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Un grande Mito Maradona

Post n°5 pubblicato il 13 Aprile 2006 da apskenio
Foto di apskenio

Diego Armando Maradona: per molti il più grande giocatore di ogni tempo. Con i suoi dribbling, con le sue punizioni, con le sue azioni irresistibili ha incantato le platea di tutto il mondo, creando intorno a se una leggenda destinata a vivere per sempre.
Da un'infanzia segnata dalla povertà alla realizzazione del sogno più bello: guidare la nazionale Argentina alla conquista della Coppa del Mondo. Dal suo arrivo in Italia alle vittorie del Napoli, la squadra e la città lo hanno adottato e lo hanno amato come nessun altro.
É la storia di un uomo che, a fronte di un fisico certamente non imponente, ha saputo dimostrare di essere un assoluto gigante del calcio.

Dalla nascita

Piccolo e nero come un tizzone, con tanti capelli in testa. Un neonato irrequieto, quinto di una famiglia numerosissima. Era il 30 ottobre 1960 quando a Lanus nasceva un bimbo che sarebbe diventato il più grande giocatore di calcio di tutti i tempi, Diego Armando Maradona. Il nome Diego gli fu dato perchè così si chiamava suo padre e perchè era il primogenito, mentre a mamma Dalma piaceva molto Armando. Un fagotto nero e con tantissimi capelli, nato nella provincia argentina di Corrientes, in una cittadina povera che si specchia da sempre sulle acque azzurrissime del Rio Paranà. Un ragazzino predestinato, dal talento calcistico inimmaginabile. Dalma, che per tutti è poi diventata "Mamma Tota", ricorda alcuni particolari di quel giorno, che sembrano stati creati apposta per ingigantire la leggenda di Maradona: quell'enorme stella disegnata in un pavimento a mosaico all'entrata dell'ospedale prima del parto, che diede tanto coraggio a Dalma, e quel giorno che era inevitabilmente Domenica, quando il calcio in Argentina e nel mondo diventa protagonista assoluto. Ed ancora, tutti quei calci assestati nella pancia di "Mamma Tota" poco prima della nascita. Era già allora la sua unica grande passione, tirare calci a un pallone. L'infanzia di Diego Armando maradona non è stata, come molti hanno raccontato, un periodo difficile dove era complicato anche mangiare. La famiglia Maradona è modesta ma la grande caparbia del padre, per tutti "Don Chitoro", e il grande coraggio della madre Dalma assicurano ai propri figli una vita felice e dignitosa. La famiglia è unita e vive in un sobborgo di Buenos Aires dove Don Chitoro ha trovato lavoro. La passione per il calcio regna sovrana e brucia nell'animo di tutti i Maradona. E quando il piccolo Diego Armando fa il suo primo incontro con una palla, regalatagli dal cugino Zarate, è un momento storico. Quel ragazzino piccolo e nero, che fin da piccolo era chiamato "Pelusa" se ne innamora subito, ci gioca dovunque, la porta con se anche a letto.

Amore per il pallone

Per Diego Armando Maradona l'amore per il pallone è una passione ereditaria. Il padre amava il calcio più di ogni altra cosa, giocava da dilettante all'ala destra, non era un gran talento e impazziva e tifava per il Boca Juniors, la sua squadra del cuore. Il piccolo Diego andava a scuola per non lavorare. Ma appena finivano le lezioni esistevano solo il pallone e i suoi amici. Una scorpacciata quotidiana che durava fino a sera quando arrivava il momento dei rimproveri di Mamma Tota, per le ginocchia nere e i vestiti sdruciti, della cena abbondante e del meritato riposo. Un ragazzino come tanti, Diego Armando, che con il passare degli anni capisce gli immensi sacrifici fatti dalla sua famiglia per regalargli una vita appena dignitosa. A Villa Fiorito, c'è la sua zona, tutto il suo mondo. Quel mondo che il futuro "fenomeno" del calcio mondiale lascerà presto, all'età di dieci anni, per trasferirsi all'Argentinos Juniors. E' un bancario dall'infinita passione per il calcio, che scopre il talento Dieguito, Francisco Cornejo, che ha l'abitudine di girare per i campetti di periferia alla scoperta di talenti da poter inserire nelle formazioni giovanili dell'Argentinos Juniors. Quando al campetto di "Las Malvinas" dove si svolgevano i provini arriva Diego accompagnato dal suo migliore amico, il compagno Goito Carrizo, succede un fatto incredibile. Appena "Pelusa" inizia a palleggiare tutti gli altri ragazzi si fermano a guardare. Si forma un enorme capannello intorno a Diego Armando che intanto palleggia proprio come un "Fenomeno" in erba. E' l'inevitabile scintilla che si accende negli occhi del talent-scout Cornejo. Il giorno dopo il bancario è già a casa Maradona per parlare con Don Chitoro. L'accordo è subito trovato, il piccolo Diego entra a far parte delle "Cebollitas" dell'Argentinos, che non è un club famoso come il Boca Juniors o Indipendiente ma è pur sempre una squadra di serie A.

