’invecchiamento della popolazione e con una minore omogeneità culturale (che è quella rende possibile il sistema del consenso) generata dalla crescente immigrazione. Durante la attuale crisi i produttori Nordici hanno tagliato i posti di lavoro tanto aggressivamente quanto i loro concorrenti, portando la disoccupazione ben oltre il 9% in Svezia e Finlandia. I Paesi Nordici tuttavia prevedono di riprendersi più vigorosamente dalla crisi. Una delle lezioni del passato è che i politici non ricorsero al protezionismo e presero decisioni audaci come l’adesione all’UE da parte di Svezia e Finlandia. Questo approccio aperto può essere ancora più da encomiare nella crisi attuale. Tuttavia il modello Nordico non appare facile da emulare e non è facilmente esportabile. Stiamo parlando di Paesi piccoli, egualitari e con buoni sistemi educativi. Così il modello può essere ammirato ma replicarlo appare davvero complesso. “Complesso” non significa tuttavia “impossibile”.In conclusione questo dovrebbe essere il modello al quale ispirare il programma di  governo di Italia dei Valori