Azzurroblu

I beni necessari


Noi della Bassa, gente di campagna raccolta in piccoli paesi dalle piene del Po, siamo molto legati alla nostra terra fatta di nere zolle scintillanti di brina.I centri urbani sono attorniati da canali, fossi, campi e anche le zone industriali si esauriscono ben presto per lasciar spazio al grano, al mais e all’erba medica.I nostri anziani ci aiutano a mantenere vivo questo legame attraverso i ricordi, le meravigliose espressioni dialettali e un vero e proprio culto per la “materia prima”.Anni luce avanti rispetto alle mode salutiste, minimaliste e culinarie odierne, hanno sempre osteggiato i processi di industrializzazione e globalizzazione degli alimenti, difendendo a spada tratta la causa della genuinità e del “ruspante”.Così anch’io ho finito per interiorizzare una serie di principi cardine della cultura nonnesca che mi hanno sempre provocato mille scrupoli, ripensamenti e sensi di colpa tra gli scaffali dei supermercati:- le uova si prendono in campagna, così come le galline e i conigli, perché quelli di allevamento chissà come li tengono e chissà cosa gli danno da mangiare;- il formaggio (e da noi “il formaggio” [al formaj] è solo il Parmigiano-Reggiano) si compra al casello (caseificio) perché è più buono e si può scegliere tra quello da pasteggio e quello da grattare (grattugiare);- per i salami rivolgersi a chi ancora li fa in casa e che siano stagionati a dovere, rigorosamente appesi in buie cantine regolate da una perfetta umidità;- al vino, invece, siano dedicati lunghi pellegrinaggi, con tanto di damigiane vuote e pronte all’uso nel baule dell’auto, perché va preso direttamente da chi lo produce per poi essere imbottigliato in casa a seconda della luna e in base al tipo di vino (per ulteriori dettagli vedasi la bibbia del nonno, ossia il mitico calendario “Il Pescatore Reggiano”)…Da ciò risulta evidente come per attuare questa disciplina zen dell’acquisto sia necessario governare una gran quantità di tempo libero… ma non solo!Il segreto dei nostri anziani è che hanno sempre “Un mê amîgh” [un mio amico] disperso in qualche angolo della Bassa a cui possono rivolgersi per rifornirsi di ogni ben di Dio.Perché per loro il commercio è prima di tutto socialità, un entrare in relazione con qualcuno, uno scambio di beni, un dare e ricevere per entrambe le parti.Fare la spesa non è prendere un carrello, correre tra due corsie ed accaparrare alla rinfusa ciò che capita sotto mano, ma è passeggiare sotto ai portici, fermarsi dal lattaio, dal macellaio, dal fornaio, dal fruttivendolo, dal giornalaio… è dire “Buongiorno” e “Buonasera” e “Come sta?” e “Che caldo che fa!” e “Et vîst la Maria?!” [Hai visto la Maria?!] e “A j’han portè quelchidûn?” [Hanno portato qualcuno?]*… e tutte quelle frasi di cui, ormai, ignoriamo l’esistenza.Questo piccolo mondo si regge sulle loro antiche spalle ed è un meraviglioso universo che pian piano stiamo schiacciando con la nostra ignoranza e le nostre frenesie.Ci sentiamo moderni perché usiamo computer, palmari, cellulari e tutti quegli aggeggi che fino a pochi anni fa non erano neanche immaginabili, ma siamo profondamente antiquati ed incivili dal punto di vista umano e forse dovremmo prenderci qualche attimo per fermarci all’ombra di questi alberi dalle radici profonde per riposarci la testa e il cuore prima che Fratello Tempo possa privarci della loro insostituibile presenza.* Forma compressa usata frequentemente nel dialetto reggiano per esprimere il concetto: “Ho sentito la campana a morto, ma chi è morto? Chi hanno portato al cimitero?”N.B. Immagine di Ghiretti - www.mondopiccoloimmagini.it