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E Vladimir imbracciò il fucile

Post n°169 pubblicato il 25 Febbraio 2022 da Sparwasser

Pensava eccoti qui Joe Bonham steso come un quarto di manzo appena macellato per tutto il resto della tua vita e per cosa? Ti hanno battuto una mano sulla spalla e ti hanno detto su ragazzo vieni andiamo alla guerra. E tu sei andato. Ma perché? In qualsiasi altro contratto quando compri una macchina o lavori sotto padrone hai il diritto di chiedere qual è il mio guadagno? Altrimenti compreresti macchine non buone a prezzi esorbitanti oppure sgobberesti per qualche fesso col rischio di morir di fame. Era una specie di dovere che uno aveva verso se stesso quando qualcuno gli veniva a dire figliolo fai questo o fai quello di alzarsi in piedi e rispondere mi scusi signore ma perché dovrei fare questo per chi dovrei farlo e cosa ci guadagnerò io alla fine? Ma quando arriva un tizio e ti dice su vieni con me a rischiare la tua vita forse a morire o a restar mutilato be’ allora non hai più nessun diritto. Non hai il diritto di dire né si né no o ci penso sopra. Ci sono un sacco di leggi che proteggono il denaro di un uomo anche in tempo di guerra ma non c’è un libro che dica che la vita di un uomo gli appartiene.

               Naturalmente molti ragazzi si vergognavano. Alcuni dicevano andiamo a combattere per la libertà e così andarono e si fecero ammazzare senza mai pensare una volta alla libertà. E in ogni caso per quale tipo di libertà stavano combattendo? Quanta libertà? E di chi era quell’idea di libertà? Combattevano per la libertà di mangiare coni gelato gratis tutta la vita o per la libertà di derubare chiunque volessero tutte le volte che volessero o cosa altro? Quando tu dici a un uomo che non può rubare lo privi di una parte della sua libertà. Devi farlo. E comunque cosa cavolo vuol dire libertà? E’ soltanto una parola come casa o tavolo. Solo che è un tipo speciale di parola. Uno dice casa e può segnare col dito una casa per indicarla. Ma quando uno dice andiamo a combattere per la libertà non ti può mostrare la libertà. Non ti può mostrare la cosa di cui sta parlando e allora come diavolo fa a dirti di andare a combattere per essa?

               Nossignore chiunque sia andato a combattere nelle trincee del fronte in nome della libertà era un emerito cretino e chi ce l’ha mandato un maledetto ipocrita. La prossima volta che qualcuno veniva a raccontargli la storiella della libertà – ma quale prossima volta? Non ci sarebbe stata una prossima volta per lui. Ma al diavolo quello. Se ci fosse stata una prossima volta e qualcuno gli veniva a dire andiamo a combattere per la,libertà gli avrebbe risposto caro signore io ci tengo alla mia vita. Non sono mica scemo e se metto in palio la mia vita per la libertà prima voglio sapere di che libertà state parlando e di chi èm quell’idea di libertà ed esattamente quanta di quella libertà ne potremo poi godere noi. E inoltre caro signore quella libertà a lei interessa veramente tanto quanto vorrebbe che interessasse a me? E magari troppa libertà sarebbe altrettanto nociva che poca libertà e allora caro signore io penso che lei sia un gran ciarlatano e ho già deciso che mi va bene la libertà che ho qui adesso subito la libertà di camminare di vedere di sentire di parlare di mangiare e di dormire con la mia ragazza. Preferisco di gran lunga questa libertà piuttosto che combattere per un sacco di cose che noi non prenderemo e piuttosto che finire col non avere nessuna libertà del tutto. Finire morto finire per marcire sottoterra prima ancora che la mia vita sia veramente cominciata o finire come un quarto di manzo appena macellato. Caro signore la ringrazio. Combatta lei per la sua libertà. Quanto a me io me ne frego.

               Perdio la gente ha sempre combattuto per la libertà. Nel 1776 l’America ha combattuto una guerra in nome della libertà. Tantissima gente ci morì. E alla fine l’America aveva forse più libertà del Canada o dell’Australia che non avevano affatto combattuto? Forse io in questo modo non cerco di discutere ma semplicemente di porre delle domande. Se si guarda un uomo si può dire è un americano che ha combattuto per la sua libertà ha un aspetto molto diverso da un canadese che non l’ha fatto? No perdio non è diverso e questo è un fatto. Così forse un sacco di gente con moglie e figli morì nel 1776 mentre non era affatto necessario che morisse. Comunque ormai sono morti. Certo ma non è servito a niente. Uno può pensare che fra cento anni sarà morto e sepolto e non gliene frega niente. Ma pensare di morire domani mattina di morire per sempre di non diventare altro che polvere e concime per la terra questo si può chiamare libertà?

               Stavano sempre combattendo per qualcosa i bastardi e se uno osava dire al diavolo la guerra è sempre la stessa solfa tutte le guerre sono uguali e nessuno ce ne cava niente di buono allora ti gridano in faccia che sei un vigliacco. Se non combattevano per la libertà combattevano per l’indipendenza o la democrazia o la liberazione o la dignità o l’onore o la patria o per qualsiasi altra cosa che non significa niente. La guerra si faceva per salvare la democrazia nel mondo nei piccoli paesi in tutti gli uomini. Se la guerra fosse finita in quel momento allora la democrazia nel mondo sarebbe stata salva. Ma lo era davvero? E quale tipo di democrazia? E quanta? E di chi?

               C’era poi questa liberazione per la quale la povera gente si faceva sempre ammazzare. Era la liberazione da un altro paese? Era la liberazione dal lavoro o dalla malattia o dalla morte? La liberazione dalla propria suocera? Caro signore lei ci deve fare il favore di prepararci una lista di tutte quante queste liberazioni prima che noi partiamo per andare a farci ammazzare. Lei ci deve stilare un bel contratto scritto in chiare lettere così che noi sappiamo in anticipo perché ci facciamo ammazzare e ci dia anche una qualche forma di garanzia per essere sicuri che quando avremo finalmente vinto la sua guerra otterremo proprio quel tipo di liberazione che c’era scritto nel contratto.