Il campione

Delle "Cebollitas" dell'Argentinos Juniors Diego Armando Maradona ne è subito la stellina indiscussa. E in quegli anni i ragazzini della classe '60 vincono tutto quello che si può vincere nelle categorie giovanili. Memorabile la finale dei "Giochi Evita Peron" alla fine del '73. La squadra di Diego batte in finale nientemeno che i giovani del River Plate con un clamoroso 5-4 e con due spettacolari reti di Diego Armando Maradona. Si scatena la caccia al cartellino del piccolo Diego Armando Maradona. Il presidente del River Plate, William Kent, offre tantissimo denaro a Don Chitoro che ringrazia ma risponde fermo: "Diego resta all'Argentinos, lì è in buone mani ed è felice. Il resto per me non ha importanza". Sono anni che passano tra vittorie e soddisfazioni con Maradona che è l'emblema di quella squadra di ragazzini nati nel '60 che è poi passata alla storia per aver vinto tutto in quegli anni. Ma il destino di "Pelusa" è quello inevitabile di giocare quanto prima in massima serie. Nell'ottobre del 1976, prima di compiere sedici anni, esordisce in serie A con L'Argentinos Juniors, qualche mese dopo veste per la prima volta la maglia dell'Argentina. Una sfida amichevole contro l'Ungheria, durante la quale il commissario tecnico Menotti gli regala la possibilità di esordire nell'ultima mezzora della partita. La fama di Maradona cresce giorno dopo giorno anche se Diego si trova spesso ad affrontare ostacoli difficili. L'invidia di altri giocatori, le furberie di manager senza scrupoli, i veleni e le bugie di molti giornalisti. Nonostante la stima che Menotti ha per "Pelusa" arriva la clamorosa esclusione dai mondiali in Argentina, quelli del '78. Un colpo durissimo per Diego, appena attenuato dalla vittoria della sua nazionale ai mondiali. Un'anno dopo però Maradona si prende la sua rivincita, conquistando il titolo mondiale giovanile a Tokio. E' un momento storico, in quei giorni Maradona viene consacrato come uno dei più forti giocatori del mondo già a diciannove anni. Lo paragonano a Pelè, il "Pelè bianco dell'Argentina".

Dal Boca al Barcellona

Il futuro del "fenomeno" Maradona è segnato ed è naturale che il suo club, l'Argentinos Juniors, riceva pressioni enormi per cedere quel gioiello dal piede sinistro magico. Nel febbraio '81, dopo una lunga e tormentata trattativa, Diego viene ceduto al Boca Juniors, uno dei club più importanti d'Argentina. Uno dei protagonisti della cessione è il suo amico e consigliere Jeorge Cyterszpiler, che lo accompagnerà anche nei primi anni della sua avventura in Europa. L'addio alla squadra della sua adolescenza avviene in una storica amichevole dove maradona gioca il primo tempo con la maglia dell'Argentinos Juniors e la ripresa con quella del Boca. E' con la maglia della sua nuova squadra, il "fenomeno" conquista subito lo scudetto, facendo impazzire di gioia i tifosi, che lo esaltano e lo trasformano quasi in una divinità. Ma non durerà a lungo la felicità di quel titolo argentino. All'orizzonte c'è il drammatico trasferimento in Europa, al Barcellona, e prima ancora la negativa partecipazione dell'Argentina proprio al Mundial in terra spagnola vinto poi dall'Italia di Bearzot. La grande attesa dei tifosi per vedere l'Argentina bissare il titolo vinto nel '78 a Buenos Aires viene ricambiata con due scottanti sconfitte con Brasile e Italia. Maradona non riesce a esprimersi al meglio e finisce al centro di feroci critiche della stampa argentina e dei tifosi. E intanto il Boca Juniors definisce il suo passaggio al Barcellona. L'estate calcistica dell'82 passa alla storia, non solo per il Mundial azzurro, ma anche per il clamoroso colpo di mercato della società catalana. Inizia una nuova avventura del "Pibe de Oro" che non ha ancora cancellato il brutto ricordo delle critiche dopo le sconfitte al Mundial. Ma la gioia di entrare a far parte di uno dei club più famosi del mondo non sarà eterna. Per il "fenomeno" i due anni con il Barcellona e con il presidente Nunez diventeranno ben presto un inferno dal quale riuscirà ad uscirne soltanto quando metterà piede sul terreno di gioco del San Paolo di Napoli, il primo luglio del 1984.

