Atletica e Parkinson

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Che cosa è la fantasia Se non un sognar di sognare? (3)G. D’Annunzio 9° AtipicitàIl dizionario così definisce il fenomeno:E’ atipico ciò che non presenta i caratteri propri del tipo consueto normale. Propongo più sotto di fare un esempio,per cercare di capire meglio il concetto.“In un processo di distillazione per un prodotto di qualità si raccoglie solamente il cuore, la parte iniziale e la parte finale del processo vengono scartate”. Detto così, semplicemente, il concetto serve, per quanto ci riguarda, per depurare il processo da eventuali errori. Questa è una tecnica consolidata nelle ricerche scientifiche e come tale accettata e condivisa da tutti. Qui vorrei precisare alcune mie personali considerazioni sulla atipicità,partendo dalle affermazioni più sopra esposte.Capisco e condivido che dati atipici possono trarre in inganno chi si appresta a ricerche nell’ambito della patologia. Credo tuttavia che, pur con la dovuta cautela,un’indagine per esplorare l’atipicità di certi dati valga la pena di essere svolta sempre partendo da questi criteri condivisi. La mia curiosità induce perciò a chiedermi:• Perché avviene questo? Cioè, come si spiegano queste manifestazioni così diverse della patologia?• Si tratta o no di una forma particolare, della stessa patologia?È una forma diversa della patologiaNon è esportabile su altri soggetti questa attitudine atipica?Perché permangono gli aspetti positivi, nel senso che il camminare, il movimento in genere, sono in grado di garantire il permanere nel tempo di queste superiori capacità , che invece non si trovano in chi non ha mai esercitato questa disciplina?Mi pare ovvio constatare che partendo da una superiore base di diversa abilità il processo di progressiva perdita cinetica (acinesia), avrà un decorso diverso a seconda dei diversi livelli di partenza. Questo, indipendentemente dalle differenti velocità con cui la malattia procede (Parkinson lento o veloce). Gli effetti dell’allenamento sono reversibili,dopo pochi giorni senza allenamento si possono dimostrare riduzioni significative delle capacità prestazionali. È comunque un dato di fatto che se io attuo questi correttivi, definiti qui genericamente movimenti, ottengo una migliore risposta al movimento stesso (cammino, bradicinesia); aggiungendo inoltre nella pratica quotidiana esercizi propiocettivi, potrei raggiungere anche sensibili miglioramenti posturali. Resta inteso che, così come ogni farmaco ha una dose minima efficace, anche l’allenamento in una disciplina sportiva richiede un determinato quantitativo minimo di lavoro perché questo risulti allenante. Inoltre ritengo che la pratica agonistica dell’atletica leggera protratta per diversi anni(oltre 40)mi abbia favorito .Occorre cioè monitorare quindi come effetti fisiologici dell’allenamento/riabilitazione le modificazioni biochimiche: Modificazioni aerobiche Modificazioni anaerobiche Modificazioni alle fibre a scossa rapida o lentaPer tutti questi argomenti o aspetti che proporrei di prendere in considerazione(misure oggettive da me qui ipotizzate) si potrebbero stabilire: valori,metodi, parametri,sistemi di misura adeguati tali da potersi confrontare. Per questa serie di dati,credo che sarebbe utile verificare con misure di correlazioni statistiche l’incidenza ed il peso di ognuno dei fattori presi in esame .A questi parametri tuttavia credo che si possono aggiungere nell’indagine sulla patologia anche variabili soggettive quali abitudini di vita,abitudini alimentari,attività sportiva,interessi,ambienti di lavoro,impegni,farmaci. Mi sembra di notare che, nell’indagine sul paziente (anamnesi) non si dia molto peso a quelle che sono le caratteristiche personali specifiche dell’individuo Nelle visite mediche alle quali mi sottopongo, mi piace porre in evidenza le mie esperienze personali provocando l’interlocutore con le mie affermazioni ed esperienze personali. Chi mi conosce ha sentito diverse volte il mio modo di approcciarmi ad alcune attività. Per l’attività riabilitativa ho da sempre avuto un’attenzione particolare. Ai riabilitatori rivolgo spesso questa domanda: Come fate a verificare se la vostra terapia è stata efficace per il paziente? Chiedete al paziente come va e se ha notato benefici?Inevitabilmente concordano con me nel constatare che spesso il paziente con Parkinson è depresso, e tende a sottovalutare ogni intervento, non riesce a fare valutazioni obiettive. Quando il paziente al contrario è un entusiasta, un euforico ( come potrei essere io) può sostenere che il trattamento è stato molto importante, enfatizzando i benefici. In ambedue i casi non è possibile fare valutazioni precise sui benefici, perché mancano dati oggettivi.