la finestra

La festa


 Inclino penna e pensieri. Faccio ordine in ciò che taglio, pianta potata dei rami.Quel che abbandono a terra è vissuto ormai sterile, prosciugato dei suoi nutrimenti oppure infetta, fatale insidia. Non è che un piccolo nulla, lieve. Dietro sono in agguato gli abissi.(In fondo non era poi così assurda l'immagine della terra come specchio piatto dai bordi inesplorati e definitivi, pericolosi: Nulla vi è oltre. Rimanere nel cerchio finchè è possibile, finchè persistono i motivi... non per decisione, ma per gravità della forza centripeta. Inspiegabile istinto di sopravvivenza.)La festa era già al culmine, quando entrò nella sala. Alzò spavalda la testa indossando il più affascinante dei sorrisi, veste attillata di una timidezza che aborriva la ribalta. Si ritrovò un calice di champagne tra le dita e non chiese di meglio che il  soccorso delle bollicine ghiacciate a scaldarle il sangue. Le serviva a raccolta tutto ciò che aveva da tempo abbandonato: l'aria mondana e compiacente, disponibile alle confidenze, ammiccante.Colse da un vassoio un secondo calice a sostituire quello vuoto che conservava solo la condensa sul cristallo a testimoniare l'ambrosia dissolta. La sua risata aveva ormai raggiunto la consistenza piena dell'onda schiumosa che si frange sugli scogli. Le ombre del suo sguardo si erano arroccate nella pupilla nera, segreta. Solo chi l'avesse conosciuta bene avrebbe sorpreso un tremito lieve nel battito delle ciglia. Solo chi l'avesse conosciuta bene avrebbe indovinato un tono appena più aspro nella sua voce. Ma lì non c'era nessuno che la conoscesse bene, e lei poteva stare tranquilla e procedere, come sempre, in incognito. Il prezzo l'avrebbe pagato poi.