Lo sbarco a Napoli

L'affare Maradona, nell'estate più calda della storia del Calcio Napoli, diventa ben presto una telenovela. Una trattativa lunga e contorta tra i dirigenti del Barcellona e quelli della società azzurra. Una trattativa che più volte sembra sull'orlo di saltare, di concludersi con un nulla di fatto. Ma il trasferimento del Pibe de Oro all'ombra del Vesuvio è scritto nel destino. Giorno dopo giorno, i tifosi del Napoli sentono sempre di più che si avvicina il momento dello storico sì e della firma del contratto. Nasce un filo invisibile ma indistruttibile tra Barcellona e Napoli. Antonio Juliano più di ogni altro dirigente, e sicuramente più del presidente Ferlaino è l'uomo che conduce la serrata trattativa. Il Barcellona è un club ostico, il suo presidente Josè Luis Nunez un personaggio poco incline alle trattative. Juliano è bravissimo a mantenere in vita i rapporti tra le due società anche nei momenti più burrascosi. E alla lunga le veridicità delle offerte economiche del club azzurro e la voglia di andar via di Maradona la spuntano sul carattere bizzoso e dispettoso di Nunez. E' il primo luglio 1984 quando viene dato l'annuncio ufficiale del passaggio di Diego al Napoli, è il giorno della firma di un sofferto e storico contratto. Il 5 luglio Diego Armando Maradona arriva al S.Paolo. A fare festa con lui ci sono sessantamila tifosi già innamorati del fuoriclasse argentino. In un attimo maradona dimentica i due anni d'inferno al Barcellona, le critiche dei tifosi, il drammatico incidente alla gamba per l'entrata assassina di Goicoechea che gli aveva causato la rottura del malleolo sinistro e l'assurdo comportamento del presidente Nunez. Per Maradona al S.Paolo un meraviglioso bagno di folla e d'azzurro. E' amore a prima vista tra i tifosi azzurri e quell'argentino che sembra proprio uno "scugnizzo" di Santa Lucia.

El Pibe napoletano

La prima stagione di Maradona a Napoli non inizia nel modo migliore. Alla fine dell'84, quando si è giocato già un terzo del campionato, il Napoli è nelle retrovie della classifica. Ed è proprio dopo le festività natalizie che arriva la clamorosa svolta. Diego parte per un ritiro anticipato con la squadra a Vietri sul Mare, parla con il presidente Ferlaino, gli spiega che non condivide questo tipo di ritiri. Poi chiede ai compagni di giocare di più per lui, di offrirgli più palloni, di dargli la possibilità di inventare e di creare per offrire il massimo del suo repertorio. E d'incanto, dopo le parole chiare e dirette dell'argentino, il Napoli cambia volto. Gli azzurri chiudono il campionato con un singolare record, si laureano migliore squadra del torneo nel girone di ritorno, a conferma che la svolta era arrivata proprio dopo quel discorso di Diego. Napoli e il Napoli imparano a conoscere il carattere di Maradona, la sua generosità, il suo genio e contemporaneamente, El Pibe riesce a capire meglio la gente di questa città che tanto l'ama, i compagni, i dirigenti e finanche il presidente Ferlaino. Sono gli anni che rappresenteranno le basi dei grandi successi di Maradona e del Napoli. Nella stagione 1985-86 arriva Ottavio Bianchi sulla panchina azzurra al posto di Rino Marchesi. Un allenatore dal carattere forte che riuscirà comunque a farsi rispettare da Diego e a creare un gruppo che in seguito risulterà invincibile. Gli azzurri chiudono il torneo al terzo posto, dimostrando di essere ormai competitivi ai massimi livelli e di poter puntare a quello scudetto che è da sempre il più grande sogno della Napoli sportiva. Per Maradona l'86 è un anno particolare, l'anno della conquista del Mundial in Messico e della consacrazione assoluta come miglior giocatore del mondo.

