Carpe diem

I lupi ora sono più di mille. Ma sempre a rischio


Negli anni Settanta i lupi che popolavano gli Appennini erano meno di cento. Talmente pochi da essere considerati a rischio di estinzione. Oggi, secondo stime ufficiali, sono più di mille. Solo in Abruzzo, nei 75 mila ettari di area protetta, vivono oggi una decina di branchi per un totale di circa 80 individui. «Un numero che, in proporzione al territorio, è superiore a quello del parco di Yellowstone», commenta Franco Iezzi, presidente del Parco nazionale della Majella. Questo risultato nasce da diversi fattori. «Come prima cosa le leggi che hanno reso il lupo una specie protetta, poi l'abbandono da parte degli uomini delle aree montuose, il rimboschimento e l'aumento degli ungulati come i cinghiali di cui questi animali si cibano», spiega Andrea Gazzola, dottore di ricerca in biologia ambientale. Grazie a tutti questi elementi e all'attività continua dei ricercatori, i lupi sono tornati a colonizzare le aree montane del nostro Paese. «A differenza degli orsi e delle linci, infatti, tendono a staccarsi dal territorio di appartenenza per andare in cerca di nuovi spazi e compagni», continua Gazzola. «Questo spiega la loro veloce espansione in Italia: nel 2007 hanno raggiunto la Valle d'Aosta e poi si sono spinti anche oltreconfine fino ai Pirenei e in Germania». Nell'immaginario collettivo il lupo non gode di buona reputazione. «È un animale dal forte impatto emotivo per l'uomo. È stanziale, vive insieme in branco e mangia molto. Quindi per gli allevatori può rappresentare una vera e propria piaga», afferma l'esperto. Eppure, molto spesso ai lupi si attribuiscono più danni rispetto a quelli che effettivamente causano. «Recente è il fenomeno dei cani rinselvatichiti che predano il bestiame», commenta Antonio Nicoletti, responsabile aree protette di Legambiente. «Per questo motivo, accertare le cause del decesso si è rivelato determinante per le strategie di conservazione e di convivenza fra lupi e attività umane». Per attenuare il più possibile il conflitto con gli allevatori, nel parco della Majella è stato sperimentato il programma europeo Life Wolfnet. Si è istituito una sorta di «Ris» del lupo, costituito da veterinari, biologi e forestali, per accertare i casi di morte e le cause delle predazioni alle greggi. Si è poi provveduto ad accorciare a 60 gg i tempi di indennizzo e, in alcuni casi, a dare nuovi animali agli allevatori in cambio di quelli deceduti. Così, negli ultimi tre anni, sono state restituite oltre 150 pecore predate. Per fare il punto della situazione all'inizio di novembre a Caramanico Terme, in Abruzzo, sono giunti più di 300 scienziati, veterinari e biologi provenienti da tutto il mondo in occasione del Congresso internazionale sul lupo. «A livello italiano è emersa una grande capacità del sistema dei parchi di tutelare la specie e individuare misure per diminuire i rischi collegati ai lupi, riducendo i conflitti e le morti», commenta Nicoletti. «Per una volta, l'Italia è l'esempio da seguire per gli altri Paesi. Siamo i più bravi e questo grazie all'esperienza che abbiamo accumulato negli anni e che viene soprattutto dalle attività svolte nelle aree protette». I prossimi passi saranno quelli di studiare l'attività di questo animale anche nelle aree del Sud ed elaborare modelli di gestione comuni per le istituzioni e le associazioni dedicate. Inoltre, serviranno leggi comunitarie che vincolino in misura maggiore alla tutela di questo animale che si sta espandendo sempre di più in Europa. Alice Dutto - Il Corriere 12.11.13