sogni nel cassetto

IL CLEBBE CAP 4


Dormo tutto il giorno, e verso sera mi avvio per l’ospedale. Ho con me la catena e i due amici che lascio de guardia alla macchina. Infatti nu me sbaglio, ar cancello vedo il gruppetto de qualunquisti, facilmente riconoscibili dalle barbe a pizzetto caprino e i capelli lunghi, le camice fiorate, le tute da metalmeccanico. Saranno na decina. Quatto me la filo tornando indietro. Salto sul duetto  nero come na seppia sbudellata: - sti bastardi hanno circondato l’entrata, saranno più de dieci.- er secco pia d’aceto:- a spadì, annamosene, che te frega de sti morti de fame.- lo afferro per il bavero del giaccone: - manco per cazzo, secco! Li dentro c’è la mi regazza va bene? E noi mo entramo capito?! – metto in moto rombando e mi dirigo alla porta carraia suonando come un matto. Stecca finge un malore, subito alzano la sbarra e mi dirigo a tutta velocità ai parcheggi. Nessuno ha capito la mossa. Saltiamo giu di corsa e via su per le scale. Alla porta trovo Andrea, molto stupito di vedermi. Lo afferro e lo sollevo da terra, spalle contro il muro con una mano, nell’altra stringo il fedele siculo con la punta che gli solletica il collo. Sono davvero infuriato: - se quando esco vedo ancora i tuoi capelloni di merda, torno indietro e ti assicuro che per ricucirti dovranno usare un ago da materassaio. – gli sussurro all’orecchio con voce gelida. Di slancio lo getto lungo il corridoio facendolo ruzzolare per parecchi metri.   Me passata pure la vojia de vedè Valeria. Ammazza che stronzi! Quello scemo me guarda dar pavimento, tutto confuso: - ma che dici Amedeo, quali amici mia? Quelli la fuori sono operai che stanno a fa sciopero, chi li conosce? – ammazza che figura da chiodi. Corro a raccattarlo, e balbetto delle scuse. - cerca de capì, ma quando vedo ste facce barbute perdo a ragione. Me poi scusà pe stavorta?– l’amici mia me guardano allucinati, er secco sbotta disgustato,  - mo jie domandi pure scusa, a spadì ma che te sei rincoglionito?- l’altro rincara la dose -ma si ch’è innamorato, annamosene che è mejio!-- nu nve movete da qui che v’ammazzo.- sibilo velenoso. Ar stecca gli allungo un deca - vai a comprà un  mazzo de fiori. E sbrighete! – si allontana brontolando  - mo pure er reggimoccolo me tocca fa.-  trovo Valeria più bella di come l’avevo lasciata la mattina. Porta ancora le fasciature, e la bacio volentieri, con trasporto e voglia. Lei sembra voler ricambiare ma è impedita dal corpo ancora dolorante. – sei davvero bella – le dico, mentre entra stecca coi fiori. Prendo il mazzo e glie lo porgo forse arrossendo un pochino; non sono abituato a ste smancerie. - Tiè - le sparo lì - ti aiuteranno a guarire più in fretta. – grazie Amedeo, sono bellissimi -   mi dice baciandomi sulle labbra.   Le chiedo - allora, cosa ti hanno detto i medici? – domani torno a casa- dice continuando a tenere in mano il mazzo di fiori – allora ti vengo a prendere. – dico contento come un bambino. Anche lei è felice, e mentre sto per andarmene mi chiede -puoi accompagnare mio fratello a casa, è stanco morto poverino. – i miei amici da fuori fanno evidenti segni di silenziosa protesta e questo mi fa sorridere quando rispondo - certo amore mio.- e poi rivolto al fratello - annamo proletario, che stasera viaggi de lusso. -  Ar secco gli tocca dietro, se ne stanno entrambi ognuno attaccato alla maniglia e si guardano in cagnesco. Io invece sono davvero contento, mi sento leggero e spensierato e viaggio con lo stereo otto a tutto volume  ascoltando canzoni degli Squallor. Stecca se la ride, immaginando chissà cosa. Cerco di prevenirlo  - è parecchio che me frulla nda capoccia n’idea nuova. – e  de che se tratta? – prendo la sigaretta che mi allunga incuriosito. Accendo all’accendisigari e fermo la macchina per far scendere Andrea. Anche lui si sente a disagio con noi fasci de merda e se la svigna in fretta e furia. Gli urlo dietro - domani vado io a prenne tu sorella!- va bene- urla a sua volta salutando con la mano, ormai lontano. Riprendo il discorso  - cio sapete chi è quello? – racconto tutto ma nu fanno na piega.  - a spadì, tu nun te senti bene. Non puoi fraternizzare col nemico. – dice quasi scandalizzato er secco. – e se ce stessero a fregà?-domando e me guardano tutti e due attoniti- mo che te sei messo in testa?- domandano assieme, -a di la verità non lo so neanche io.- Provo a spiegarmi  - sta storia dei nemici della democrazia me puzza, noi ce  ammazzamo de botte pe strada e questi fanno quello che gli pare. E’ ora de falla finita. Io me ritiro.- sembra che glie casca er monno addosso. Stecca se ne esce con una bestemmia. Er secco sembra che ci à le traveggole - non parli sul serio, il deputato te la farà pagare. E anche a noi.- - ecco appunto, il deputato. Ci dobbiamo liberare di lui o nessuno di noi vivrà a lungo. – la cosa comincia a cambiare aspetto. –ci sto pensando da un mesetto, dobbiamo trovare il modo di incastrarlo. Meglio ancora se riusciamo a farlo fuori.- - tu sei pazzo! Uccidere la fonte dei nostri guadagni.- mi urla in faccia er secco, l’altro è in silenzio, sento quasi il rumore delle sue meningi. – stai zitto cretino! Spadino ha ragione, se qualcuno parla, finiamo tutti dentro, l’ergastolo ci danno mica si scherza. Hai un piano? – mi chiede serio. Sono sincero; - non ancora, non sarà facile farlo fesso. – finalmente er secco s’è acquietato, non si aspettava di essere aggredito dall’inseparabile amico. - sentite dobbiamo iniziare a seguirlo, conoscere i suoi spostamenti e abitudini. – mi precede nel dire stecca. -Sono d’accordo, e dobbiamo trovare anche qualcuno di cui fidarci.- È ancora presto ma sento l’abbozzo di un piano prendere forma nella mente.  I miei amici mi conoscono bene,  stecca mi stuzzica, per farmi sbottonare;  - tu ce nascondi qualcosa  spadì. – sbuffo soddisfatto.- n’idea ce l’avrei. Lo famo fa fuori dai rossi. Lo vendiamo alla cricca di Andrea. So che sono in combutta con quelli di autop. Saranno felici di sapere chi ordina i boicottaggi alle loro belle manifestazioni proletarie. – mi guardano sottecchi, er secco fa pure er gesto cor dito alla tempia. – parola mia sei ammattito sur serio.- Riprende  pure a gridare, - ma te senti che dici? Autop è uguale B.R. ci faranno tutti secchi altro che liberacce del deputato!-  come dargli torto? La politica non è mai stata il mio forte, forse dovrei annà a pesca de ruelle merdose assieme a mi padre - era solo n’idea. –  ribatto mellifluo  - a secco, so stanco morto, è da ieri sera che non dormo. – lui commenta acido: - ecco bravo, vai a dormì che è meglio.- Comunque non rinuncio al mio piano, devo solo studiarlo nei particolari. Meglio rischià d’esse fatto fori dagli estremisti rossi che continuà a servì il deputato.