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Stefano Rosa* L'essenza e lo scopo dell' Arte di Stefano Rosa* sono espressi dalla sua originale tecnica compositiva che comunica l'essere partecipi alla vita, cercando di condividere con l'osservatore l'unità e l'armonia di questo rapporto. Dott. L. Rosa

 

 

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« spazio liberoil dottore cosmico »

.. il volo del calabrone.

Post n°8 pubblicato il 23 Aprile 2011 da artestefanorosa
 

                      polimaterico 

 

.. Le persiane accostate lasciavano filtrare la luce di fine settembre. Erano le 8.30 e come sempre tutto era pronto. Il sole entrava pigro dalla finestra semiaperta, ed attraverso quello spiraglio si posava sulla tavola apparecchiata della piccola sala da pranzo. I riflessi caldi dell’oro si spandevano sulla tovaglietta candida di fiandra finemente apparecchiata: le porcellane di limoges ereditate dalla suocera, le posate d’argento, dono di nozze della zia di lei, la moglie, satinate dall’uso, poste lì, allineate come soldatini di latta; la teiera fumante, il caffè caldo, le marmellate, il miele, pane tostato, i maritozzi ancora caldi, proprio come piacevano a lei, presi dalla panetteria sotto casa.

Sposati da più di cinquant’anni ora godevano della loro compagnia, ormai paghi della vita, senza più fretta, assaporando quei piccoli lussi che si concedevano con dovizia, iniziando sempre dalla prima colazione, come fosse un rito propiziatorio per tutto il giorno. Era lui, il marito, che dava vita a quel piccolo miracolo mattutino. Un anziano ed elegante signore ormai ottantenne, con nessuna velleità e pochi vezzi, dedito solo ai suoi amati fiori, alle bestiole di casa ed a lei, la moglie. Lei entrò puntuale, baciò il marito sulla guancia e si accomodò su di una sedia di thonet, che lui con garbo le scostò. Mentre si sedeva rivolse uno sguardo sorridente verso l’alto cercando gli occhi rassicuranti del marito; in quell’istante lui si batte la mano sulla fronte, e come non poteva, aveva dimenticato il grazioso vasetto di cristallo dallo stretto collo dove tutte le mattine poneva tre fiori diversi a seconda delle stagioni: in quell’inizio d’autunno il loro piccolo ed assolato cortile era adorno di petunie, bocche di leone e rose settembrine.

Bene, ora davvero tutto era pronto ed anche lui infine si accomodò per godere della loro stessa compagnia. -Dici che passerà a farci visita stamattina?- Lo interpellò la moglie. -Credo di si cara, sono dieci giorni consecutivi ormai, poi tra poco si prepareranno per il grande sonno.- Lei sorrise scuotendo dolcemente il capo, cosicché la nuvola bianca che le adornava il viso ondeggiò lievemente. -Volevi forse dire letargo?- Sapeva quanto al marito piaceva dare un tocco colorito e poetico alle piccole cose quotidiane. - Che ne dici allora, vuoi aprire la zanzariera, proviamo?- continuò lei. -D’accordo, sono sicuro che passerà, e magari e sempre la stessa…-, -Dici sul serio, sei davvero sicuro che sia sempre lei?-, -Credo proprio di si, hai visto come ogni mattina vola allo stesso modo: due giri precisi sul soffitto, si avvicina a te poi a me, fa un girellino sul tavolo, annusa i fiori, ed infine si posa sul bordo del vaso…si, indubbiamente e sempre la stessa.-, -Hai davvero un animo romantico!- sorrise ancora mentre lui le versava il tè ancora caldo. Fu allora che lei si accorse della solita presenza. Il ronzio la distolse dalla tazza fumante ed alzò gli occhi al soffitto: -Eccola-. Lui restò con il vaso di miele in mano, mentre aveva già farcito una fetta di pane tostato. Poggiò il vaso, frattanto seguiva curioso il percorso aereo dell’insetto: corpo lungo, vitino stretto…da vespa, e brillanti strisce gialle e nere. – Si, è lei, è la stessa vespa, ci giurerei!-. volò come al solito; ispezionò il soffitto, volti sorridenti, tavolo e fiori, ed infine andò a posarsi sul bordo del vaso di miele. Moglie e marito erano attenti osservatori di quel fatto strano e singolare a parer loro.

Due anime affini, che nei lunghi anni erano riuscite a smussare angoli e tagliare incomprensioni. Si completavano, come il cioccolato caldo con la panna, il marito, come il cacio sui maccheroni, la moglie. La vita stessa era stata assai clemente donandogli più gioie che dolori. Ora godevano di loro, della compagnia di tre gatti strani e capricciosi, di due parrocchetti che cantavano da marzo a novembre, e di un vecchio cane saggio mezzo cieco, ultima eredità di quell’unica figlia un po’ scapestrata, loro unico cruccio: eterna adolescente, che cambiava case, lavori e uomini come fossero abiti smessi. Inseguiva sogni e passioni, un vulcano di idee, eternamente fumante, e sempre sul punto di esplodere. Coma una  folata di vento, sempre di corsa, portandosi appresso la luce dei loro occhi, quella benedetta nipote che amavano teneramente, ora adolescente, così diversa dalla madre. Calma e posata, riflessiva, attenta osservatrice delle piccole cose, forse un po’ troppo silenziosa, ma a volte se la si guardava attentamente si vedevano i pensieri che galleggiavano allegri per l’ aria. Una ragazzina matura per la sua età, affettuosa con loro e grata di quel secondo nido tranquillo che i nonni spesso le offrivano, ma non restava mai più di tre giorni; la madre era il suo tramite con il mondo, lo specchio dove lei si rifletteva divertiva: si completavano, come il tè con i biscotti, la nipote, come pizza e patatine la figlia, come il nonno e la nonna.

