Angolo Cattivo

Il prato nero


C'è un prato nero capovolto alla fine del giorno.Ci rotola sopra la mia testa mentre le mie gambe restano incrociate e ferme sul letto.Ho i capelli bagnati, neri e lucenti, il sole li ha bruciati ed inariditi, sono fili sfibrati e grigi, vecchi, ma adesso l'acqua nera li colora.Ho il volto cosparso di gocce, come fossero chiazze trasparenti sopra la pelle intirizzita, la barba timida che strofina nuvole impacciate, gli occhi arrossati dal vento che continua a fuggire imprecando sempre con la stessa cupa parola.I fiori arsi non potranno marcire, il terreno è fertile e molle.Il giardino calpestato lascia intravedere il cielo spezzato ai due lati.Il profumo dei fiori di terra è precipitato giù rinvigorendo la vanità degli uomini, minimi istanti d'essenza sembrano vischiose e sottili lingue di miele, ballerine dense sulle mie labbra.Le stelle sono vinte dal sonno, mentre sopravvivono sobrie ghirlande di lampioni stentati di arancione decadente, quasi malato.Io corro come una palla sull'erba secca, disperato come un gioco da vincere, ansimante come un bimbo che si nasconde e vorrebbe perdersi per una vittoria macabra.Ho le mie radici di carne rilassata, posate nell'intreccio morbido e caldo, l'una sull'altra, immobili come recise, affondate in un modesto deserto.Il mio volto madido ha il terriccio sulle gote e sulla fronte e la stanchezza del pensiero, rotolamenti saniosi con angoscia di precipizio.Il prato è grande nel suo spazio di otto ore di notte, terreno sterminato per il passeggio della mia testa, inquieta e nomade, come se cercasse una nuova luce in un'improvvisa botola.Cadrà dentro quel buco di vuoto bianco.