la finestra

L'attimo precedente


Il comandante spinse pensieroso lo sguardo lungo le fila degli uomini che con i rossi cimieri incendiavano il pendio di quella collina che a sera avrebbe perso ogni sua amenità d'erba tenera e fiori azzurri. Non serviva più che ne contasse le lance e gli scudi, sapeva come il loro numero fosse esiguo. Troppo pochi contro l'esercito nemico che avanzava. Erano così impavidi e giovani e belli nel loro orgoglio, nel loro coraggio, nell'assenza di dubbi e domande. Dovevano essere di quella pasta gli eroi. Senza titubanze, senza remore a incrinare l'azione, senza le sbavature di una coscienza, nella convinzione di un'innata giustizia.E si chiese se lui poteva esserne il capo di un simile esercito, il condottiero inutilmente saggio dalla lunga vista (perchè vedeva già la collina ricoperta dai corpi inermi e dagli uccelli e dai cani). Si sentiva schiacciare da una responsabilità che non aveva scelto, che non gli competeva. Un'investitura impietosa.Uno squillo lontano vibrò nell'aria, il cavallo ebbe un scarto e il comandante serrò il volto in una maschera inespressiva. "Soldati, oggi il cielo ci guarda e si schiera dalla nostra parte, la parte dei giusti. Voglio che il clangore delle vostre armi salga oltre le nuvole e che la terra sotto i vostri piedi conosca il sangue dei nostri nemici. Uomini oggi facciamo la storia e incidiamo col ferro i nostri nomi sulle lastre della memoria! Soldati, seguitemi, ciechi alla ragione e insensibili alla sorte."