1,nessuno&centomila

Post N° 1166


Oggettivamente il tempo scorre sempre allo stesso modo: un'ora è formata da 60 minuti, un mese da 30 giorni e un anno da 365, ma soggettivamente non è la stessa cosa.Questo anno per me è volato via, mi sembra strano ricordare il primo giorno quando mi sentivo più d'intralcio che d'aiuto, quando dovevo chiedere perfino dov'era il caffé, non mi sembra di essere la stessa persona che non riusciva a distinguere nemmeno il suono del telefono da quello del citofono. La prima volta che son rimasta sola coi pazienti sarà stato il mio terzo giorno di lavoro. Lo psichiatra che stava conducendo il gruppo era stato chiamato per una consulenza urgente e se n'era andato dicendomi solo "continua tu" come se io ne fossi in grado. Panico, non c'è un altro modo per chiamare quella sensazione se non...PANICO. Ero seduta tra un bipolare in fase maniacale e uno psicotico che fino al secondo prima stava delirando di brutto, ci saranno state anche altre due o tre persone. I pazienti psichiatrici son "bastardi" (in senso buono) per queste cose, loro la sanno fiutare la paura, tu cerchi di simularla in tutti i modi, ma loro la sentono, nemmeno fossero cani da tartufo. Mi hanno fatta nera, gli sono bastate quattro o cinque frasi per portarmi al punto di chiudere il gruppo e tornarmene in medicheria con la coda tra le gambe.Un paio di mesi fa mi è successa la stessa cosa, non era la prima volta certo, ma quella situazione somigliava molto a quella che ho appena accennato. Ero lì seduta con un paziente in eccitamento maniacale incazzato nero che continuava a rompermi sul muso i colori pastello e a dirmi che aveva ragione lui su non so quale cosa. Da fuori faceva quasi paura, strillava e si agitava mentre gli altri pazienti lo fomentavamo. Stavolta però non c'era nessuna paura da fiutare, avevo sguardo e mani ferme, voce sicura e non c'è voluto molto a rimetterlo al suo posto.Un anno, un anno in cui mi son ritagliata il mio piccolo spazio nel reparto, la mia parte di pizza cornetti e cappuccino al mattino, ho imparato a cucinare, ad azzeccare le diagnosi ancor prima di leggerle in cartella, a ricordare cos'è l'aloperidolo, ho imparato a non farmi fregare le penne da Tiziana, a giocare a quel solitario, a distinguere il tono di voce di Giulia quando scherza e quando dice sul serio, a sopportare un isterico in piena crisi, a non ridere per i deliri dei pazienti, a vedere oltre e dietro i comportamenti, ho imparato ad usare la parola "goio", son stata perfino contagiata dalla calata viterbese.E' stato un anno di crescita e non solo dal punto di vista di quello che so e non so della psicologia clinica e della psichiatria, ma anche di quello che so e non so di me, del mio carattere dei miei limiti, delle mie potenzialità.La mia "capa" vorrebbe che buttassi giù una decina di pagine sulle mie emozioni, sulla mia esperienza, ma io non voglio farle leggere proprio niente di mio, l'ultima volta che mi ha chiesto di fare una relazione l'ha fatta girare per tutto il pronto soccorso facendomi vergonare come una ladra. Ci son cose che voglio tenere per me, cose da custodire e non da sventolare, quest'anno è mio e non sarò capace di raccontarlo in nessuna relazione e, anche se ne fossi capace, non voglio farlo.Punto.