Lost in a book

Siddharta, di Hermann Hesse


Chi non ha letto la storia di Siddharta, ricco e giovane indiano che decide, affiancato dall'amico Govinda, di abbandonare ogni lusso per andare a vivere con i Samana, pensatori che vivono di poco o nulla e si immedesimano in tutto ciò che li circonda? Chi non lo ha "seguito" nel suo viaggio, un viaggio che lo ha portato alla scoperta di sè stesso e di ogni sua umana debolezza? Penso tutti. O se non tutti, quasi.Edito nel 1922, il romanzo di Hesse divenne famoso solo un ventennio dopo la sua pubblicazione, quando l'autore ricevette il Premio Nobel, nel '46. Siddharta è un libro che solitamente divide i lettori: da una parte, c'è chi lo trova bellissimo, profondo ed illuminante, facendo di Siddharta un simbolo dell'inquietudine adolescenziale, dell'ansia di ricerca di sè stessi e dell'orgoglio dell'essere umano dinanzi al mondo e alla storia. Dall'altra, c'è chi lo considera un libro saccente, spocchioso o, comunque, un "cult" estremamente sopravvalutato. Posso dire di appartenere al secondo gruppo. Lo stile di Hesse è molto fluido, scorrevole, la storia non risulta mai pesante. Quella dell'autore è una scrittura semplice, che rimanda inevitabilmente a qualcosa di molto spirituale, ad un mondo lontano e difficilmente immaginabile. Tuttavia, lo considero sopravvalutato, forse uno dei libri più sopravvalutati di sempre. Ripetitivo in varie sue parti, un po' troppo misticheggiante. A fine lettura non ha lasciato nulla, niente di particolarmente edificante o innovativo. E' una tappa quasi obbligata per ogni lettore, per ogni adolescente, credo, ma non la definirei un'opera di vitale importanza.