FONDALI

LaLaLand (ovvero, come intitolare un post acchiappalettori?)


Mi chiedo che senso abbia oggi la critica cinematografica. E' dal proliferare dei social che l'oggettività presunta di un parere estetico è messa in discussione in tutte le sue battute.Può un critico, sensibile a certi argomenti più di qualsiasi spettatore disarmato, indirizzare la visione e il gusto? Io credo di no, non più. Tanto più che leggo spesso recensioni affette dal morbo del "saccismo" che non è tanto l'atteggiamento di chi parte da posizioni d'avanguardia, quanto di chi si sforza di dimostrare le proprie competenze. Sono coloro che citano una riga sì e l'altra no esempi spesso sconosciuti di opere ritenute "alte", per poi confrontarle con l'oggetto della recensione. E più è popolare il film in oggetto, più diventano spericolate le citazioni. Per Lalaland, ad esempio - film intriso di citazionismo cinematografico - il critico citazionista si trova poi a criticare in sostanza il citazionismo stesso… Un cortocircuito che in un certo senso mi mal predispone.E' questa condizione un fatto positivo per il cinema? Credo di no. Il mio ragionamento è generico, non rapportabile a un caso singolo. La critica cinematografica credo che oggi si stia ponendo delle serie domande riguardo la propria utilità e il proprio futuro, perché certe recensioni così prive di empatia, trovano facile contraltare in un'ondata di commenti, di blogger e di passaparola che alla fine risultano più determinanti. In pratica, è arduo sostenere che un film faccia schifo quando è tanto amato dal pubblico, senza sottintendere che gran parte di quel pubblico sia composto da idioti.Anche qui Lalaland può considerarsi un esempio. Non credo che la sua fortuna sia legata alla lettura "colta", ossia quella citazionista che tanto piace - o dispiace - alla critica, quanto piuttosto al battage del passaparola per un pubblico alla ricerca di emozioni vintage. Tutte quelle generazioni toccate da Grease, Dirty Dancing, Mamma Mia, o più all'estremo coloro che ancora riescono a vedere di filato vecchi film anni 50 come Cantando sotto la pioggia o Gioventù Bruciata, ecco tutti questi orfani di storie semplici, romanzi d'amore conditi di buona musica, hanno avuto la loro rivincita. Che tutto ciò si ritrovi, con studiata eleganza e un'estetica rigorosa (e in questo senso forse un po' fredda), come elemento di citazione-omaggio al cinema che fu, a mio parere aggiunge e non toglie alcunché. 
Su un genere alieno, quale quello delle serie tv, vale un discorso diverso. Chissà perché ma il critico cinematografico sembra avere meno presa e meno competenza sul prodotto televisivo, dove invece regnano i blogger e i siti specializzati. Poca attenzione mi pare venga data anche ai critici televisivi dei quotidiani, quelli che una volta venivano citati per le loro stroncature e facevano arrabbiare moltissimo i divi tv.Non sto qui a ripetere di come le fiction soprattutto straniere siano oggi a un livello di qualità registica e narrativa superiore a moltissimi blockbuster del grande schermo, per cui stupisce la scarsa analisi critica a cui sono sottoposti. A me ad esempio risulta complicato cercare in rete recensioni di un qualche spessore riguardo le serie, anche quelle più popolari.In queste settimane per diverse ragioni ho iniziato a seguire La Porta Rossa, giallo in 12 episodi marcato Rai che si preannunciava come una novità sia per la trama che per il linguaggio.Anche in questo caso la critica finora uscita si è spossata nel dimostrare quanta ispirazione a Ghost vi sia, senza dire dei toni dark che ad iniziare dalla sigla rimandano ai serial polizieschi americani tipo True Detective. Tuttavia, visto che di citazioni pare dovremo morire, l'impianto narrativo e l'efficace fotografia, pur non essendo una novità assoluta, sono una boccata di aria nuova per la tv italiana. Qualcosa di simile è stato fatto con Gomorra e altre serie targate Sky; è tempo a quanto pare di trovare sponde anche in quel pubblico un po' nascosto e ormai non troppo di nicchia che spaccia streaming in rete per vedere in anteprima Fargo o GOT, producendo finalmente fiction anche per lui. Ben vengano vecchi e nuovi standard per raccontarci storie, e che la critica si illumini nell'aiutarci a leggere la complessità di un successo, piuttosto che a stroncarlo per partito preso.