sogni nel cassetto

Altro racconto


Don Vicè e il fido aiutante, giunsero al vecchio casolare verso l’ora mezza. Giovanni scese iniziando a scaricare l’occorrente per il desinare. Dal cofano della familiare, usciva di tutto, anche un tavolo e due sedie da campeggio. Il maestro si era imbarcato già nell’esplorazione della casa abbandonata. S'affacciò  dal terrazzo ai piani superiori. <porta su il carbone, c’è una griglia in muratura qui fuori oltre al tavolo, e dentro anche due comode poltrone. Il braciere, lascialo giù, lo accendiamo quando serve >.Naturalmente questo significava passar lì la notte. <<  non abbiamo neanche molto vino>> si rammaricava il giovane. < accipicchia, ci mancava puri l’appicatu e du ficu siccatu>.Dileggiava così il proprietario della masseria, mica contento di quel fatto.<< in effetti>> notò il guaritore, mentre ù guagliù, mugugnando, faceva  andirivieni con le cibarie. Dicevo, notò sottolineando a voce alta: << Ci sono tutti i mobili, tende appese e tutto il resto, anche i vasi con le piante ormai rinsecchite non sono stati tolti.>> l’occhio dormiente era chiuso, e lui si gingillava con un toscano; da quando aveva smesso di fumare, ogni tanto si divertiva ad annusare un sigaro. All’improvviso urlò, affacciandosi da una finestra:<< Giovà, porta il bastone, e anche la medicina>>.< Ecco il bastone, e pure la vostra medicina.>. una caraffa di acqua, con un quarto di vino dentro due fette di limone e un pizzico di sale in tutto un litro. Ne bevve la metà di un fiato, addentò una fetta di limone divorandola, e sputandone fuori dalla finestra i semi. Il ragazzo non aveva perso neanche un particolare dei suoi movimenti e aveva immediatamente memorizzato il punto d’atterraggio dei due semi nel cortile. << il maestro non fa mai niente a caso>> Pensò.  Prese il boccale ormai vuoto e scese di nuovo nel piazzale. Andò alla borsa degli attrezzi e prese una mazzetta e due picchetti di ferro. Si mise in cerca dei semi di limone, uno era vicino all’angolo dell’abbeveratoio, pieno d’acqua putrida e ci piantò un paletto a fianco, si diresse poi verso il centro del cortile e trovò il secondo seme, a un sei metri di distanza. Piantò il picchetto e alzando gli occhi, si rese conto che triangolava con un albero secco nel vigneto poco lontano. Un grosso albero di fico. Si girò verso la casa e dalla stessa posizione vide che anche con la porta d’entrata, c’era triangolazione perfetta.   Gli si rizzò il pelo sulla schiena. Nel frattempo don Vicè era comparso al centro della porta, << Guagliò, accendi il fuoco, e tira fuori il companatico gentilmente offerto dalla signora Filomena che ho proprio fame.>> il giovane balbettò: - d..don Vicè.. l.laggiù.il f..fico.- << beh, che c’è, non hai mai visto un albero?>> - quando siamo venuti non c’era!-  rise forte l’acchiappafantasmi, il suo cuore però scalpitava come un mulo e l’occhio dormiente si apriva e chiudeva a scatti, e ogni volta una luce verdastra lo abbagliava. << Su, su! Sbrigati arrostire sta carne che ci hai le traveggole dalla fame, e guarda dietro il sedile che la signora ci ha infilato una fiasca di vino.>>A Giovanni il vino lo rinvigoriva, gli dava proprio la carica. Forse perché quando il maestro lo aveva trovato mezzo morto, lo aveva fatto bere molto, per rimetterlo in sesto. In seguito però era divenuto intransigente, e parsimonioso; un quarto a pasto non di più. Ogni tanto però si dimenticava delle regole, soprattutto se doveva affrontare qualche sforzo energetico imminente, potevano raggiungere il mezzo litro, sempre mangiando però. La medicina naturalmente era a parte, ma a lui il vino annacquato non piaceva.Erano finalmente sul terrazzo, accanto al fuoco e mangiavano con gusto e voracità la pancetta direttamente sulla fetta di pane, alla calabrese col serramanico per tagliare assieme, il pane con la carne ancora fumante. Il ragazzo ruppe il silenzio:< Non  potremmo aprire uno studio anche noi, come quello di Luzzi, limitandoci a curare vecchi e vecchie signore con l’artrite! >>  l’altro sorrise sornione:<< lo faccio per te Giovà. Ti devo insegnare il mestiere, e si apprende bene solo sul campo.  Guardati intorno, guarda come c’è bello, non è peccato che nessuno ci può abitare? Ma ancora per poco…>>Il ragazzo sembrava esitare. Infine si decise:<< si, va bè, ma l’assegno?>> <<  l’assegno? A quello, beh, quello e mio, non ti basta quello che ti do? >> sbuffò sconfitto: << mi basta mi basta. Volete qualche altra cosa da mangiare, o posso portar via? >> non voleva più niente.