1,nessuno&centomila

Pensieri di un anno fa....


Notte fonda, nera, calda, cupa, avvolgente, rassicurante. Troppo bella per buttarla via dormendo.Sto alla finestra a fissare le stelle, i miei pensieri bruciano e vanno in fumo insieme all’amica canna, che li rallenta e mi aiuta ad afferrarli, a respirarli. Musica nelle orecchie mi culla, mi distacca dolcemente da questa pesante realtà.Seguo con lo sguardo i movimenti di una donna, alta, bella, formosa, la vedo sgattaiolare in un portone, seguita da un ragazzo, trepidante attesa di qualche minuto di piacere, brevi attimi di illusione, pagati col denaro, magari per pensare di essere amati, o forse solo per provare l’ebbrezza di due corpi che si uniscono, senza rischiare di rovinare tutto con il sentimento.Una ragazza cammina per la strada lentamente, incedere incerto, sembra disorientata, ma non ubriaca. Camminerà da molto ormai, i tacchi alti le faranno male, ma la precarietà del suo passo non mi impedisce di percepire il fascino particolare di questo piccolo angelo, lunghi capelli corvini, così fragile nel suo cappotto nero, pesante come il fardello che porta nel cuore. Chissà cosa la tormenta, la immagino vagare senza meta nella città, che cerca di sottrarsi a un dolore che la insegue colpendola alle spalle e stordendola.Si guarda attorno, stranita, come in cerca di un segnale, di un nuovo imput per i suoi neuroni, in fuga da una realtà che come un cielo crollato opprime, immobilizza, lentamente anestetizza poi opera, asporta pezzi di anima con calma, un po’ alla volta, senza fretta, come con una preda che ormai non ha più speranze né voglia di liberarsi dalle spire del suo carnefice.Mi perdo nei miei pensieri e nei suoi, io che non ho voglia di dormire perché la notte, col suo silenzio e la sua discrezione, mi aiuta a pensare e quindi, a soffrire.Perché pensare molto spesso è soffrire.E allora spazio al trionfo del masochismo, un’abitudine alla sofferenza che diventa assuefazione quindi dipendenza.L’inquietudine di sentirsi un alieno, di fallire in ogni intento tranne che in quello di tirare fuori sempre e comunque il peggio di sé, continuando con voracità a prendere a morsi la vita, divorandola pezzo dopo pezzo, intingendo il pennello nella tavolozza con un colore sempre più scuro, tanto scuro quanto sordidamente affascinante, come il nero di questa notte calma e asciutta. Invece nel mio cuore diluvia: strano, riesco quasi a sentire il rumore della pioggia.E così dipingo di nero l’esistenza, la mia e quella di una ragazza probabilmente troppo sbronza per pensare, ma che mi piace disegnare triste e irrequieta come me, forse solo per inventare qualcosa da condividere con lei, mi sembra quasi di percepire un sottile feeling tra me e quello scricciolo, sorrido, mi accontento di immaginare, perché se avessi il modo di conoscerla di persona sarei puntualmente in grado di mostrare tutti i lati peggiori di me, quanto basta per darle un’impressione abbastanza negativa da allontanarla e così porre fine al mio sogno, magra illusione di cui mi accontento in attesa che venga il mattino, che vengano tempi migliori.Torino, 4 Giugno 2005 ore 04:39