Creato da squerz27 il 01/11/2009
Aneddoti, curiosità e stravaganze della città eterna
 

 

La scala che conduce a Dio

Post n°5 pubblicato il 26 Novembre 2009 da squerz27
 

Nella realtà si tratta solo di un trucco architettonico. Eppure la scala regia, l’imponente rampa di scale del Palazzo Apostolico nella Città del Vaticano, parte dell'entrata cerimoniale in Vaticano, ha sempre evocato visioni mistiche. Merito del Bernini che, dal 1663 al 1666, rimodellò il progetto iniziato da Antonio da Sangallo il Giovane.

L’artista, infatti, scelse un numero di effetti barocchi tipicamente teatrali in modo da esaltare nel miglior modo possibile questo punto di accesso in Vaticano. Grazie alla forma di un colonnato voltato a botte, la rampa dà l’impressione a chi la guardi dal basso che essa salga diretta verso il cielo.

La scala si rastrema verso l’alto, divenendo più stretto alla sommità.  La lunghezza del percorso viene così amplificata agli occhi dell'osservatore, in modo da apparire come un prodigioso slancio che conduce a Dio.

 
 
 

L’angelo che “regge” la chiesa

Post n°4 pubblicato il 15 Novembre 2009 da squerz27
 

Gli artisti, si sa, sono originali e, soprattutto, non amano essere contraddetti. Un classico esempio è lo scultore Rainaldi, incaricato di decorare la facciata della Chiesa di S. Andrea della Valle. Rainaldi sosteneva che il progetto, iniziato dall’Olivieri e completato dal Maderno, fosse sbagliato nelle proporzioni.

La chiesa, a suo dire, appariva troppo alta e stretta dando l’impressione di essere sempre sul punto di crollare. Il Maderno, però, ascoltate le obiezioni dello sculture, si rifiutò di modificare il suo piano.

Rainaldi ingoiò il boccone amaro ma trovò subito l’occasione per vendicarsi: sul frontone a sinistra della facciata, a mezza altezza, collocò un angelo con una delle ali spiegate, disposto come se puntellasse la stessa facciata della chiesa. «Solo così» sostenne davanti al Maderno incredulo ed adirato, «si può evitare il pericolo del crollo!»

 
 
 

La porta magica e la formula dell’oro

Post n°3 pubblicato il 09 Novembre 2009 da squerz27
 

Se fosse un romanzo di Dan Brown si troverebbe nascosta in qualche antico codice. Invece la formula in questione, che secondo la leggenda nasconde il segreto alchemico per fabbricare l’oro, si trova alla portata di tutti, nel muro del giardino di piazza Vittorio Emanuele. I romani l’hanno ribattezzata “Porta Magica” ma, nonostante questa attenda di essere decifrata sin dal 1680, pare che nessuno vi sia mai riuscito.

A far incidere la formula sulla porta fu il Marchese Palombara, il cui palazzo sorgeva proprio in quella piazza, circondato da un gran parco. Voci di popolo raccontano che il marchese trovò la ricetta alchemica per fabbricare l’oro in un libro antichissimo custodito nella sua biblioteca. Per svelare il mistero convocò i sapienti dell’epoca ma nessuno riuscì nell’impresa di decifrare quei segni astrologi e cabalistici.

Restio ad arrendersi, il marchese ordinò che la formula venisse incisa su un marmo che fece collocare sul muro di cinta del suo parco, nella speranza che qualche passante svelasse il segreto per ottenere il più prezioso dei metalli. Chissà, finora tutti hanno fallito ma, se vi troverete a passare da quelle parti, date un’occhiata e… buona fortuna!

 
 
 

I giochi di Testaccio ed il monte dei cocci

Post n°2 pubblicato il 04 Novembre 2009 da squerz27
 

Oggi è una delle zone più esclusive della capitale. Le sue origini però sono assai umili. Stiamo parlando del quartiere Testaccio che deve il proprio nome all’accumulo di testae, ovvero i frammenti, volgarmente detti cocci, delle anfore di terracotta . Tali anfore venivano scaricate dalle imbarcazioni approdate nell’insenatura del Tevere per essere depositate nelle horrea, cioè i magazzini della zona. Purtroppo, durante il trasporto a terra, alcune casualmente si rompevano sovrapponendo cocci su cocci che, nel corso degli anni, hanno generato una collina artificiale alta ben 35 metri con una circonferenza di 850 metri, nota anche come il Monte dei cocci e dei giochi.

Il toponimo giochi deriva invece dal suo passato ludico del quartiere Testaccio. Dal Medioevo fino alla nascita del Rione, infatti, i romani l’avevano trasformata in un campo di giochi. In particolare c’era un gioco, detto il “Gioco de Testaccio” che più entusiasmava il popolo. Era una specie di torneo caratterizzato da palii, corse e corride con lotte tra tori e uomini e tra tori e cani. A contorno non mancavano ovviamente cortei in maschera con lanci di arance e confetti che animavano il periodo carnevalesco. Non vi erano solo manifestazioni ludiche. Nel corso della Settimana Santa andava in scena il “Gioco della Passione”, una processione itinerante dei popolani in costume che recitavano dialoghi improvvisati. A ricordo di tale evento, proprio in cima al monte dei cocci, venne posta una croce ancora oggi esistente.