La vespa stava lì, sul bordo, intenta ad annusare, ferma; forse presa da insolita fiducia la bestiola azzardò ed entrò nel vaso di miele. Fu così che si fece sedurre dal profumo inebriante, ed ahimè si posò su quella massa semi compatta dal colore dell’ambra. Quel breve ed ultimo volo fu seguito da quattro occhi attenti e preoccupati; infatti neanche a dirlo l’insetto rimase invischiato come fosse nella tela di un ragno. Ah, che dolce morte sarebbe stata quella, spirare così nelle dolci braccia di Morfeo…addormentarsi! –Ah, sciocca di una bestiola!- disse lui prendendo un cucchiaino ed il vaso di miele. –Che fai ora?-, -La tolgo dai guai .- così, prodigo tirò fuori dal miele la vespa, ormai già quasi mezza morta, rassegnata a quella fine dolcissima e gloriosa. Fece attenzione a non strappargli ali o zampette, poi la adagiò su di un piattino dove lei aveva messo poca acqua. La vespa rimase lì, più morta che viva, per qualche minuto, mentre moglie e marito finivano di far colazione, guardando ogni tanto preoccupati verso il piattino di limonges. Come a voler ascoltare i loro desideri pian piano si riprese, così iniziò a nettarsi con le zampe ali e dorso. Di lì a poco la vespa tentò parecchie volte di risalire il bordo del piattino ma invano, quello, per la sfortunata bestiola, era un’enorme distesa fiorata a roselline tea su sfondo bianco invalicabile, così com’era, quasi stremata e zuppa d’acqua. La moglie proseguì l’opera del marito, allungo un dito fiduciosa proprio vicino, quasi a toccare la vespa, senza paura della nomea dell’insetto, benché questo fosse uno splendido esemplare di calabrone assai grande. La bestiola dal canto suo vide quel dito come un’ancora di salvezza e vi ci si aggrappò sopra; così si lasciò traghettare fino alla tovaglia candida di fiandra, dove un raggio di sole la attendeva benevolo. Restò così ferma, tranquilla e riconoscente alla buona sorte. –Bene, è in salvo.- disse lei. –Non credo che domani ripasserà dopo questo spavento.- continuò. –Non importa, preferisco saperla in salvo da pericoli.- Lei annuì.

Una folata di brezza mattutina entrò nella stanza portando scompiglio nelle cose. Il portoncino d’ingresso batte forte ed in pochi passi fu nella stanza. La figlia guardo l’orologio a pendolo verso la parete mentre sbatteva letteralmente la borsa della spesa sul tavolo ancora apparecchiato come ogni mattina. - Dio com’è tardi, già le 9 meno 10, devo scappare, ho un appuntamento tra poco con il coreografo…cosa sono quelle facce, che avete, che c’è.. tutto bene? Beh allora vado ci vediamo domani. Ciao ma ciao pà.. mh, siete strani stamattina.. Ciao eh. - così come arrivò il vento la accompagnò via. Silenzio.

Lui alzò leggermente il sacchetto della spesa, quasi a voler scongiurare il fattaccio; non osava guardarci sotto, preferì guardare l’espressione della moglie: lei si portò le mani alla bocca con occhi inespressivi, incrocio di nuovo gli occhi del marito, guardo di nuovo il tavolo ed abbozzò un sorriso che mano a mano si allargava tramutandosi in un riso sommesso, nascosto dalle mani, come sotto i baffi. - Mi spiace tesoro.. -, rise ancora ed annuì verso il tavolo. Lui infine poggiò la spesa a terra, guardò, e vi assicuro che non fu un bello spettacolo: una macchia informe gialla e nera spiccava sulla bella e candida tovaglietta di fiandra. - .. ora mi piace pensare che non fosse la stessa.. - disse lui, lei annuì. Risero insieme pensando alla brezza mattutina, al vento che arriva porta nubi e se ne va, ai pensieri allegri che galleggiano per l’aria, ai gatti mezzi matti, ai parrocchetti canterini, al cane saggio mezzo cieco…ultimo dono di quella figlia sempre in cerca di chissà cosa; paghi di loro stessi, e del piccolo mondo che li circondava.

A. I. per S. R.

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Commenti al Post:
raffav56
raffav56 il 02/05/11 alle 14:48 via WEB
ke emozione...mi sembra quasi d'essere seduta,un pò in disparte...ed assistere alla scena,forse anke questa musica "tibetana" ha contribuito alla suggestione...sono felice d'esser passata di qua,un saluto,raffa
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
artestefanorosa@libe il 04/05/11 alle 09:38 via WEB
passa quando vuoi....un saluto...che l armonia ci accompagni Stefano
 
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