Campione del mondo

I mondiali del Messico rappresentano il momento più esaltante della carriera di Diego Armando Maradona. Lontano dalla sua Napoli ma con gli occhi di milioni di tifosi che lo seguono partita dopo partita, il fuoriclasse argentino inizia la sua avventura mondiale con l'obiettivo di arrivare in finale. E sarà così. L'Argentina si dimostra ben presto una formazione eccezionale, che gira intorno all'estro di Diego, ma che riesce ad esprimere un gioco ed uno spettacolo di altissimo livello. Maradona cresce partita dopo partita, sino a compiere autentici capolavori, che passano alla storia del calcio di tutti i tempi. E' il secondo gol segnato agli inglesi che resta indimenticabile: da centrocampo, una lunghissima fuga verso la porta avversaria, con quattro avversari dribblati prima di mettere la palla in rete. Allo stadio Azteca, ancora oggi, c'è una targa in ricordo di quel momento memorabile, "il più bello di ogni epoca". E sempre con l'Inghilterra passa alla storia anche la prima rete che Maradona segna con una mano e che l'arbitro convalida, senza accorgersi di nulla. "La mano di Dio ha sconfitto l'Inghilterra" scrivono i giornali di mezzo mondo. E intanto el Pibe de Oro viaggia con la sua Argentina verso la finale con la Germania e verso il trionfo, otto anni dopo il primo successo ai Mondiali. E in semifinale una doppietta di Diego distrugge i sogni del Belgio. Anche contro la Germania Diego gioca un incontro capolavoro, offrendo l'assist del gol della vittoria, quello del 3-2 al compagno Burruchaga. E' il momento della grande festa. Il campione di Villa Fiorito può alzare al cielo per la prima volta la Coppa del Mondo. E' la consacrazione di un fuoriclasse senza precedenti, del giocatore più forte del mondo e, forse, del giocatore più forte di tutti i tempi.

Lo scudetto

Dal mondiae vinto in Messico al primo scudetto conquistato con la maglia del Napoli passa meno di un anno. Maradona vive la stagione più bella della sua vita, campione del mondo con la sua Argentina e dopo dieci mesi campione d'Italia con il suo Napoli. Gli azzurri di Ottavio Bianchi disputano un torneo incredibile, guidati dal fuoriclasse agentino continuamente ispirato e quasi sempre in ottime condizioni fisiche. E' un Napoli che inizia una lunga fuga verso il trcolore, tenendo sempre a debita distanza le rivali di sempre come Inter e Juventus. Sono mesi indimenticabili, partita dopo partita il Napoli di Maradona, di capitan Bruscolotti, di Ferrario, De Napoli, Bagni, Carnevale si avvicina a un traguardo atteso da sempre. E' il 10 Maggio 1987 quando il sogno diventa realtà. Al San Paolo contro la fiorentina il Napoli di Dieguito conquista l'ultimo punto utile per la matematica conquista dello scudetto. E la festa azzurra sembra non finire mai. Insieme al suo idolo la Napoli calcistica ottiene il risultato più importante della sua lunga storia. Maradona è l'eroe del primo scudetto, l'artefice, il regista, il faro di una squadra creata armonicamente attorno al suo talento. Napoli esplode d'amore per Diego e si colora d'azzurro. I drappi tricolori abbracciano la città che vive una festa senza precedenti. Maradona regala a Napoli e ai napoletani quelle rivincite calcistiche dopo anni di delusioni, di amarezze e di sconfitte. Uno "scugnizzo" argentino entra per sempre nei cuori dei tifosi, degli appassionati, dei semplici cittadini. Un amore grande, tra Diego e la sua città adottiva che è appena all'inizio di una lunga e belissima storia che regalerà agli azzurri altre grandi soddisfazioni. E dopo lo scudetto arriva anche la Coppa Italia. una doppietta storica che era riuscita in passato solo alla Juventus. Maradona e il Napoli due volte sul tetto d'Italia nella stessa stagione, prima di lanciare la grande sfida all'Europa.

