sogni nel cassetto

A grande richiesta, finalmente...


Con il colore del cuore comunico finalmente ai miei numerosi fan accalcati dietro la vetrina, il naso schiacciato contro il cristallo in trepidante attesa di veder sfilare in passerella gli otto eroi protagonisti della raccolta dei mirabolanti racconti raccolti in un'unico grande titolo: - PICCOLE PERLE -  da febbraio lo troverete in molte librerie italiane e anche in internet, presso le maggiori librerie on-line, edito da Edizioni Montag. di seguito uno stralcio tratto dal più intrigante  di essi. Non mi resta che augurarvi buona lettura a tutti.Mario, barba lunga come quella di un talebano. Pancetta prominente dei trenta e più anni, capelli istriciosi e amanti del vento. Per terminare un cuore d’oro e una sensibilità da buldozzer. L’altro invece, più giovane di alcuni anni; fisico ancora asciutto, statura nella media nazionale dei mezzi alti; sigaretta sempre all’angolo della bocca e identici per la passione maniacale del lancio del verme in acqua di qualunque tipo, dolce, salata, stagnante,ecc. in borgata erano conosciuti come San Pei e suo nonno. Infatti, non conoscevano, altro argomento, e proprio quella mattina, stavano discutendo della ragazza di Massimo:<< vedi, non si tratta di amare Giulia, ma proprio non me la sento di sposarla. Per lei la pesca è uno sport stupido; lei ama lo sci e il ballo. Capirai, mi ci vedi tu a ballare? Una volta, mi sono slogato un piede sui pattini, figuriamoci al Terminillo sugli sci.>> come a sottolineare il suo disappunto, prese la canna riaggiustò l’esca e facendo roteare la lenza sulla testa, lanciò con tale maestria, che il compagno emise un lungo fischio d’ammirazione, e sottolineò:<< ammazza per poco nu' ll’hai mandata sull’altra sponda. Senti Massimo, le donne sono tutte così, pure la mia prima di sposarci, diceva che le piaceva la pesca, mo me fa spoglià sul balcone, e quasi costretto a trovà na casa più grande, armeno cò no sgabuzzino se proprio nù né trovamo una cor garage. >> L’altro se la rideva: Poverello te, noo io nù mè sposo. Capirai! A me i bigattini girano nel letto.>><< fai bene, ma quarche giorno te la sistemo io, proprio nel letto glie la svuoto la sacca dei vermetti>>. Vero erano un po’ fissati, e gli amici li prendevano in giro. Avevano più di quindici canne a testa, tutte complete di mulinello e sempre pronte all’uso. Mario faceva di mestiere il muratore e massimo il fabbro. Sua moglie invece, lavorava come impiegata in un’azienda di rappresentanza. Quella giornata di pesca, Massimo l’aveva organizzata, perché doveva parlare all’amico di una scoperta fatta per caso e riguardava proprio la bella Vera. Lo guardava spesso in faccia di sottecchi, per vedere se era il momento, ma non riusciva proprio a trovare le parole adatte. Pensò alla fine di agire da lontano, gettando la cosa sullo scherzo:<< Pensa un po’, dovrei sposarmi una che mi resta sempre sola a casa nei giorni che io e te andiamo a pescare. E se mi tradisce? Non ci pensi mai a questo, Mario? Pensa a tutte le notti che passiamo a Civitavecchia o chissà dove.>> L’altro si grattò la pancia pensieroso, poi disse col suo sorriso un po’ infantile:<< No, non ci penso e mi fido di mia moglie. Comunque, di questi tempi tutto è possibile. Pensa se mi stesse mentendo, a quest’ora invece di fare gli straordinari potrebbe stare nel letto di qualche maiale. No, la mia Vera non lo farebbe mai! >> eppure chiuse il discorso in fretta, <dopotutto non andava a pesca tutti i giorni> andava pensando come a giustificarsi. Di contro si fidava molto dell’amico, e una strana pulce iniziò a ronzargli nell’orecchio. Fece un recupero e tornò a lanciare, fece un movimento troppo rigido col braccio in rotazione e la lenza gli finì su un ramo poco lontano. In realtà voleva tornare sul discorso:<< A Massimi, tu la conosci bene mia moglie, credi davvero che può tradirmi? >> Sapeva che lo avrebbe ferito a morte, però andò pensando: << così impari brutta troia, a prenderti gioco del mio migliore amico. >> la verità era un’altra purtroppo, avevano conosciuto assieme la donna, qualche anno prima e lei aveva preferito Mario, che all’epoca era si più grande di lui ma non c’era paragone. Così dunque rispose in tutta sincerità. Con la stessa crudeltà di un dottore quando annuncia a un paziente che ha un tumore maligno.<< Purtroppo amico mio, non è quello che credo io, tua moglie ti tradisce con il suo capo. Li ho visti baciarsi con questi occhi. D’avanti al posto dove lavora.