               Prendiamo la dignità. Tutti dicevano che l’America stava facendo una guerra per il trionfo della dignità umana. Ma quell’idea di dignità di chi era? E per chi era? Ci dica ci spieghi bene signore di che dignità sin tratta. Cio dica come mai un degno uomo morto si debba sentir molto meglio di un indegno uomo vivo. Faccia un confronto con dei fatti precisi come la casa e il tavolo. Ce lo spieghi con parole che possiamo capire. E non ci parli dell’onore. L’onore di un cinese o di un inglese oppure di un negro dell’Africa o di un americano o di un messicano? Io prego tutti coloro che vogliono combattere per salvare il nostro onore di farci capire cosa diavolo sia l’onore. Stiamo forse combattendo perché l’onore americano sia salvo in tutto il mondo? Ma forse al mondo non piace l’onore americano. Forse gli abitanti delle isole dei mari del Sud preferiscono il proprio tipo di onore.

               Cristo fateci combattere per cose che possiamo vedere e sentire e toccare con mano e capire. Basta con le parole altisonanti che non significano niente come patria. La madre patria la patria terra la terra dei tuoi avi. Sempre la stessa menata. A cosa diavolo ti serve la tua madre patria quando sei morto? Se ti fai ammazzare combattendo per la madre patria è come entrare in un negozio a comprare qualcosa con gli occhi bendati. Paghi per qualcosa che non avrai mai.

               E quando non riescono più ad adescare la povera gente e a mandarla a combattere per la libertà la liberazione o la democrazia o l’indipendenza o la dignità o l’onore ci provano con le donne. Guarda quegli sporchi tedeschi dicono guarda come violentano le belle ragazze francesi e belghe. Qualcuno deve farli smettere. Perciò coraggio piccolo uomo vieni nell’esercito a salvare le belle ragazze francesi e belghe. E il piccolo uomo rimane attonito sottoscrive la sua firma e di lì a poco una granata lo colpisce e la vita schizza fuori dal suo corpo ormai ridotto a una massa di carne sanguinolenta e muore. Morto per un’altra parola e tutti i fieri vecchi veterani della D.A.R. vengono fuori a gridar urrà sulla tomba fino a farsi la voce roca quest’uomo è morto per salvare le donne.

               Ora è possibile che un uomo rischi di farsi ammazzare se le sue donne sono state violentate. Ma se lo fa be’ per lui si tratta soltanto di tener fede a un contratto. Egli vuole semplicemente dire che stando al sentimento che prova in quel momento la sicurezza delle sue donne vale per lui più della sua stessa vita. Ma non c’è niente di particolarmente nobile o eroico in questo. E’ un contratto preciso la sua vita in cambio di qualcosa che lui valuta più degno. Non era né più né meno che uno dei tanti contratti che un uomo può fare. Ma quando invece delle tue donne si tratta di tutte le donne del mondo allora cominci a difendere le donne in generale. Per farlo devi combattere in generale. E a questo punto stai ancora una volta combattendo soltanto per una parola.

               Quando gli eserciti si mettono in marcia le bandiere sventolano e gli slogan risuonano dovunque stai in guardia piccolo uomo perché le castagne al fuoco non sono le tue ma di qualcun altro. Tu combatti solo per delle parole e non stai facendo un contratto onesto la tua vita in cambio di qualcosa di meglio. Fai il nobile ma quando ti avranno ammazzato quella cosa per cui hai tradito la tua vita non ti servirà a niente ed è molto probabile che non servirà nemmeno a qualcun altro.

               Forse è male pensarla a questo modo. Ci sono un sacco di idealisti in giro che diranno siamo caduti così in basso da non avere niente di più prezioso della vita? Esistono ancora ideali per i quali val la pena do combattere anche di morire. Se così non fosse saremmo peggio delle bestie selvatiche e saremmo ripiombati nella barbarie. Allora tu rispondi d’accordo restiamo pure barbari purché non ci sia la guerra. Tenetevi pure i vostri ideali purché io non debba pagarli con la mia vita. E quelli dicono ma come i principi sono più importanti della vita. E tu ah no forse saranno più importanti della tua vita ma non della mia. Cosa diavolo è un principio? Quando l’hai nominato è finito lì.

               Di gente che muore dalla voglia di sacrificare la vita degli altri ce n’è sempre e parlano parlano a voce alta parlano sempre. Li trovi nelle chiese nelle scuole sui giornali nei tribunali al parlamento. E’ il loro mestiere. Fanno discorsi fantastici. La morte ma non il disonore. Questa terra santificata dal sangue. Questi uomini che morirono così gloriosamente. Non saranno morti invano. I nostri nobili morti.

               Uhmmm.

               Ma i morti cosa dicono?

               Ne è mai tornato indietro uno uno solo dei milioni che sono stati uccisi né è mai tornato indietro uno a dire perdio sono contento di esser morto perché la morte è sempre meglio del disonore? Hanno detto sono contento di esser morto per salvare la democrazia nel mondo? Hanno detto preferisco la morte piuttosto che perdere la libertà? Uno di loro ha mai detto mi fa piacere pensare che mi hanno fatto scoppiare le budella per l’onore del mio paese? Uno di loro ha mai detto guardatemi sono morto ma sono morto in nome della dignità il che è molto meglio che essere vivo? Uno di loro ha mai detto eccomi qua che da due anni marcisco in una tomba straniera ma è meraviglioso morire per la madrepatria? Uno di loro ha mai detto urrà sono morto per amore delle donne e sono felice non sentite come canto anche se ho la bocca piena di vermi?

               Solo i morti sanno se vale la pena o no di morire per tutte quelle cose di cui la gente parla. E i morti non possono parlare. Così i discorsi sulla nobile morte sul sacro sangue e l’onore e altre cose del genere vengono messe sulle labbra dei morti da dei profanatori di tombe e da truffatori che non hanno alcun diritto di parlare a nome dei morti. Se un uomo dice la morte piuttosto del disonore o è un fesso o è un bugiardo perché lui non sa cosa sia la morte. Non è in grado di giudicare. Conosce soltanto la vita. Non ne sa niente della morte. Se è un fesso e crede nella morte piuttosto del disonore lasciamo pure che vada a farsi ammazzare. Ma lasciate in pace tutti i piccoli uomini che hanno già troppo da fare per dover pensare anche a combattere. E anche tutti quelli che dicono che balle son queste sulla morte è la vita che conta e viene prima della morte anche quelli lasciamoli in pace. Perché quando uno dice che non val la pena di vivere senza un ideale così grande da esser pronto a sacrificare la vita per esso vuol dire che è matto da legare. E quelli che dicono vedrai verrà il tuo momento non si scappa dovrai combattere e morire perché questa è la tua vera vita bè’ anche loro sono matti da legare. Parlano a vanvera come degli sciocchi. Dicono che due più due non fa niente. Dicono che per proteggere la propria vita un uomo deve morire. Se accetti di combattere accetti di morire. Ora se muori per proteggere la tua vita non sei certo più vivo e allora che senso ha una cosa del genere? Un uomo non dice digiunerò fino alla morte per non morir di fame. Non dice spenderò tutti i miei soldi per risparmiarli. Non dice brucerò la mia casa per impedirle di prender fuoco. Perché dunque dovrebbe desiderare di morire per il privilegio di vivere? Nei fatti della vita e della morte dovremmo avere tanto buon senso quanto ne abbiamo andando a comprare il pane.