 
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Altre regole fondamentali del calcio

Post n°4 pubblicato il 13 Aprile 2006 da apskenio

  1. Il campo di gioco.

  2. Il pallone.

  3. Il numero di giocatori

  4. L'abbigliamento dei giocatori.

  5. L'arbitro.

  6. Gli assistenti dell'arbitro.

  7. La durata della partita.

  8. L'inizio della partita e il re-inizio della partita.

  9. Il pallone in gioco e fuori dal gioco.

  10. Il modo di segnare.

  11. Il fuorigioco.

  12. Falli e cattiva condotta.

  13. I calci di punizione.

  14. Il calcio di rigore.

  15. La rimessa laterale.

  16. La rimessa dal fondo.

  17. Il calcio d'angolo.

  18. Il Fairplay

 
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La Fifa

Post n°3 pubblicato il 13 Aprile 2006 da apskenio

In seguito alla riunione del 1848, furono introdotte o cambiate diverse regole. Nel 1857 lo Sheffield Football Club ne aggiunse alcune significative.

Gli sforzi di miglioramento culminarono con la nascita della Football Association (FA) che si riunì per la prima volta la sera del 26 Ottobre 1863 alla Freemason's Tavern di Londra. L'unica scuola rappresentata era Charterhouse: il calcio si stava dirigendo a grandi passi verso il professionismo.

La Freemason's Tavern fu teatro fra ottobre e dicembre di altre cinque riunioni durante i quali si diede vita a un notevole insieme di regole. Nell'ultima riunione i rappresentanti del Blackneath decisero di togliere la propria squadra dalla FA non appena fu stabilito di vietare il calcio negli stinchi. Il Blackneath, poco più tardi entrò a far parte della Rugby Football Union.

Oggi le regole del gioco sono decise dallo International Football Association Board (IFAB), associazione nata nel 1882 in un incontro a Manchester tra la FA inglese, scozzese, gallese e irlandese.

La FIFA (Fédération Internationale de Football Association) nacque a Parigi nel 1904 e dichiarò che avrebbe aderito alle regole stilate dall'IFAB, che tuttora è l'unica istituzione con il potere di modificare una delle regole base del calcio.

Comunque il potere della FIFA è cresciuto molto con il tempo, di pari passo con la popolarità dello sport. Oggi l'IFAB è formata da ben quattro rappresentanti della FIFA e un rappresentante di ciascuna delle quattro associazioni britanniche.

 
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Le regole fondamentali del calcio e la sua popolarità dal XIX ad oggi

Post n°2 pubblicato il 13 Aprile 2006 da apskenio

Il calcio è un gioco sportivo a squadre, in cui si fronteggiano due squadre composte ciascuna da undici giocatori. Di origine antica, probabilmente già abbozzato durante il Medioevo in Italia (vedi Calcio fiorentino), la sua affermazione moderna si ebbe in Inghilterra, a metà del XIX secolo.

Il calcio si gioca su un campo d'erba (in futuro sarà possibile giocare su superfici di erba sintetica) delimitato ai lati da righe bianche fatte di gesso. Lo scopo del gioco è di far entrare una palla di cuoio o di altro materiale nella porta avversaria, delimitata da due pali verticali congiunti da una traversa superiore. La palla può essere colpita con qualsiasi parte del corpo, braccia e mani escluse. Per lò più si usano i piedi. Solo il portiere può toccare il pallone con le mani, ma solo all'interno della propria area di rigore.

Le partite durano 90 minuti e sono suddivise in due "tempi" di 45 minuti intervallati da un riposo di circa 15 minuti. Verso il quarantacinquesimo minuto del primo e secondo tempo, l'arbitro decide se concedere alcuni minuti di recupero dai tempi morti (sostituzioni, pause per infortuni, perdite di tempo) che in genere non sono più di 6. Il tempo effettivo di gioco è sempre minore a 45 minuti. L'arbitro è l'uomo che tiene il tempo della partita.

