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L’idea dei braccialetti elettronici che avrebbero dovuto «svuotare le carceri» rendendo «più agile» il nostro sistema penitenziario si è rivelato in realtà un grosso affare per Telecom Italia, un’«esclusiva» che ancora oggi, a 10 anni di distanza, costa ai contribuenti italiani la bellezza di 11 milioni di euro all’anno. I numeri sono da truffa. Infatti i braccialetti elettronici anti-evasione attualmente operativi sono infatti solo 10 e ci costano più di un milione di euro ciascuno. La sperimentazione del braccialetto elettronico venne varata con il 2 febbraio 2001 ed il fornitore della tecnologia Telecom Italia aveva assicurato che, qualora il detenuto si fosse allontanato di soli 10 metri, l’allarme sarebbe scattato. Dopo appena due mesi, arrivò la sorpresa e la verifica che Telecom aveva garantito qualcosa di non corretto, infatti il 26 giugno 2001 l’operatore in servizio alla centrale operativa di Milano si rese conto che il collegamento telefonico col braccialetto di Albirena era scomparso per un motivo semplice. Il peruviano dopo aver tagliato i fili, pensò bene di far perdere le sue tracce. Il 27 luglio 2002 Antonino De Luca, 40 anni, boss mafioso di Messina condannato all’ergastolo, fuggì dalla stanza dell’ospedale Sacco di Milano in cui era stato ricoverato per una grave malattia. Al polso aveva il braccialetto: l’allarme però scattò in Questura soltanto dopo quattro minuti. Quattro brevi ma lunghi minuti per avere qualche probabilità di intervenite in tempo utile e rintracciare il detenuto. Successivamente nel 2003, il nuovo ministro dell’Interno decise di rilanciare tutto. Ed ebbe inizio lo scandalo vero. A novembre proprio del 2003 venne firmato un nuovo contratto con un gestore unico, Telecom Italia, che doveva garantire, oltre all’installazione dei Personal identification device, anche l’assistenza tecnica. Questo accordo costa allo Stato poco meno di 11 milioni di euro l’anno e soprattutto è ancora valido: è scaduto qualche giorno fa alla fine del 2011. Quasi cento milioni di euro, oltre naturalmente ad un’altra decina di milioni già spesi per la prima fallimentare sperimentazione. I conti li fece anche MF-Milano Finanza, il quotidiano dei mercati finanziari secondo il quale «lo Stato spende 11 milioni di euro all’anno per applicare i braccialetti a una decina di detenuti agli arresti domiciliari». Una cifra enorme, uno spreco assurdo. Perchè ? «Dei 400 dispositivi elettronici che il Viminale ha noleggiato dalla Telecom fino al 2011, soltanto 11 sarebbero utilizzati, il resto è sotto chiave in una stanza blindata del ministero». Probabilmente sarebbe stato logico rompere il contratto con Telecom Italia, risparmiando così un mucchio di soldi. «Purtroppo – spiegava sempre Capece – il contratto firmato nel 2001 contempla una clausola che obbliga lo Stato a pagare la Telecom fino al 2011; solo dopo questo termine si potrà sciogliere l’“esclusiva“, scegliendo eventualmente di rivolgersi ad un altro operatore in grado di gestire – magari con prezzi più modici – la tecnologia di braccialetti elettronici di nuova generazione». Telecom Italia, al momento, secondo quanto diceva il contratto. sarebbe stata in grado di monitorare grazie a una sala di controllo centralizzata 309 centraline su tutto il territorio nazionale collegate alle questure, ai comandi provinciali della finanza e dei carabinieri. Sulla carta uno spiegamento tecnologico assolutamente sovradimensionato rispetto ai pochi detenuti agli arresti domiciliari cui è stato effettivamente applicato il braccialetto: detenuti ai quali è bastato staccare il marchingegno farlocco dalla caviglia o dal polso per rendersi irreperibili. Insomma, lo Stato ha pagato fior di milioni per rendere il più possibile agevole l’evasione dei criminali. Telecom beata ha incassato e tutti zitti !
tratto da fonte internet: http://www.adgnews24.com/2012/01/04/telecom-ed-i-braccialetti-inutilizzati-per-i-detenuti/ |
Post n°1 pubblicato il 08 Gennaio 2012 da ipsensei
Indennità parlamentare L’indennità è corrisposta per 12 mensilità. L’importo mensile è pari a 5.486,58 euro, al netto delle ritenute previdenziali (€ 784,14) e assistenziali (€ 526,66) della quota contributiva per l’assegno vitalizio (€ 1.006,51) e della ritenuta fiscale (€ 3.899,75). Diaria Viene riconosciuta, a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma, ammonta a 4.003,11 euro mensili. Tale somma viene ridotta di 206,58 euro per ogni giorno di assenza del deputato dalle votazioni. È considerato presente il deputato che partecipa almeno al 30 per cento delle votazioni effettuate nell’arco della giornata. Rimborso per spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori A titolo di rimborso forfetario per le spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori, al deputato è attribuita una somma mensile di 4.190 euro, che viene erogata tramite il gruppo parlamentare di appartenenza. Spese di trasporto e spese di viaggio tessere per la libera circolazione autostradale, ferroviaria, marittima ed aerea per i trasferimenti sul territorio nazionale. Per i trasferimenti dal luogo di residenza all’aeroporto più vicino e tra l’aeroporto di Roma-Fiumicino e Montecitorio, è previsto un rimborso spese trimestrale pari a 3.323,70 euro, per il deputato che deve percorrere fino a 100 km per raggiungere l’aeroporto più vicino al luogo di residenza, ed a 3.995,10 euro se la distanza da percorrere è superiore a 100 km. I deputati, qualora si rechino all’estero per ragioni di studio o connesse all’attività parlamentare, possono richiedere un rimborso per le spese sostenute entro un limite massimo annuo di 3.100,00 euro. Spese telefoniche dispongono di una somma annua di 3.098,74 euro per le spese telefoniche. Assistenza sanitaria Il deputato versa mensilmente, in un apposito fondo, una quota del 4,5 per cento della propria indennità lorda, pari a 526,66 euro, destinata al sistema di assistenza sanitaria integrativa che eroga rimborsi secondo quanto previsto da un tariffario. Assegno di fine mandato Il deputato versa mensilmente, in un apposito fondo, una quota del 6,7 per cento della propria indennità lorda, pari a 784,14 euro. Al termine del mandato parlamentare, il deputato riceve l’assegno di fine mandato, che è pari all’80 per cento dell’importo mensile lordo dell’indennità, per ogni anno di mandato effettivo (o frazione non inferiore ai sei mesi). Assegno vitalizio Il deputato versa mensilmente una quota – l’8,6 per cento, pari a 1.006,51 euro – della propria indennità lorda, che viene accantonata per il pagamento degli assegni vitalizi. Il deputato riceve il vitalizio a partire dal 65° anno di età. Il limite di età diminuisce fino al 60° anno di età in relazione agli anni di mandato parlamentare svolti. L’importo dell’assegno varia da un minimo del 25 per cento a un massimo dell’80 per cento dell’indennità parlamentare, a seconda degli anni di mandato parlamentare.
Tratto da fonte internet :: http://manentscripta.wordpress.com/2010/08/27/lo-stipendio-di-un-deputato-italiano/
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Inviato da: luce776
il 15/01/2012 alle 23:17