Azzurroblu

Dotti, medici e sapienti


E nel nome del progresso il dibattito sia aperto, parleranno tutti quanti, dotti medici e sapienti... (Bennato, Dotti medici e sapienti)I nostri vecchi, per la maggior parte di origini contadine, che hanno fatto sì e no la quinta elementare, hanno spesso una strana considerazione degli uomini “studiati”: da un lato provano una certa soggezione (soprattutto se si trovano in difficoltà o in situazione di bisogno), dall’altro, però, tendono a vedere questi personaggi sempre con ironia, nella convinzione che il senso pratico di chi nella vita ha lavorato come un mulo e si è rotto la schiena conti più delle mille e mille pagine divorate per raggiungere il fatidico “pezzo di carta” [al tôc ed chèrta].Se poi to’ pèder o to’ mèdra [tuo padre o tua madre] a j’eren dû nèsi [erano universalmente riconosciuti come cretini] ste pur sicûr [puoi stare sicuro] ca’tse un bel nèsi anca tè [che sei un bel cretino pure tu]! Non c’è scampo!I nostri nonni, ad esempio, consegnarono ad imperitura memoria quel povero avvocato che veniva soprannominato “avochēt deşnōf” [avvocato diciannove]. Volete sapere perché? Perché “al ‘na mai vînt”! (che letteralmente si legge “non ha mai venti” ma crudelmente diventa “non ha mai vinto” per il fatto che “venti” e “vinto” nel dialetto reggiano si dicono allo stesso modo).Se poi si imbattono in un professionista di genere femminile ancora rimangono stupiti a causa del retaggio da famiglia patriarcale, tanto che il commento in genere è: “A gh’era na dòna, mo l’è stèda bravissima!” [C’era una donna, ma è stata (sorprendentemente – N.d.A.) bravissima!].A questo punto, però, è necessario fare una distinzione: mentre gli uomini, come dicevo, mantengono un certo scetticismo e il gusto dell’ironia, le donne, al contrario, essendo soggette al demone della vanità, amano riempirsi la bocca dei titoli più prestigiosi.Le si può vedere, infatti, al mercato, dalla parrucchiera (più correttamente definita dalle bianche signore come “pettinatrice”) o nella sala d’attesa del dottore - noti luoghi di ritrovo e socializzazione per la popolazione femminile anziana - gonfiare il petto ed esclamare orgogliose: “Me ‘nvòd l’è architetto!” [Mio nipote è architetto! (rigorosamente in italiano perché fa più chic)]; “Me fiōl l’è ingegnere!” [Mio figlio è ingegnere!]; “Al me, inveci, l’è professore!” [Il mio, invece, è professore].Ed io che lavoro nel sociale, per di più precaria e con contratto a progetto, ho sempre creato un certo smarrimento nei miei poveri nonni, tanto che, periodicamente, si fanno coraggio e mi chiedono: “Mo csa fêt, tè, a lavurèr?!!!” [Ma cos’è che fai tu a lavorare?!!!].E dopo l’ennesima spiegazione, di fronte alle solite vecchie pettegolone di paese che la interpellano sulla questione, mia nonna, gofiando il petto, esclama altezzosa: “Me ‘nvòda l’è n’impiegata dal c’mòn!” [Mia nipote è un’impiegata del Comune!].Il caso è chiuso!N.B.: immagine tratta da http://umarells.splinder.com/