Astral Night Reverie

Perché...


Eravamo entrambi appoggiati al parapetto del ponticello che sovrastava il laghetto del parco vicino casa mia, guardavamo le foglie che galleggiavano sulla superficie dell'acqua e le oche che si inseguivano nuotando leggiadre.Francesca inspirò una lunga boccata d'aria prima di parlare "Io e John abbiamo rotto"Non dissi nulla, in parte per non spezzare la sua concentrazione e in parte perché già l'avevo previsto e immaginato, ma non era solo quello il motivo che l'aveva spinta a prendere il primo volo Londra-New York disponibile."Abbiamo litigato" faceva lunghe pause, come se quelle confessioni le pesassero come macigni sullo stomaco "Alla fine abbiamo scoperto che non ci amiamo più, il codardo aspettava che lo lasciassi per sentirsi in pace con se stesso e quindi è toccato a me troncare la cosa" si girò verso di me, si infervorò, chiuse gli occhi e si calmò per poi riempire le sue parole di durezza e amarezza arcaiche "Perché non riuscite ad amarmi?"Rimasi come pietrificato, sarei stato perfetto come una statua da porre al centro di quel laghetto.Quella domanda rimase lì, come un sassolino lanciato nel lago che ne turba la quiete per pochi attimi, giusto il tempo necessario affinché il movimento svanisca nell'ampliarsi dei cerchi concentrici dell'increspatura acquatica.Mentre ancora trovavo la forza per dirle qualcosa o confortarla in un qualsiasi modo, lei mi raccontò tutto: di come le cose con John non andavano bene già prima di quel Natale in cui li avevo visti stressati e distanti; dei tanti impegni che li tenevano separati anche per giorni, soprattutto per la smania di fare carriera di John.Dopo essersi lasciati, Francesca uscì da quella casa in cui avevano vissuto insieme e andò all'aeroporto, sapeva dove andare senza bisogno di pensarci su; aveva bisogno di cambiare aria e vita.Aveva preferito venire da me perché tornare in Italia avrebbe significato "combattere" contro le domande dei nostri genitori, magari anche contro un padre che avrebbe avuto voglia di scuotere quel John che aveva illuso la sua bambina. Francesca non aveva voglia sottostare alle cure di una madre che, in buona fede per premura e affetto, l'avrebbe coccolata tanto senza, forse, rendersi conto di soffocarla in un momento in cui la solitudine e la libertà avrebbero potuto essere un toccasana.Quando finì di parlare apparve come svuotata, l'abbracciai senza dir nulla. Capivo il suo smarrimento, l'essere stata convinta di volere un certo tipo di vita che poi, invece, non l'aveva resa felice.Iniziai a stringerla sempre più forte e lei ricambiò come se fosse un modo per scaricare tutto lo stress accumulato.Dandole un sonoro bacio sulla testa, sciolsi l'abbraccio. La guardai con dolcezza e le rivolsi un immenso sorriso che lei ricambiò, desideravo vederla felice, lo meritava; desideravo che quel sorriso le si proponesse più spesso sulle labbra.Iniziai a fissare un punto alle sue spalle, lei si girò. Feci uno scatto in avanti "Chi arriva ultimo paga il gelato!" e corsi verso il chioschetto del bar in fondo al viale.Francesca rise e si mise a correre, arrivò al bar pochi secondi dopo di me, mi guardò affannata, sorrise innocente "Tocca comunque a te pagare"Sorrisi "Avevamo fatto una scommessa, quindi mi rifiuto di fare il cavaliere""Non si tratta di fare il cavaliere... non ho dollari, ma solo sterline!"