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GIGI2

Post n°18 pubblicato il 14 Maggio 2009 da edu.anna

Aprì gli occhi. “Come? Cosa? Ma…Vaffancuoco. Nooo, sono a casa! Ma è possibile!!! Proprio quando cominciavo a divertirmi…Kaiser!!!”

Ebbene si, Gigi si era svegliato, ma questa volta veramente e in camera sua dove chissà da quanto tempo dormiva. In realtà era ancora pieno pomeriggio, non ne era passato molto di tempo infondo, ma il nostro Gigi si svegliò triste, di malumore.

“Vaffancuoco, fancuoco, fancuoco…”

Gigi era solito usare queste buffe espressioni inventate da lui. Semplicemente gli sembrava di dire delle parolacce ma senza far male a nessuno e, soprattutto, senza che la madre gli rompesse l’anima. C’era stato un periodo della sua vita, non molto lontano, in cui Gigi riusciva a sfogare la sua rabbia soltanto dicendo un’infinità di parolacce. Non riusciva a farne a meno, era diventata una mania. Ma ora quel tempo era passato e lui aveva imparato a rendere innocue quelle brutte espressioni trasformandole in qualcos’altro. Più di una volta, proprio con le sue invenzioni, aveva fatto ridere l’intera classe, tranne la maestra però che non gradiva comunque si inveisse contro di lei, nemmeno se con fantasia.

“Ti sei addormentato di nuovo…” lo prese in giro la sorella. “Mio fratello non è normale, sicuramente ha qualche problema di crescita o roba simile” disse all’amica che in quel momento la guardava annoiata dal bagno con un’enorme cuffia in testa. “ Ma chi se ne frega” fece lei. “Piuttosto vieni ad aiutarmi che questa tinta comincia a prudere, sei sicura che non sia pericolosa?”

“Sicurissima, me l’ha consigliata Valeria, vedrai!” rispose chiudendosi di nuovo nel bagno con la compagna.

“Ecco perfino quella stonata ha un sacco di amici” pensò Luigi sentendosi sempre più solo. Decise di uscire, un po’ d’aria fresca gli avrebbe fatto di sicuro bene. Il sole era ancora alto. Avrebbe fatto un salto al parchetto, magari c’era qualcuno che giocava a calcio e lui avrebbe potuto guardare la partita e tifare per chi gli fosse sembrato più simpatico. Al parco però non c’era anima viva. Si sedette su una panchina e cominciò a giocherellare con una lucertola. Sapeva che se l’avesse presa per la coda questa prima o poi si sarebbe staccata. Era tentato da una voglia irrefrenabile di farlo ma si ricordava molto bene che l’ultima volta che aveva torturato uno di quei poveri animaletti si era sentito così in colpa da star male. Lasciò perdere.

L’aria di ottobre era ancora calda. Era una splendida giornata, forse una delle ultime e lui voleva godersela fino in fondo. Fra poco sarebbe arrivato l’inverno buio, freddo, umido e grigio. Fece un profondo respiro liberatorio e nel silenzio della natura sentì delle voci. Qualcuno stava parlando, anzi stava litigando. Luigi si voltò in direzione delle voci e vide tra i cespugli due figure muoversi. Si avvicinò piano, piano cercando di non fare il minimo rumore. E  poi la vide. Era lei, l’assoluta, l’irraggiungibile, la ragazza più bella della sua classe anzi in realtà, ora che ci pensava, era la ragazza più bella che avesse mai visto. Era strano per lui vederla in un contesto così diverso. Di solito la sbirciava da lontano. Sebbene fossero compagni di classe ormai dalla prima elementare Gigi non era mai riuscito ad avvicinarsi a lei. Poche erano state le volte che lui era riuscito a parlarle. Tra il primo e l’ultimo banco c’è un oceano. “Anzi un deserto” sussurrò Gigi pensando al suo ultimo sogno.

Linda ora era lì a pochi centimetri da lui ma non era sola. Un ragazzotto molto più grande di loro la stava toccando, stava cercando di baciarla. Ora la ragazza era costretta a terra con le mani sopra la testa tenute ferme da quelle del ragazzo. Lui tentava di baciarla ma lei si dimenava, girava la testa da una parte e dall’altra. Piangeva sottovoce ma non urlava, non chiamava aiuto.

Luigi era come paralizzato. “Dai muoviti!” si diceva “Fai qualcosa.” Ma il suo corpo non rispondeva ai comandi. Poi si decise e fece l’unica cosa che credeva di essere in grado di fare: l’imbranato!

Si alzò si colpo e si mise a correre. Inciampò con energia in quel groviglio di corpi e cadde giusto giusto di ginocchio nel mignolino della mano sinistra del ragazzotto facendolo urlare di dolore. Linda ne approfittò per liberarsi dalla presa e scappare via.

Luigi si rialzò chiedendo infinitamente scusa ma il ragazzo cominciò a inveire pesantemente su di lui stringendosi il dito tra le mani. Diede una spinta a Gigi che lo fece ricadere a terra ma fortunatamente la cosa finì lì. Il ragazzo se ne andò bestemmiando.

Gigi rimase di nuovo solo. Un ginocchio sbucciato ma nulla di grave. Si mise seduto e bagnandosi un dito di saliva cercò di pulirsi la ferita. Era meglio tornare a casa a disinfettarsi un po’.  “Queste cose non vanno trascurate” si disse.  Ma mentre se ne stava andando una mano lo fermò. “Grazie” le disse una vocina dolce come il miele. “Se non era per te finivo nei guai. Che stronzo, non trovi?”

“Non si dicono le parolacce” esordì Luigi in pieno panico. Lei lo guardò stranita “ Sei proprio strano Gigetto” le disse e se ne andò.

Lui le sussurrò “Mi chiamo Luigi” quando Linda ormai se n’era andata.

Gigi tornando a casa continuò incessantemente a pensare a quella stupida, stupidissima frase che aveva pronunciato “…non si dicono le parolacce… ma si può essere più stronzi di così?

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