Molti, nel corso dei secoli, i giochi “testaccini” che hanno visto protagonisti i romani. Tra questi ricordiamo la “ruzzica” (meglio nota come ruzzola) che consisteva nel lancio di una pesante ruota di legno a mano libera verso la cima del monte. Vinceva ovviamente chi riusciva a mandarla più lontana. Più caratteristica invece era la gara degli stornelli a braccio, una sfida tra improvvisati menestrelli che si alternavano nell’invenzione di stornelli dedicati alla bellezza della giornata o della donna, apostrofata simpaticamente come la “bellona”.

Immortalato nei versi di Gioacchino Belli l’invito di un popolano a una ballerina di Ponte di Nona:

Eh vviè, ppasciocca, ar prato de Testaccio;

viè, si tte schifi de bballà su cquello,

la sera all’ostaria der Gallinaccio.

Perch’io m’impeggneria puro l’uscello,

pe bballà ‘nziem’a ttè, ddoppo er carraccio,

o ‘na lavannarina o un zartarello.

(Nella foto il gioco della ruzzola)

 
 
 

Escort e trans ai tempi dell’impero

Post n°1 pubblicato il 01 Novembre 2009 da squerz27
 

Cambiano i tempi, cambiano i governanti, le abitudini sono sempre le stesse. E così, se oggi si prediligono escort o trans (a seconda dei gusti), ai tempi dell’antica Roma non si badava. Anzi, maschio o femmina che fosse, più gente c’era e meglio era. Secondo alcuni, infatti, il Palazzo Sessoriano, residenza imperiale nel tardo impero, prende il nome proprio dalle sfrenate attività sessuali degli imperatori, spesso caratterizzate da rapporti di gruppo.

Sempre in quest’ottica, altri sostengono che il nome derivi da “Sus sorianum”, ovvero porco siriano, il soprannome affibbiato ad Eliogabalo, nato ad Antiochia in Siria, la cui moralità lasciava molto a desiderare. Cassio Dione Cocceiano scrisse di lui che “riservò una stanza nel palazzo e lì commetteva le sue indecenze, standosene sempre nudo sulla porta della camera, come fanno le prostitute, e scuotendo le tende che pendevano da anelli d'oro, mentre con voce dolce e melliflua sollecitava i passanti”.

Viste le sue tendenze, Eliogabalo avrebbe potuto tranquillamente governare anche ai giorni nostri sostituendo all’occorrenza sia Berlusconi che Marrazzo. Ebbe cinque mogli, un marito (un atleta di Smirne di nome Zotico, il che è tutto dire) ed un amante ufficiale (un auriga biondo proveniente dalla Caira). Non solo, era un precursore e, molto prima di Vladimir Luxuria, aspirava a diventare trans. Secondo quanto racconta lo storico Erodiano, infatti, aveva offerto addirittura la metà dell’impero romano al medico che l’avesse dotato di seno e genitali femminili.  In attesa di una completa trasformazione, intanto, si dipingeva le palpebre, si depilava, indossava parrucche e si prostituiva sia in bordelli malfamati che nel palazzo imperiale.

Implicazioni sessuali a parte, le spiegazioni più plausibili per l’origine del toponimo Sessoriano sono altre: molto probabilmente deriva dal “sessorium”, un pupazzo su cui i gladiatori si allenavano nel vicino anfiteatro Castrense. Oppure da “consessus” o “palatium consessorianum”, il luogo in cui si tenevano le riunioni plenarie.

 
 
 

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Il violino dei segreti

Un grande musicista assassinato. Un antico violino rubato. Il rapimento della ragazza più in vista della scuola. Episodi paralleli, casualmente collegati da un filo sottile, che potrebbero sfociare in un nuovo olocausto di sangue. Sullo sfondo del giornalismo moderno, tra neonazisti e musicisti death metal, s’incrociano le avventure di due giovani cronisti che si contendono un contratto di lavoro. Diversi in tutto ma accomunati dalla voglia di sfondare in un mondo chiuso e difficile, dove troppo spesso le ambizioni soccombono alla realtà fatta di amicizie e raccomandazioni. In un crescendo di suspense e colpi di scena, una matassa difficile da districare. Intuito, supposizioni, apparenti coincidenze e falsi indizi per un duello a distanza alla ricerca di uno scoop sensazionale che chiarisca l’intera vicenda, scongiurando le folli aspirazioni di moderni seguaci di Charles Manson.

 

In libreria...

Vincitore del premio letterario "Il giallo di Roma"

Le sette sfere

Vigilia di Natale 1939. Un libro custodito nell’Archivio Vaticano cela il segreto di un maestoso tesoro nascosto nel cuore di Roma. Tanti enigmi che si trasformano in indizi, ognuno la chiave per il successivo. Sullo sfondo dei misteri della città eterna s'incrociano le vicende di tanti personaggi: archeologi di fronte alla più grande scoperta della loro carriera, una coppia in fuga d'amore ed il cammino di redenzione di un giovane deluso dalla vita. Una caccia senza tregua attraverso le sette sfere mitraiche, una lotta contro il tempo per sventare il progetto criminale di una setta assetata di sangue ed anticipare uno spietato collezionista. Tra sensazionali rivelazioni e colpi di scena, un’avventura ad alta tensione alla scoperta di Mitra, Dio cosmico bandito dall’imperatore Teodosio nel 394, e le assonanze col culto cristiano. Semplici coincidenze o oscuri segreti nascosti per millenni dalla Chiesa?

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