               E tutti quelli che sono morti tutti quei cinque milioni o sette milioni o dieci milioni dim uomini che s’imbarcarono e morirono per salvare la democrazia nel mondo per assicurare al mondo l’esistenza di parole senza significato che cosa provarono un momento prima di morire? Che cosa provarono mentre vedevano il proprio sangue sgorgare nel fango? Che cosa provarono quando il gas entrò loro nei polmoni e cominciò a rodere tutti gli intestini? Che cosa provarono mentre giacevano a letto atterriti negli ospedali e guardavano in faccia la morte e la vedevano venire e portarseli via? Se la cosa per cui combattevano era era abbastanza importante da esser pronti a morire per essa allora doveva essere anche abbastanza importante perché il loro ultimo pensiero prima di morire fosse rivolto ad essa. Era logico. La vita è terribilmente importante perciò se l’hai data via per qualcosa negli ultimi minuti che ti restano penserai con tutte le sue forze alla cosa per la quale l’hai tradita. Dunque tutti quei ragazzi sarebbero morti pensando alla democrazia e alla liberazione e alla libertà e all’onore e alla sicurezza del focolare domestico e alle strisce e alle stelle della bandiera americana?

               Hai proprio ragione tu non l’hanno fatto.

               Sono morti piangendo dentro di sé come neonati. Hanno dimenticato la cosa per cui stavano morendo. Hanno pensato a cose che un uomo può capire. Sono morti desiderando ardentemente di vedere il viso di una persona amica- Sono morti invocando una madre un padre una moglie un bambino. Sono morti col cuore straziato dalla voglia di rivedere un’ultima volta il luogo in cui erano nati ti prego dio un’ultima volta, Sono morti gemendo e sospirando la vita. Sapevano quali erano le cose importanti. Sapevano che la vita era tutto e sono morti tra urla e singhiozzi. Sono morti con un solo unico pensiero in testa che era voglio vivere voglio vivere voglio vivere.

               Lui lo sapeva bene.

               Lui era la cosa più vicina a un morto che ci fosse sulla terra.

               Lui era un uomo morto con una mente che sapeva ancora pensare. Lui sapeva tutte le risposte che sapevano i morti ma loro non potevano più pensarle. Lui poteva parlare per i morti perché era uno di loro. Lui era il primo soldato fra tutti quelli morti dall’inizio dei tempi che avesse ancora una mente con la quale pensare. Nessuno poteva avere qualcosa da ribattere. Nessuno poteva dimostrare che si sbagliava. Perché nessuno sapeva tranne lui.

               Lui poteva dire a tutti quei magniloquenti figlidiputtana assetati di sangue quale fosse esattamente il loro sbaglio. Lui poteva dire caro signore non c’è niente per cui valga la pena di morire io lo so perché io sono morto. Non c’è una parola che valga la vita. Preferirei piuttosto lavorare in una miniera di carbone profonda sotto terra e non vedere mai la luce del sole e mangiare pane e acqua e lavorare venti ore al giorno. Preferirei quello piuttosto che morire. Io tradirei la democrazia per avere salva la vita. Io tradirei l’indipendenza e l’onore e la liberazione e la dignità per avere salva la vita. Io do a lei tutte queste cose e lei dà a me il potere di camminare e vedere e sentire e respirare l’aria e assaporare il cibo. Lei si prenda le parole. Mi ridia indietro la mia vita. Ormai io non chiedo nemmeno più una vita felice. Non chiedo una vita decente o una vita onorevole o una vita libera. Io sono al di là di tutto questo. Io sono morto e perciò chiedo semplicemente la vita. Vivere. Sentire. Essere qualcosa che si muove sulla terra e che non è morto. Io so che cos’è la morte e voi che ciarlate tanto di morire per delle parole non sapete nemmeno che cosa sia la vita.

               Non c’è niente di nobile nel morire. Nemmeno quando si muore per l’onore. Nemmeno quando si muore come il più grande eroe di tutti i tempi. Nemmeno se sei così grande che il tuo nome non verrà mai più scordato e chi è così grande? La cosa più importante è la vostra vita o piccoli uomini. Da morti non servite a niente se non per i discorsi. Non lasciatevi più ingannare. Non ascoltateli più quando vengono a battervi sulla spalla e vi dicono andiamo dobbiamo combattere per la libertà o per una qualsiasi altra parola ce l’hanno sempre una parola.

               Dite semplicemente mi dispiace signore ma non ho tempo per morire sono troppo occupato e poi voltatevi e scappate via a gambe levate. Se vi dicono che siete dei vigliacchi non fateci caso perché il vostro mestiere è quello di vivere e non di morire. Se parlano di morire per dei principi che sono più importanti della vita rispondete signore lei è un bugiardo. Non c’è niente più importante della vita. Non c’è niente di nobile nella morte. Che cosa c’è di nobile nel giacere in terra e marcire? Che cosa c’è di nobile nel non rivedere mai più la luce del sole? Che cosa c’è di nobile nel farsi strappare via da una granata le braccia e le gambe? Che cosa c’è di nobile nell’essere un idiota? Che cosa c’è di nobile nell’essere cieco e sordo e muto? Che cosa c’è di nobile nell’essere morto? Perché quando sei morto signore è tutto finito. Non c’è più niente da fare. Sei meno di un cane meno di un topo meno di un’ape o di una formica meno di un vermiciattolo bianco che si arrampica su un mucchio di letame. Sei morto signore e sei morto per niente.

