la finestra

erbarme dich


 Sono il boia di questo carcere, nel deserto assolato. Ogni giorno scruto i turbinii di sabbia che lacera la pelle e secca le labbra, il cielo fondo da far male senza mai una lacrima a lavare rimorsi. Affilo le mie lame e lucido i miei fucili. Le sentinelle ferme sulle mura a volte mi chiedono come io dorma le mie notti. Ma io non credo nei giudici, non mi fido della pietà, non riconosco più giustizia. Sono la tempesta che affonda la nave, la carestia che affama dentro la città, la maschera della morte ai balli dei nobili.Non sono più un uomo, sono la natura che allevia la terra dai pesi che arbitrariamente la sorte mi conduce.Sono il boia di questo carcere, nel deserto assolato. Di notte ho perso l'abitudine a sognare, per non far parlare voci nel buio. La notte è solo il susseguirsi del giorno, non più abitata da fantasmi. Il giorno è solo la conta dei granelli di sabbia, dopo lo spegnersi della notte.Ieri ricontavo i passi nel cortile arido e ho scoperto il germoglio di un fiore, uno strano fiore dal colore intenso, purpureo e delicato tra le spine.Vi ho costruito attorno un recinto di sassi chè nessuno per sbaglio lo calpestasse.Non conto più la sabbia, ogni giorno osservo il progressivo aprirsi del fiore. Nessuno se ne cura e mi commuove la sua tenace fragilità. Non sono più un uomo, sono un giardiniere spodestato, che ruba l'acqua per un sogno appena sbocciato, per una preghiera al cielo distante.