STRANO MONDO

QUANDO VìVERE E' UN ìNCUBO


Il 58% degli adolescenti italiani omosessuali ha pensato almeno una volta, tra i 14 e i 18 anni, al suicidio. E' quanto e' emerso da uno studio svolto dall'istituto di psicoterapia A. Beck di Roma su un campione di 1.300 maschi tra i 18 e i 24 anni.Non si parla mai dell’inferno cui sono sottoposti molti giovani gay: scherniti, derisi, molestati e persino picchiati dai propri coetenai. Un ragazzo di 16 anni si è ucciso dopo aver sopportato per un anno e mezzo gli insulti dei compagni di scuola. "Sei come Jonathan. Ti piacciono i ragazzi, sei gay…" gli urlavano contro gli studenti dell'istituto tecnico dove frequentava la seconda superiore.Ci sarebbe la vergogna di sentirsi rifiutato dai genitori, dopo aver detto loro di essere gay, all’origine del disperato gesto con cui Stefano Walpoth, 24enne di Cortina d’Ampezzo, si è tolto la vita.La lettera dì un GIOVANE Il mio calvario è iniziato all'età di tredici anni, prima, in maniera ossessiva, durante le medie e poi, in modo sempre più violento, alle superiori. Non potevo frequentare i ragazzi del paese, io ero quello effemminato, che non parlava in dialetto, che si curava e per loro ero, a seconda dei casi, la "checca", "il frocio", il "finocchio". Non ci si rivolgeva mai a me in modo diverso. I professori delle medie si rendevano conto del mio disagio ma mai nessuno ha mosso un dito per difendermi. Il peggio è arrivato alle superiori, ero innamorato di un mio compagno di classe, ripetente, il quale, insieme ai maschi più grandi non perdeva mai occasione di prendermi in giro. Ormai ero arrivato al punto di desiderare la morte ogni giorno, non potevo uscire per il paese, non potevo parlare con i miei genitori, ero terrorizzato a salire sull'autobus della scuola. L'idea che io fossi gay si era diffusa anche in un'altro istituto vicino al mio così, oltre agli insulti dei compagni maschi di classe, dovevo sopportare anche quello di gente che nemmeno conoscevo. L'unico amico che avevo era additato come il mio ragazzo, gli altri gli chiedevano "ma come fai a uscire con quel finocchio?", poi, per proteggerlo, ho smesso di frequentarlo e mi sono chiuso nel mio silenzio, stavo tutto il giorno in camera mia a leggere e ad ascoltare musica. Non facevo mai ginnastica con gli altri perché appena entravo negli spogliatoio subito i ragazzi cominciavano a offendermi e a farmi vedere i loro attributi. Una volta, costretto da un professore che non aveva capito nulla di me e della situazione, sono stato costretto a giocare a calcio. Gli altri mi hanno messo in porta e hanno fatto a gara a chi tirava più forte la palla. Mi sono fatto male a una mano ma sono stato zitto perché non volevo dargliela vinta. Potrei continuare a raccontare cose del genere per ore ma, oggi, a trentuno anni sono felice di quello che sono e quando penso a quei momenti provo solo un'infinita tristezza per quei ragazzi. Ogni volta che accendo la televisione e sento la chiesa che ci offende e ci odia penso a quanto questi falsi pastori di Cristo siano lontani dall'amore di Dio. Oggi ho letto questa terribile notizia di questo ragazzo che si è suicidato. Queste cose avvengono ogni giorno e nessuno fa niente, forse se qualcuno avesse detto a questo ragazzo che era una persona splendida e che non c'era nulla di sbagliato in lui la tragedia non sarebbe successa. Voglio esprimere tutto il mio dolore alla madre, l'unica che, probabilmente, sapeva quanto fosse bello suo figlio.GIOVANE