               Sei morto caro mio.

               Morto.

 

(Dalton Trumbo – E Johnny prese il fucile – Capitolo X – Bompiani – Pagg. 121-131)

 
 
 

Analogie

Post n°168 pubblicato il 31 Gennaio 2021 da Sparwasser

Beethoven è come Michelangelo e l'op. 123 è come la Cappella Sistina.

 
 
 

Veggenti

Post n°167 pubblicato il 10 Settembre 2020 da Sparwasser

 

“Poco dopo il 1920, quando la radio divenne d’uso corrente, si parlò molto di musica radiofonica. Doveva essere una musica scritta con particolare leggerezza e trasparenza, e si pensava che non dessero buoni risultati ai fini della trasmissibilità non solo le sonorità massicce, ma anche qualsiasi musica di scrittura complessa”

 

(Theodor W. Adorno – L’impiego musicale della radio -, 1969)

 
 
 

Scioglilingua

Post n°166 pubblicato il 13 Giugno 2020 da Sparwasser

Si potrebbe dire che per amare le domande si devono amare le risposte che accelerano la fine dell’amore che è amato per amare la tremenda disuguaglianza dell’esperienza umana che ama dire che noi sovrastiamo quelle anime perdute che amano amare l’amore che avrebbe potuto essere la libertà, il treno per la libertà, ma non ci saliamo mai, preferiamo piuttosto sbracciarci in saluti mentre ci allontaniamo da chi è vittima di se stesso.

(…)

Naturalmente c’è una giustificazione logica a tutto questo – che altro fare, se no? – ma dimostra soltanto la nostra paura di essere indifesi di fronte alla pianura che è la vita com’è veramente: una pianura che si estende all’infinito al di là degli orizzonti che abbiamo appena inventato.

(Lester Bangs- Articolo su Strended , 1979 – in “Guida Ragionevole al frastuono più atroce” – Minimum Fax , pagg. 67-68)

 
 
 

Una sera alla Scala

Post n°165 pubblicato il 08 Gennaio 2020 da Sparwasser

 

Per l’inizio della stagione 2020 la Scala ha proposto un titolo di repertorio, che significa teatro pieno come un uovo , biglietti sold out da mesi e lunghe filodrammatiche sin dall’ora di pranzo per prendere gli ultimi 140 posti; d’altronde se la Tosca è assieme alla Traviata e alla Carmen uno dei tre titoli più rappresentati di sempre un motivo ci sarà.

E che un motivo esiste ce lo mostrano Riccardo Chailly e Davisd Livermore con il loro allestimento.

Le Scene e la Regia sono molto belle, soprattutto i primi due atti. Fratello Livermore utilizza la tecnologia al servizio della messinscena e così può, quando Mario Cavaradossi ordina “dammi i colori” al Sagrestano,  far colorare il ritratto “dell’Attavanti” prima esposto in bianco e nero; soluzione un tantino parac, così come tutta la regia a dir la verità; ma se vuoi non affondare a un 7 dicembre scaligero, un po’ parac devi esserlo.

In tale ottica va visto anche il finale I, col Te Deum in zeffirelliano stile.

Colpisce l’apparizione all’atto II di un’altra Tosca dopo l’assassinio di Scarpia, la stessa altra Tosca che si rivedrà nel finale ultimo rimanere sospesa nell’area protesa verso la volta celeste sorretta da raggi luminosi che ricordano quelli, simboleggianti lo Spirito Santo, che si vedono ne “L’Annunciazione” di Filippino Lippi (ed estesi nel relativo all’allestimento) in mostra nel di fronte Palazzo Marino (vedi il parac..); la Tosca reale sinvece profonda come da copione giù da un Castel Sant’Angelo reinventato ed all’inizio del III atto rivestito di un drappo granata che faceva molto rovine del Filadelfia (Fratello Livermore), drappo che poi al momento dell’esecuzione di Mario (come il Palmieri) diventa nero.

Tutto molto bello, costumi compresi. I quali devono essere in armonia con la scenografia, se no è come quando la cravatta sul vestito fa un pugno nell’occhio. Al teatro ci deve essere anche una estetica complessiva della rappresentazione non solo un significato (che peraltro in questo caso non è poi così difficile da trovare).

Musicalmente, Il M° Chailly recupera la prima versione della Tosca e ci dimostra che Puccini sapeva ben il fatto suo quando operò i tagli alla partitura originaria dopo la prima al Costanzi di Roma (era il 14 gennaio del 1900: un anno dopo morirà Verdi). In compenso mi fa sempre specie pensare che Puccini fu indeciso sino all’ultimo se inserire l’aria del Vissi d’Arte, Ma pensa,

Direzione invero un filino letargica ma con alcuni passaggi (per lo più modulazioni) davvero ben fatte e incantevoli (ne ho annotata una in particolare nel II atto, protagonisti i vituperati ottoni).

Il mio ascolto in presa diretta ha confermato l’ottimo Scarpia di Salsi, che la mattina prima era a Venezia a cantare al concerto di Capodanno (pecunia non olet). Giustamente il più osannato della serata al termine della recita, unitamente al M° Chailly.

Ma più che altro c’era da confrontare la Tosca della Netrebko, sentita attraverso sister TV il 7 dicembre, con quella della Hernàndez (la Netrebko oramai non replica più di due volte lo stesso spettacolo, anche se prima fa quattro mesi di prova). Ora senza stare qui a tirar fuori Valter Benjamin e Glenn Gould riguardo alla riproducibilità tecnica di un’opera d’arte premetterò che non è la stessa cosa ascoltare un soprano dal vivo piuttosto che via filo ma comunque un’impressione rimane e qualcosa si può sempre dire. La mia è che la Hernàndez ha cantato forse anche meglio della celebrata Annuska (che ho avuto la gran ventura di ascoltare in teatro in una strepitosa, apicale, interpretazione della Giovanna d’Arco verdiana solamente tre anni fa) ma difettando alquanto rispetto alla Eyvazova in espressività; il che se canti Gilda (del Rigoletto) non è un grosso problema; ma se canti Tosca è un grosso problema.

E comunque dovremo farcene una ragione: la Netrebko è ancora la numero uno in circolazione, ma il suo timbro rispetto a tre anni fa si è alquanto imbrunito; ancora un paio d’anni e arriveranno le cantate con gli amici.

