Creato da: strangeskin il 04/08/2005
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Post N° 477

Post n°477 pubblicato il 03 Agosto 2006 da strangeskin
 

Un magnifico vestito azzurro.
Giacca con bottoni fino al mento. Bottoni di quelli larghi, grossolanamente intarsiati.
Gonna pantalone fino al ginocchio. Un pantalone molto largo insomma.
Scarpette bianche, prive di tacco, dalla suola liscia.
Calze bianche coprenti, tre roselline rosa ricamate al polpaccio, in fila cadevano su una caviglia magra.
Ricci neri appuntati con una farfalla di platica, appiccicati la sera prima i finti zirconi.
Troppo magra per essere considerata una bella ragazza.
E poi tanto meglio.
"Non c'era tutta"
Questo nei bar si sussurrava neanche poi sottovoce.
Il tono tendeva a scendere quando al bancone o al tavolo del ramino sedeva il padre pingue o lo zio rubicondo.
Perchè coprirsi di abiti ridicoli           sformanti          si intuiva il corpo spigoloso, la linea da serpente punita.
Camminava strusciando i piedi.
Se sua madre le era accanto, la si sentiva bisbigliare a labbra ermetiche : "solleva quei cazzo di piedi figlia!"
Lei buttava gli occhi turchini a terra come a chiedersi per quale motivo essi andavano per conto suo. 

Sollevati, sollevati!

Il giorno del vestito azzuro cielo dipinto, la videro camminare a passo lento verso la badia, circondata dai ciliegi in fiore.
Più a destra la scuola, che non nascondeva le mura bianche del cimitero.
Erano le nove, le campane suonavano.
Era il suo quindicesimo compleanno.
Definita "affetta da lieve insufficienza mentale, con disturbi del comportamento, nevrosi e manifestazioni periodiche di isteria" già a nove anni, si era ormai accasata nella dimora fulgida di una pazzia immemore e inconsapevole (parzialmente).
In quinta elementare mentre i compagni toccavano il sedere alle ragazzine della sua classe, lei correva, paonazza in volto, verso i muriccioli di recinzione, e cantava 'la mia banda suona il rock' e tutto il resto all'occorenza" con furore crescente, sempre questa frase , anche per una mezz'ora se iniziava lenta.
Le maestre accorrevano.
I ragazzini le erano sempre molto grati, mai uno sgarro, uno scherzo, lei riusciva a distogliere il controllo, a donare l'anarchia.
A scuola no, nessuno le voleva male.
Anche se in effetti non riusciva proprio a controllarla quella voce.
E a casa buttava gli occhi turchini dentro la gola riflessa allo specchio e con sforzo imperioso si comandava:

ora canta, ora canta come si deve!

Il giorno del vestito azzuro volta celeste a tempere fresche, Anastasia entro in chiesa.
Le vecchine delle sedie di paglia e dei ferri per far la calza, osservavano - e non si sa come - le giovani vedove sedute due panche dietro.
Una di loro, la più fresca, non vestiva già più il lutto e la sera prima era stata vista al dancing a ballare il cia cia cia con vari mariti onorabili, ma pur sempre maschi.
E i maschi si sa non son come le donne.
I maschi son belve e (pss pss al marito di Carlotta si stringeva per far sentire il seno e pss pss si è chinata per raccogliere 10 lire -avara).
Ma a volte sono troppo buoni con alcune donne.

Anastasia intinse il dito nell'acquasantiera di marmo trecentesco.
Con gesto rapido si fece il segno della croce, ma sbagliò, non lo ricordava, eppure dopo dieci anni di messa domenicale, più otto di catechismo ... eppure si iniziava da destra ... poi...

Fatti il segno della croce, fatti il segno della croce.

Poi , si leva le scarpe e scivola dietro le colonne, si inginocchia all'altare di un santo di cui non legge il nome e durante l'alleluja, entra nella stanza di fianco all'altare,  nei muri rimbombano le confessioni, le ave maria assegnate.
Il silenzio è in calcestruzzo, sacro ovviamente.
Ben nascosta,questa stanza dava sul giardino, sulla corte della badia.
La fontana spenta e ingiallita, le grazielle appoggiate al muro scalcinato, le tombe dei signorotti dispotici e quella di un poeta sconosciuto, ma molto devoto.
Il muricciolo ruvido che scaldava la mano a strusciarla.
Non riusciva a correrci aderente,tenendo la mano appoggiata sopra, ma era sicura che avrebbe preso fuoco finito il giro. Trecento metri di selce e la mano in fiamme di sangue.

Anastasia azzurro cielo lavato - ma non stirato-   si diresse al campanile.
Alto il campanile.
Quarantasette metri.
Buttato giù durante la seconda guerra mondiale da una bomba tedesca.
E che bomba! Lo chiedi a Nanni e te lo racconta lui cosa non fu quella bomba.
Finalmente rividero la faccia del prete 
Poi il campanile fu ricostruito con le stesse pietre fino a metà.
Per finirlo ne usarono di nuove, ma di un grigio più slavato. 
Ogni tanto ne ritrovavano una ventina vecchie che andavano a macchiare di marrone quel grigio un po' slavato.
 Che è bene ricordare quel che la storia ci ha fatto passare, questo la professoressa le aveva detto di ricordare.
Ma come si chiamava la professoressa.

Ricorda, ricorda 


La porta del campanile è aperta.
Questo in pochi lo sanno. Forse lei, il prete e il diacono e basta.
Sale le prime tre rampe, novantatre scalini di pietra.
Sale le seconde tre rampe, sessantatre scalini di acciaio.
Sale sulla scala a pioli, ventitre scalini di ferro, arrugginito nella zona centrale.


Si affaccia da una finestra di quattro metri, davanti niente, dietro due campane, sopra una croce con un cuore trafitto. Si regge forte con le mani. Ci vuole coraggio a non morire.

Il cielo è azzurro estate e l'aria è così lieve. Forse di volare lei è capace.

 
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Rispondi al commento:
shinedom
shinedom il 03/08/06 alle 10:52 via WEB
...avrebe voluto confondere l'azzurro cielo del suo vestito con l'azzurro del cielo vero... in un ultimo volo sognante di una rivincita sul mondo che mai, e lei lo sa, potra avere. A presto. Shinedom.
 
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