Astral Night Reverie

Lived at night


Era una serata primaverile come tante altre, una pizza con i soliti amici e poi l'immancabile domanda "E ora che si fa?" prima di decidere e di partire alla volta di un locale aperto da anni, ma in cui non eravamo mai stati.***Le casse pulsavano facendo tremare il pavimento con le note basse che emettevano, le mani del dj volavano abili sui dischi neri, ipnotizzando la folla con ogni intreccio musicale che creava. Ogni donna in pista si esibiva in danze sensuali a ritmo con la musica, incantando la componente di sesso maschile del locale; le ragazze più spigliate accanto alla console lanciavano sguardi ammiccanti in direzione del disc jockey, lui ricambiava con un sorriso distratto, un gesto automatico, un rituale che si ripeteva spessissimo in una serata, che quasi faceva senza accorgersene tanto che era abituato a farlo.Guardai meglio nella sua direzione e mi accorsi che, per me, era un viso familiare. Mi sorprese scoprire che si trattava del mio vicino di casa.Lo incrociavo quasi tutti i giorni nell'androne del nostro condominio o per le scale, a volte sul terrazzo: un sorriso, un saluto al volo, ma mai alcun discorso era stato fatto tra noi. Non ci eravamo mai parlati nonostante fossimo vicini ormai da anni, il mio terrazzo adiacente al suo.Daniel era come un vampiro, viveva di notte, e in quel momento mi spiegai il perché. Mi spiegai perché lui rientrava a casa sempre quando io uscivo per andare in ufficio.***Tornammo spesso in quella discoteca. In una di quelle sere, mentre sorseggiavo un Martini guardandomi attorno, il mio sguardo si incrociò con quello di Daniel, mi sorrise. Le sue labbra si incresparono con sincerità e senza automatismi, era un sorriso caldo e non sfuggente, mi aveva riconosciuta. Gli sorrisi a mia volta, raggiante, facendogli un segno di saluto con la mano che lui ricambiò, ancora sorridente, con un cenno della testa.Sorrideva ancora mentre spostava il suo sguardo sulla consolle e con poche parole incitava la folla ad alzare le mani al cielo.***Quegli stessi sorrisi li ripetemmo il giorno dopo quando ci incontrammo sul pianerottolo, "Ciao. Non ti avevo mai vista al Kile... prima volta?" mi disse."No, nonostante ci vengo con amici da un pò""Bhè, strano che non ti abbia vista prima""Sei sempre impegnatissimo..."Sorrise lievemente, distolse lo sguardo come per cercare le parole giuste "Una di queste sere, se ti và, puoi venire con i tuoi amici dietro la consolle""Ok, credo che anche agli altri farebbe piacere vedere cosa fai là dietro...""Vedi che ci conto, ti aspetto".Il sabato sera successivo, incrociammo i nostri sguardi appena entrai nel locale e continuammo a farlo spesso durante la serata. Era buffo osservare come erano diversi i sorrisi che rivolgeva a me rispetto a quelli che, invece, lanciava alle ragazze vicino alla consolle, ovvero qualcosa di stentato e distratto, come se fosse controvoglia. Ma le ragazze, tutte prese dal "fare colpo" su di lui, nemmeno se ne accorgevano.Dopo l'ennesimo sguardo, mi fissò e mi sorrise scoprendo la sua dentatura perfetta, la musica rallentò il ritmo fino a fermarsi quasi, alzò le mani e la musica ripartì di colpo... mi fece segno di raggiungerlo con gli altri.Fu una notte particolare, Daniel passò a noi le sue cuffie, ci fece scegliere i pezzi fidandosi dei nostri gusti... prese le mie mani e le guidò più volte sui piatti. Poi, quando ad una certa ora stavamo per andare via, lui insistette affinché restassi con lui, dopo mi avrebbe accompagnata a casa. Lo feci, restai con lui fino a quando il locale non si fu svuotato... per poi ritrovarci a fare colazione sul terrazzo di un bar, a guardare nascere il sole, un nuovo giorno... e forse la nostra amicizia...