Come sempre da brividi il coro (voci bianche incluse), cosa che per fortuna nostra alla Scala non fa neanche più notizia (grazie Bruno Casoni).

 
 
 

Jorge Luis Borges - Un lettore

Post n°164 pubblicato il 28 Agosto 2019 da Sparwasser

Gli altri si vantino per le pagine che hanno scritte;

io vado orgoglioso per quelle che ho lette.
Non sarò stato un filologo,
non avrò investigato le declinazioni, i modi, il laborioso
mutare delle lettere,
la d che indurisce in t,
l'equivalenza della g e della k,
ma nel corso degli anni ho professato
la passione della lingua.
Le mie notti son piene di Virgilio;
aver saputo e scordato il latino 
è possederlo, perché anche l'oblio
è una forma della memoria, la sua vaga cava,
l'altra faccia segreta della moneta.
Quando si cancellarono ai miei occhi
le vane apparenze che amavo,
i volti e la pagina,
mi detti allo studio del linguaggio di ferro
che usarono i miei antichi per cantare
spade e solitudini,
e ora, attraversando sette secoli,
dall'Ultima Thule,
la tua voce mi giunge, Snorri Sturluson.
Dinanzi al libro, il giovane si impone una disciplina precisa
e lo fa in vista di un preciso conoscere;
ai miei anni ogni impresa è un'avventura
il cui confine è la notte.
Non finirò di decifrare le antiche lingue del Nord, 
non tufferò le mani ansiose nell'oro di Sigurd;
il compito cui attendo è illimitato
e dovrà accompagnarmi fino alla fine,
non meno misterioso dell'universo
e di me, l'apprendista.

 
 
 

quattordici settembre

Post n°163 pubblicato il 13 Settembre 2018 da Sparwasser

 
 
 

Le riflessioni del noto giornalista...

Post n°161 pubblicato il 21 Giugno 2018 da Sparwasser

Le riflessioni di un noto giornalista sull’Eterna Sfida all’indomani dell’uscita (per tutt’altri motivi) de “Il Giardino dei Finzi Contini” alla Maturità

"""

L’elaborazione letteraria della passione

 

Le cosiddette molestie e il mondo prima dell’Apocalisse del Novecento, raccontati da Baudelaire e Bassani

 

Maledetto per sempre il sognatore inutile

 

Che nella sua stupidità per primo volle

 

Per trattare un problema insolubile e sterile

 

Mescolare a cose dell’amore onestà molle!

 

(Maudit soit à jamais le rêveur inutile

 

qui voulut le premier, dans sa stupidité,

 

s’éprenant d’un problème insoluble et stérile

 

aux choses de l’amour mêler l’honnêteté!)

 

Sono versi di Charles Baudelaire (traduzione abborracciata mia, ma in rima), esibiti da Micòl Finzi-Contini in un discorso indiretto fatto al narratore, Giorgio Bassani di diritto letterario se non di fatto, nel famoso romanzo pluripremiato e plurivenduto del 1962 (“Il giardino dei Finzi-Contini”). Come scrisse il sublime critico Giorgio Manganelli, che dell’avanguardia aveva i tratti pertinenti ma non i tic insopportabili, quel romanzo, accusato di essere una storia alla Liala dagli ideologi del Gruppo ’63, in realtà era paragonabile alla Apocalypsis cum figuris, una serie di incisioni su legno di Albrecht Dürer che con quel fumettone, appunto apocalittico, si guadagnò l’immortalità moderna dopo un viaggio di abbeveramento in Italia. La chiave del libro, memoria narrativa prousteggiante e benissimo scritta, è la coscienza ebraica indifferente e santificante nel quotidiano degli anni Trenta, finale sacrificale compreso, sotto il fascismo e le leggi razziali, verso la guerra. Ma l’osservazione apocalittica è filtrata, ciò che fece il successo lialesco di vendite e di gusto dell’epoca, da una storia d’amore, quella del narratore per la giovane Micòl, tutta giocata intorno alle sue visite nella magna domus di questa famiglia di aristocrazia ebraica di provincia, e al campo da tennis intensamente praticato dai protagonisti, come e più della biblioteca di casa, in mezzo a un giardino incantato. Dove si discute e vaneggia intorno a “un problème insoluble et stérile”.

 

Ora che anche il Dio della Pixar e quel gentiluomo di Charlie Rose, appena vanitoso ma di stile solenne, sono stati eliminati per molestie sessuali dalla vita pubblica, questi Porci con le ali, ecco che occorre rileggere il libro di Bassani, che ho qui nelle edizioni San Paolo, un ritrovato gentile omaggio allegato a Famiglia Cristiana di non so quanto tempo fa, e che ho letto in omaggio alle parole delicate dedicategli da Annalena Benini, ferrarese di nascita come Bassani lo fu di elezione, la mia critica letteraria preferita, con Mariarosa, che ogni lunedì dà prova di sé, in dialogo con Alessandro Piperno, al Ridotto dell’Eliseo in Roma.

 

Bene. Micòl non vuole darla al narratore, innamorato e pulsionalmente incline a fare l’amore con lei, fino a molestarla. Infatti confessa a sé stesso: “Ripensavo a tutte le volte che, spesso con la violenza, mi era riuscito di baciarla sulle labbra”. E ancora: “Le afferrai le mani, e presi a coprirgliele di baci e di lacrime. Per un po’ mi lasciò fare. Nascondevo il viso contro i suoi ginocchi, e l’odore della sua pelle liscia e tenera, leggermente salata, mi stordiva. La baciai lì, sulle gambe. ‘Adesso basta’, disse”. Micòl spiega che è impossibile perché lo vede come un amico, un fratello. “… io le stavo ‘di fianco’, capivo? non già ‘di fronte’, mentre l’amore (così almeno se lo figurava lei) era roba per gente decisa a sopraffarsi a vicenda, uno sport crudele, feroce, ben più crudele e feroce del tennis!, da praticarsi senza esclusione di colpi e senza mai scomodare, per mitigarlo, bontà d’animo e onestà di propositi”.

 

Segue la citazione dei versi di Baudelaire “che se ne intendeva. E noi? – prosegue Micòl nella ricostruzione del narratore innamorato – Stupidamente onesti entrambi, uguali in tutto e per tutto come due gocce d’acqua (‘e gli uguali non si combattono, credi a me!’), avremmo mai potuto sopraffarci l’un l’altro, noi, desiderare davvero di sbranarci?”.