In competizioni che prevedono la eliminazione diretta ed esigono un vincitore, si ricorre di solito a tempi supplementari (due di 15 minuti ciascuno) e, in caso di ulteriore parità, si passa ai calci di rigore per stabilire il vincitore.

Alcune varianti nel meccanismo dei tempi supplementari, introdotte dalla seconda metà degli anni '90 prevedono il silver gol: cioè la squadra che riesce ad andare in vantaggio al termine del primo tempo supplementare si aggiudica l'incontro alla fine di esso, e il golden gol, ovvero la prima squadra che segna nei supplementari si aggiudica l'incontro e la partita finisce immediatamente.

Il calcio si gioca a livello professionale in tutto il mondo. Milioni di persone vanno regolarmente allo stadio per seguire la propria squadra del cuore, ed altrettante persone guardano la partita in televisione. C'è anche un elevatissimo numero di persone che gioca al calcio a livello amatoriale.

Non c'è dubbio che la popolarità di questo sport continui a crescere continuamente. In Africa, Asia e Stati Uniti l'interesse sta sbocciando negli ultimi anni. Non a caso, nel 2010 il Sud Africa ospiterà la manifestazione più grande e prestigiosa del calcio: i Mondiali di calcio.

 
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La nascita del calcio

Post n°1 pubblicato il 13 Aprile 2006 da apskenio

La patria del calcio moderno è l'Inghilterra e in particolare, i College inglesi. Nasce come sport d'elite: erano i giovani delle scuole più ricche e delle università a giocare al football. Le classi erano sempre composte da dieci alunni, e a questi si aggiungeva il maestro che giocava sempre insieme a loro. Ecco spiegato perché si gioca in 11. Il capitano di una squadra di calcio è una sorta di discendente del maestro della public school.

Nel 1848, all'Università di Cambridge, H. de Winton e J.C. Thring, proposero, e ottennero, di fare una riunione con altri 12 rappresentanti di Eton, Harrow, Rubgy, Winchester e Shrewsbury. L'incontro fiume (durò 8 ore) produsse un importante risultato: vennero stilate le prime basilari regole del calcio.

Queste regole posero fine al dubbio che riguardava la parte del corpo con la quale colpire la palla: con le mani, con i piedi o entrambi indifferentemente? Le cosiddette regole di Cambridge favorivano chiaramente il gioco con i piedi e permettevano il gioco con le mani solo nel momento in cui era necessario catturare un pallone chiaramente indirizzato in porta, come un calcio di punizione.

Queste regole furono adottate da tutti eccetto che dall'Università di Rugby, i cui rappresentati erano chiaramente a favore di un gioco più fisico e che consentisse di toccare il pallone anche con le mani. Si produsse così lo scisma che portò alla nascita del rugby, sport che prende il nome dall'Università che l'ha sviluppato.

Il calcio intanto si espandeva a macchia d'olio: in Inghilterra ben presto divenne lo sport per eccellenza della working class e non solo delle elite. Questo nuovo sport, divertente, semplice e stancante era l'ideale per sfogarsi dopo una settimana lavorativa.

Dall'Inghilterra il calcio venne esportato in tutta Europa. Le città portuali per prime a conobbero il football , poiché dalle navi provenivano gli inglesi. Non a caso quindi la più antica società calcistica italiana è il Genoa, fondata a Genova nel 1893, che conquistò anche il primo scudetto in palio. In questo periodo pionieristico, gli inglesi erano considerati veri e propri maestri: avere un allenatore e dei giocatori inglesi in squadra significava avere un vantaggio grandissimo sugli altri. Anche il Milan fu fondato da inglesi.

In Sudamerica, i marinai inglesi preferivano giocare a calcio tra di loro lasciando da parte la gente del posto. Ma rimanere fuori a guardare si rivelò decisivo: ben presto, brasiliani e uruguaiani diventarono ben più abili dei maestri nel praticare il calcio.

Il fenomeno ormai era di dimensioni intercontinentali, era necessario adattare le istituzioni calcistiche e chiarire in maniera pià dettagliata le regole. In questi anni infatti, erano svariate le interpretazioni del gioco del calcio.

 
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