>>Un minuto dopo penzolava dalle forti braccia dell’amico che lo aveva sollevato da terra per il bavero come un fuscello mentre gli urlava in faccia:<< che dici bastardo? Ripetilo se tieni coraggio! E ringrazia Iddio che non ti butto nel fiume.>> l’altro urlava: << mettimi giù e ti faccio vedere io se sto mentendo, anzi prendi il mio cellulare e guarda la fotografia che le ho scattato.>> come inebetito lo lasciò andare, teneva il videofonino in mano e con la bocca semiaperta guardava la foto di sua moglie intenta a slinguazzarsi con quel bavoso del suo capo; un vecchio di quasi settanta anni. Si girò di scatto e urlando lanciò il telefono nel fiume. << Ecco perché quella puttana non viene mai a pesca di carpe, le piacciono i cefali!! >> il ragazzo urlò a sua volta vedendo il cellulare finire in quel modo in fondo al fiume: << Ma guarda sto stronzo! Me lo ricompri però eh!! >> Vide l’amico caricare il destro, fulmineamente si mise al riparo negli alberi poco lontani e si nascose in un cespuglio. Mario prese un secchio d’acqua e se la rovesciò in testa, nella speranza di calmarsi. Non voleva fare del male all’amico e zuppo fradicio, andò a sedersi su un vecchio tronco d’albero trascinato fin lì da qualche piena. Dopo un po’ richiamò il compagno: << Vieni che sono calmo.>> l’altro si avvicinò guardingo, ma quando lo vide tutto bagnato, ruppe ogni indugio, << aspetta che accendo un fuoco, ti prenderai un malanno così conciato>>. Gli porse una boccetta di cordiale, che scolò di un fiato. Dopo un po’ si aggirava seminudo attorno al fuoco cercando di far asciugare i vestiti bagnati. Ogni tanto, se ne usciva in un’imprecazione sempre diversa:<< Puttana, con un vecchio più di suo nonno! >> passava qualche minuto e ricominciava: << Ecco perché tutti quei regali. Anche un portatile! Troia! E io che ero orgoglioso di lei e del suo lavoro. Ritroia, ma aspetta che ti prendo…>>Intervenne Massimo, << non dirai sul serio, davvero vorresti rovinarti per lei? Lo sai che se la tocchi ti denuncia e vai in galera? >> neanche lo ascoltava, e blaterava imitandola:<< Mario tagliati la barba che sembri un vecchio. Fai qua, fai lì  e mò sta banana moscia per soldi va bene pure vecchia! Traditrice trenta volte, come le monete di Giuda.>>  All’improvviso il galleggiante della sua canna iniziò a correre controcorrente e s’inabissò; l’esperienza maestra, guidò i suoi movimenti in maniera automatica. Il suo cuore sanguinava; ma le mani tenevano salda la canna, paurosamente piegata in avanti, col cimino a pelo d’acqua. Massimo saltellava, dalla gioia, certo la sua testa non era mica appesantita da un bel paio di corna, e se la rideva allegramente:<< aspetta che ti prendo il retino, mi raccomando Mario, falla stancare.>> il grosso pesce tirava saettando qui e la, cercando di inabissarsi ma il pescatore aveva regolato la frizione ad arte, per ogni metro che il pesce gli sottraeva, lui ne recuperava la metà con uno slittamento continuo, e significava sfinimento per il povero ciprinide. In quel punto il letto del fiume, è molto largo, e spoglio sulle sponde, senza tanti posti ove infilarsi e così ben presto si arrese al filo che lo teneva prigioniero e abbandonandosi su un fianco a pelo d’acqua, in segno di resa si fece trascinare a riva. Con cautela gli staccarono il grosso amo dal labbro superiore, ben addentrato nella muscolatura.  Per qualche attimo l’orgoglio per quella preda, fece sorridere Mario quando l’amico diceva con gioia: << accidenti quant’è grossa, peserà almeno dieci chili.>> prese anche il metro; << Ottanta centimetri. Complimenti, ora sarà davvero difficile battere il tuo record. >> passato il primo attimo, il volto dell’uomo si rifece buio. Gli era passata per sempre la voglia di pescare. Non disse nulla però. Prese in braccio la carpa e come sempre le stampò un grosso bacio sulla fronte, mentre l’altro con la digitale gli scattava delle foto da esibire poi al club. Dopo cortesemente, proprio perché grande amico, permise a Massimo di farsi anche lui una sola foto col pesce in braccio. Era una specie di rito. Così nessuno dei due, se uno solo pescava tornava a mani vuote a casa. Infine con cautela, prese la sua preda e la calò in acqua, restituendole la libertà. Massimo commentò così l’avvenimento: << vedrai che quella carpa, non la pescherà più nessuno per parecchio tempo. Ora prima di andar via, facciamo un po’ di ruelle per la frittura, a mia madre piacciono tanto.>>.Continuarono a pescare tutto il giorno, in silenzio e un po’ distanti uno dall’altro.