 

Ecco, quando si pensi alle avances maschili e ad altre abusive molestie, e invasive, oggi universalmente e moralisticamente condannate in via definitiva se messe on the record in un’intervista, si tenga conto, per cortesia, che in una celebre storia d’amore, racconto trasparente e cristallino di memoria solenne e civile, prima dell’apocalisse del Novecento, le cosiddette molestie furono trattate da una giovane ebrea incapsulata nel suo giardino di destino e da un giovane ebreo narratore innamorato o fissato (spesso è la stessa cosa), in un’elaborazione letteraria della passione un tantino meno semplificatrice di quella a cui ci stiamo abituando. E si tenga sempre conto di Baudelaire, “che se ne intendeva”.

( Giuliano Ferrara su “Il Foglio”)

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Q&A

Post n°160 pubblicato il 13 Giugno 2018 da Sparwasser

 

Il problema non sono più le domande, bensì le risposte.

 

“Mi manca la fede e non potrò mai, quindi, essere un uomo felice, perché un uomo felice non può avere il timore che la propria vita sia solo un vagare insensato verso una morte certa. Non ho ereditato né un dio né un punto fermo sulla terra da cui poter attirare l’attenzione di un dio. Non ho ereditato nemmeno il ben celato furore dello scettico, il gusto del deserto del razionalista o l’ardente innocenza dell’ateo. Non oso dunque gettare pietre sulla donna che crede in cose di cui io dubito o sull’uomo che venera il suo dubbio come se non fosse anch’esso circondato dalle tenebre. Quelle pietre colpirebbero me stesso, perché di una cosa sono convinto: che il bisogno di consolazione che ha l’uomo non può essere soddisfatto.

(Stig Dagerman - Il nostro bisogno di consolazione - Iperborea)

 
 
 

M.D.

Post n°159 pubblicato il 18 Gennaio 2018 da Sparwasser

eh va beh... pagina 52

 
 
 

sad but true

Post n°158 pubblicato il 28 Dicembre 2017 da Sparwasser

La tua amicizia è più importante del mio amore.

 
 
 

Twitter

Post n°157 pubblicato il 03 Agosto 2017 da Sparwasser

Twitter, ovverossia l'addetto stampa dell'Io.

 
 
 

Ancora Furore

Post n°156 pubblicato il 23 Gennaio 2017 da Sparwasser

La terra dell’Ovest, inquieta alle prime avvisaglie del cambiamento. Gli Stati dell’Ovest, inquieti come cavalli prima del temporale. I grossi proprietari, inquieti nell’intuire un cambiamento, incapaci di cogliere la natura del cambiamento. I grossi proprietari, agguerriti sull’immediato: l’espandersi del governo, la crescente unità dei lavoratori; agguerriti sulle nuove tasse, sui piani di sviluppo; non capendo che questi sono effetti, non cause. Effetti, non cause; effetti, non cause. Le cause stanno in profondità e sono semplici. Le cause sono la fame di un ventre moltiplicata per un milione; la fame di una singola anima, fame di gioia e di un minimo di sicurezza, moltiplicata per un milione; muscoli e cervello smaniosi di crescere, di lavorare, di creare, moltiplicati per un milione. L’ultima funzione chiara e distinta dell’uomo: muscoli smaniosi di lavorare, cervelli smaniosi di creare al di là del singolo bisogno – ecco cos’è l’uomo. Costruire un muro, costruire una casa, una diga; e in quel muro, in quella casa, in quella diga mettere qualcosa dell’Uomo, e in cambio prendere per l’Uomo qualcosa di quel muro, di quella casa, di quella diga: prendere i muscoli d’acciaio dal faticare, prendere le linee e le forme nette progettare. Perché l’uomo, diversamente da ogni altra cosa organica o inorganica dell’universo, cresce al di là del suo lavoro, sale i gradini delle sue idee, va oltre il limite dei suoi risultati. Ecco cosa puoi dire dell’uomo: quando le teorie cambiano e crollano, quando le scuole, le filosofie, gli angusti vicoli bui del pensiero nazionale, religioso ed economico crescono e si disintegrano, l’uomo non si ferma, procede brancolando, ferendosi, a volte ingannandosi. Fattosi avanti, può darsi che indietreggi , ma solo di mezzo passo, mai di un passo intero. Ecco cosa puoi dire, e sapere, e sapere, e sapere. Ecco cosa puoi sapere quando le bombe piovono dagli aerei neri sulla piazza del mercato, quando si sgozzano prigionieri come maiali, quando i corpi calpestati si svuotano disgustosi nella polvere. Ecco come puoi saperlo. Se il passo non venisse fatto, se la smania di brancolare in avanti mancasse le bombe non cadrebbero, le gole non verrebbero tagliate.  Diffida del tempo in cui le bombe smettono di cadere mentre i bombardieri sono ancora vivi – perché ogni bomba dimostra che lo spirito non è morto. E diffida del tempo in cui gli scioperi cessano mentre i grandi proprietari sono ancora vivi – perché ogni piccolo sciopero soffocato dimostra che il passo è in atto. Ed ecco cosa puoi sapere per certo: terribile è il tempo in cui l’Uomo non voglia soffrire e morire per un’idea , perché quest’unica qualità è fondamento dell’Uomo, e quest’unica qualità è l’uomo in sé, peculiare nell’universo.

                Gli Stati dell’Ovest inquieti alle prime avvisaglie del cambiamento. Texas e Oklahoma, Kansas e Arkansas, New Mexico, Arizona, California. Una singola famiglia lascia la terra. Pà si è fatto prestare soldi dalla banca, e adesso la banca vuole la terra. La società immobiliare – ossia la banca quando possiede i terreni – sulla terra vuole trattori, non famiglie. Un trattore può essere cattivo? La forza che scava i lunghi solchi può avere torto? Se questo trattore fosse nostro sarebbe buono – non mio, nostro. Se il nostro trattore scavasse i suoi lunghi solchi nella nostra terra, sarebbe buono. Non la mia terra, la nostra. Allora potremmo amare questo trattore quanto abbiamo amato quella terra quando era nostra. Ma questo trattore fa due cose: scava la terra e scaccia noi dalla terra. Non c’è molta differenza tra questo trattore e un carrarmato. La gente viene minacciata , sopraffatta, ferita da entrambi. E’ una cosa su cui riflettere.

                Un uomo, una famiglia scacciata dalla terra; questa carretta arrugginita che arranca sulla nazionale per andare all’Ovest. Ho perso la mia terra, un singolo trattore ha preso la mia terra. Sono solo e sono smarrito. E nella notte una famiglia si accampa in un fosso e un’altra famiglia arriva e tira fuori le tende. I due uomini si accoccolano sui talloni e le donne e i bambini ascoltano. Ecco il nodo, per voi che odiate il cambiamento e temete la rivoluzione . Vi conviene tenere separati questi due uomini accoccolati, fare in modo che si odino, che si temano, che diffidinol’uno dell’altro. E’ questo l’embrione della cosa che temete. E’ questo lo zigote. Perché adesso “Ho perso la mia terra” è cambiato; una cellula si è scissa e dalla sua scissione  nasce la cosa che odiate: “Abbiamo perso la nostra terra”.

Ecco dov’è il pericolo, perché due uomini non sono soli e confusi quanto può esserlo uno. E da questo primo “noi” nasce una cosa ancor più pericolosa: “Ho poco da mangiare” più “Non ho niente da mangiare”. Se la somma di questi fattori dà “Abbiamo poco da mangiare”, allora la cosa è in marcia, il movimento ha una direzione. Adesso basta una piccola moltiplicazione , e questa terra e questo trattore diventano nostri. I due uomini accoccolati nel fosso, il fuocherello, la carne di maiale a bollire in una pentola condivisa, le donne mute con lo sguardo impietrito; dietro i bambini che ascoltano con tutta l’anima parole che il loro cervello non capisce. La notte incalza. Il bimbo è raffreddato. Tieni, piglia questa coperta. E’ lana. Era la coperta di mia madre, usala per il tuo piccolo. E’ questa la cosa da bombardare. E’ così che comincia: da “io” a “noi”.

                Se riusciste a capire questo, voi che possedete le cose che il popolo deve avere, potreste salvarvi. Se riusciste  a separare le cause dagli effetti , se riusciste a capire che Paine, Marx, Jefferson e Lenin erano effetti, non cause, potreste sopravvivere. Ma questo non potete capirlo. Perché il fatto di possedere vi congela per sempre in “io”, e vi separa per sempre dal “noi”.

                Gli Stati dell’Ovest sono inquieti alle prime avvisaglie del cambiamento. Il bisogno fa da stimolo all’idea, l’idea all’azione. Mezzo milione di persone che si spostano nel paese; un milione di scontenti pronti a spostarsi; dieci milioni che avvertono i primi sintomi d’inquietudine.

                E trattori che scavano solchi su solchi sulle terre abbandonate.

(John Steinbeck – Furore – cap. XIV – trad. Sergio Claudio Perroni per i tipi Bompiani)  

 
 
 

Furore

Post n°155 pubblicato il 19 Gennaio 2017 da Sparwasser

“Le case rimasero vuote nella campagna, e la campagna fu vuota per questo. Solo i capanni dei trattori erano vivi, i capanni di lamiera ondulata, argentei e luccicanti; ed erano vivi di metallo e benzina e olio, con i vomeri degli aratri splendenti. I trattori avevano i fari accesi, perché un trattore non conosce né giorno né notte, e i vomeri rivoltano la terra nelle tenebre e scintillano nella luce del giorno. E quando un cavallo ha finito il suo lavoro e torna nella stalla, c’è ancora vita e vigore in lui, c’è un respiro e un calore, e gli zoccoli strusciano sulla paglia, e le ganasce triturano il fieno, e le orecchie e gli occhi sono vivi. Nella stalla c’è un calore di vita, c’è l’energia e l’odore della vita. Ma quando il motore di un trattore si ferma, è morto come il metallo da cui proviene. Il calore lo abbandona come il calore della vita abbandona un cadavere. Poi le porte di lamiera ondulata si chiudono e l’uomo del trattore va a casa in macchina, anche a venti miglia da lì, e non dovrà tornare per settimane o perfino mesi, perché il trattore è una cosa morta. E tutto questo è facile ed efficiente. Così facile che l’incanto scompare dalla terra e dal lavorarla, e con l’incanto scompare anche la comprensione profonda e il legame. E nell’uomo del trattore cresce il disprezzo che alligna solo nell’estraneo, che di comprensione ne ha poca e di legami nessuno. Perché i nitrati non sono la terra, né sono terra i fosfati e la lunghezza della fibra del cotone. Il carbonio non è un uomo, né lo sono il sale o l’acqua o il calcio. L’uomo è tutto questo insieme, ma è molto di più., molto di più; e la terra è enormemente di più della sua analisi. Quell’uomo che è più della sua struttura chimica, che cammina sulla terra, che fa deviare la punta dell’aratro per evitare una pietra, che preme sulle stegole per scavalcare un rialzo, che s’inginocchia tra i solchi per consumare il pasto; quell’uomo che è più dei suoi elementi, conosce la terra che è più della sua analisi. Ma l’uomo-macchina, che guida un trattore morto sulla terra che non conosce né ama, capisce solo la chimica; e disprezza la terra e insieme sè stesso. Quando le porte di lamiera ondulata sono chiuse, lui va a casa, e la sua casa non è la terra.”

(John Steinbeck – Furore – Inizio del cap. 11 - trad. Sergio Claudio Perroni per i tipi Bompiani)

 
 
 

Filosofia

Post n°154 pubblicato il 11 Gennaio 2017 da Sparwasser

L'esistenzialismo dei Metallica si sposa bene con la pratica del fitness.

 
 
 

Trilogia del Chitarrista (ovvero, La Vita Dura)

Post n°153 pubblicato il 19 Novembre 2016 da Sparwasser

“Signore è stata una svista. Abbi un occhio di riguardo per il tuo chitarrista.” (Ivan Graziani)

https://www.youtube.com/watch?v=MQlkIf7C4is

II

Dal libro “Rock Bazar” di Massimo Cotto – Volo Libero ed.

534 – FULMINATI

Nel girone dei fulminati del rock and roll abitato da alcol, droghe e violenza, la morte più improbabile cui pensare è quella provocata dalle scariche elettriche di una chitarra. E invece la storia del rock è tristemente densa di tragedie di questo tipo.

Il 3 maggio 1972, mentre suonava sul palco dello Swansea Top Rank davanti a 1.500 persone, Leslie Harvey, chitarrista degli Stone the Crows, toccò con le mani bagnate il suo strumento ricevendone in cambio una scossa elettrica mortale. Nella fretta di montare gli impianti, i rodiese non si erano assicurati che chitarre e microfoni fossero collegati e isolati correttamente. La chitarra divenne conduttrice di alta tensione e Harvey morì in diretta, sul palco, davanti alla sua gente.

Stessa sorte toccò a Brian Locking degli Shadows, il 26 novembre 1973, stroncato dalla sua chitarra a Radlett, in Inghilterra.

Il 15 settembre 1974 Gary Thain degli Uriah Heep fu colpito da una violentissima scarica elettrica mentre suonava al Moody Coliseum di Dallas, nel Texas. Riuscì a sopravvivere, ma l’eccessivo consumo di droghe e i postumi dell’incidente lo resero sempre più instabile e inaffidabile; fu licenziato dalla band e sostituito da John Wetton dei King Crimson. L’8 dicembre 1975, alla consueta età di ventisette anni, fu ritrovato dalla sua compagna in bagno, morto per overdose.

Il 14 maggio 1976 morì nella sua casa londinese Keith Relf degli Yardbirds; voleva suonare la sua chitarra ma non si era accertato che tutto fosse perfetto e lo strumento diventò conduttore di alta tensione.

Meglio che agli altri andò a Bill Wyman. Il 27 marzo 1965 fu colpito da una forte scossa elettrica durante le prove di un concerto degli Stones a Oclense, in Danimarca. Perse i sensi per alcuni minuti ma fortunatamente si riprese. Un caso davvero fortunato.

 

III

L’Aquilone Piero: Cristo fra i chitarristi

CRISTO TRA I CHITARRISTI

È un uomo che vive di foreste
d'aria piena di voli d'aquile,
conquista vette e tocca il sole,
lui beve neve, parla alle stelle
e spazia il tempo.
Corre, anela, sta.
Devia i ruscelli,
veglia e sonno è tutto un sogno.
è un uomo solo e senza armi.
Un pomeriggio su una salita perse la vita.

Più niente in quel lungo silenzio
turbava la mia anima esperta.
Un coro di chitarre infelici
cantava per disperdere l'odio.

Sopra una collina era il più alto,
il più bello, irraggiungibile.
Ai suoi piedi c'era il deserto,
ormai la folla si era saziata
con le preghiere.
Là c'è sempre un Uomo in verticale
che non tocca mai la terra,
talvolta scende da una croce
ma dopo poco su una salita sconosciuta
perde la vita.

Un concerto di chitarre arriva e suona
molto amaro.
Anche stasera da qualche parte
c'è qualche Cristo
che sale stanco
e senza scampo
una salita.

(Piero Ciampi)

https://www.youtube.com/watch?v=hWCKv2eNVL8

 
 
 

Il FT odierno

Post n°152 pubblicato il 05 Luglio 2016 da Sparwasser

"Italy's byzantine recovery process"

(Financial Times - Lex. - July 5th 2016)

 
 
 

Le simpatiche osservazioni del pensatore Cartesio sul tema del Volontariato.

Post n°151 pubblicato il 10 Maggio 2016 da Sparwasser

“E’ ben vero che per gli esperimenti, talora necessari, un uomo solo non può arrivare a tutto, ma neppure può adoperare utilmente altre mani che le sue, oppure utilmente quelle di artigiani o di gente pagata, alle quali la speranza del guadagno, ch’è il mezzo più efficace, farebbe eseguire esattamente tutto quello ch’egli prescrive. I volontari, invece, che si offrono per curiosità o per desiderio d’imparare - oltre che di solito danno più promesse che fatti, o si perdono in tanti bei progetti di cui nessuno riesce mai – vogliono alla fine essere pagati con la spiegazione di qualche difficoltà, o perlomeno con complimenti e conversazioni inutili che non costano mai tanto poco tempo da non rimetterci assai più dell’aiuto sperato” (Cartesio, 1637)

 
 
 

Sui Diritti Acquisiti

Post n°150 pubblicato il 07 Aprile 2016 da Sparwasser

A coloro che riguardo ai vitalizi sostengono la tesi che non è possibile toccare i diritti acquisiti si ricorda che al Re di Francia Luigi XVI è stata tagliata la testa.

 
 
 

APPRENDIAMO DA ARTICOLI DI STAMPA CHE....

Post n°149 pubblicato il 26 Febbraio 2016 da Sparwasser

Tra i Senufu dell'Africa occidentale lo sposo ha più mogli ma non abita con loro. Ha comunque legami coniugali e fa figli. Gli antropologi parlano di marito visitante. Una sera sta con la moglie numero 1, la sera dopo con la numero 2 e quella dopo ancora con la 3. Ma non convive con loro.

Tra i Mossi del Burkina Faso c'è una regola che vale per tutte le mamme e i bimbi: quando un piccolo è svezzato viene affidato a una seconda madre che, guarda caso, non è più in grado di generare ed è in menopausa.

In Amazzonia gli Uarì prevedono più padri per un bambino. 

 
 
 
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2.
"NON ESISTE IL MALE. ESISTE DIO CHE OGNI TANTO SI UBRIACA" (Tom Waits)
3.
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4.
"JACQUES BREL HA SCRITTO LE PIU' BELLE CANZONI SU TUTTO" (Ornella Vanoni)
5.
"IL SIGNORE COMANDERA' LA TUA STRADA" (Il Fabbri 16/4/2006)
6.
"CHE COS'E' IL QUARTO D'ORA GRANATA? E' QUANDO LE COSE SUCCEDONO."
7.
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8.
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3. "Due parallele si incontrano quando oramai non gliene frega più niente" (Marcello Marchesi)
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7. "La conversazione languiva, come sempre d'altronde quando si parla bene di qualcuno" (Laclos-Poli)
8. "Era un mondo adulto, si sbagliava da professionisti" (Paolo Conte)
9. "A 7 anni sapevo scrivere Borussia Mönchengladbach. Ma alla maestra non interessava." (Anonimo Forumista)

10. "In tutti i tentativi fatti per provare che 2+2 = 4 non si è tenuto conto della velocità del vento" (Raymond Queneau)
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