Angolo Cattivo
"Luminoso e solo, come se fossi la prima stella della sera, minuscolo e buio, come se fossi l’ultimo uomo del mondo."
Post n°578 pubblicato il 19 Febbraio 2016 da stringalove
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Post n°577 pubblicato il 22 Gennaio 2016 da stringalove
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Post n°576 pubblicato il 12 Dicembre 2015 da stringalove
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Post n°575 pubblicato il 15 Novembre 2015 da stringalove
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Post n°574 pubblicato il 17 Ottobre 2014 da stringalove
Ho costruito balconi per affacciarmi dai miei occhi, ma la notte ha bevuto il mare e cancellato il panorama dalle visuali di infiniti indomani.
Ebbi il tempo per camminare: ricalcare tratte cicliche per gli avanti indietro sulla banchina deserta, rimbalzato dai margini immaginati e patiti un numero imprecisato di volte.
Interruppi il passeggio sedendomi di fronte ad un locale.
Due persone si fondevano e si staccavano durante il tempo di un'ordinazione.
Una mano tende il bicchiere e l’altra lo tende verso la bocca.
Il bicchiere scuro prolunga la notte ma a poco a poco si svuota.
Lo accompagno con un cenno distratto e poi ci riprendiamo la nostra solitudine, la mia che pare una strada mozzata all'infinito di ulteriore buio e di mistica foschia portuale, la sua che a goccia a goccia trova il fondo.
Non ho niente da osservare se non sorsi d'ombra salmastra e pensieri gorgoglianti verso i tubi di scarico, del cliente del bar e del suo gomito etilico e frenetico come un sassofono.
L'assolo termina senza applausi, il bicchiere cede la sua trasparenza alla notte e perplessità ipnotiche e scarpe ingarbugliate all'uomo che paga, si alza e se ne va.
La saracinesca ora potrà ghigliottinare la notte mentre il singhiozzo del cliente scandisce solitudini, ridimensiona megalomania e furore e rincara i bollettini da pagare, nel cassetto.
Il bar chiude.
Il cameriere si illumina di nuova solitudine, del flash bluastro del televisore che si spegne e del persistente sibilo cotonoso di musica azzittita.
Io sto seduto al mio posto, ancora là a supporre bocche beanti sulle isole di rossetto dei calici prosciugati e lunghe dita smaltate abbracciarne morbidamente lo stelo, ghiacci liquefatti che affondarono flotte di Titanic emotivi dalle ciurme ammutinate.
La mia notte è iniziata tardi, elegante e misantropa, sa solo ricreare personaggi senza viverli.
Mentre la saracinesca scende lenta e fatale nel suo meccanismo, agito con gli sguardi le bottiglie senza tappo e senza effervescenze, come tozze palazzine di città di provincia.
La calura ha reso fuggiaschi gli spiriti, ormeggiati nei vetri spessi ed evasivi gongolanti nella trippa degli ubriachi ed ora si spartisce la notte con il vento, senza lacerarla.
Lascio scorrere sequenze prevedibili: baratto quello schiaffo di ferramenta con la persistenza notturna di carta stropicciata che pochi istanti prima fu ritmo e fu quasi richiamo, poi proseguo abbracciato con gli occhi al cliente che diventa viandante, lungo il suo miraggio avviluppato nella lingerie e con le sue certezze domiciliate nel blister di benzodiazepine, dentro il solito cassetto pieno di debiti.
Accompagno il vento senza farmi spingere, senza sentirlo amico.
Immaginerò che culla il mare.
Immaginerò che il mare ci sia.
Poi vi annegherò.
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Swims in the old paper, the lonely mermaid, among the blank pages of stories unwritten, without ink rocks and islands of salvation. Covers her chest with a tremor of the hand, while frees melody, protecting a thrill with the glamor of fear. The air and water meet in the islands of ice. The song is drowning in milk with no flavor, no fumes brackish evoked by the tempered wave. The sea is empty, no lowing of the wind to push bold dreams of wood and cloth. The song is weak, without tattooed sailors and mirages. Supports the scales where she can not fall. The tail does not glitter without orbits the sun and looks grainy, unadorned, without laces. Soothes the desire because she can not seduce. There's the blue abyss to forget. A parchment without chests to open, no eyes drawn, without arms, without passion. The hand lost, looking for the warmth of her breast, left without a man. The mouth that speaks, the mouth whispering, the mouth kissing, is a ship that does not pierce the horizon inches. Then, there's just that little white ocean, of sea-paper to disappear: then drowns the mermaid, and drowns the woman. |
Post n°571 pubblicato il 29 Marzo 2014 da stringalove
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Post n°570 pubblicato il 29 Marzo 2014 da stringalove
Non amo anchilosate tabelle di marcia, dopo eccessivo calpestio, seguito da eccessivo riposo, da eccessivo e compensativo bisogno di eccesso. Mi costringo per bigotto umanesimo senza fascino pittorico, a flussi orari ininterrotti e notti bruciate senza combustile emotivo, più per la sterilità di luminosità squadrate, di vibranti richiami e campanellini senza fiaba. Dosi di giorno violente anche a basse concentrazioni di sole, diluibili con nuvole, con cumuli di stanchezze variegate, mimano gli effetti soporosi di arte culinaria gustata e poi subita. Non estraggo gemme dalla durezza della pietra, ma sale a grani grossi, come ostacoli mimetizzati sui viatici immersi nel chiarore, segnaletica permanente di stati siccitosi, di deserti che non sono zone di pace e non sono neppure travagliato parto di guerra. Non vedo residuati bellici bombati, fallici e penetrativi, a ricordarmi antichi ardori. Marcio da fermo su una sedia ma per lo più preferisco il letto, il giacere senza dovere, senza volere, senza godere, senza potere. La bellezza del poco non può mancarmi così tanto, si contraddice dentro me, si assottiglia sino a demolirne la remota adorazione, la spasmodica ricerca, l'avida attesa con evitamento di surrogati subliminali della frazione di secondo. Perché anticipare ore che dureranno ore senza palliativi e senza la cesoia della piacevolezza se poi per il benessere orizzontale basterà una piega di lenzuolo per corrompersi? Ci sarà la mollezza per girarsi di fianco, di distogliere i piedi dal loro abulico incrocio che dell'amplesso ha solo il sudore. Patisco il rumore bianco verniciato a rilievo sullo sfondo bianco di occhi che vorrebbero solo buio depressurizzato, quello che non ha neppure il fruscio del silenzio a disegnare parentesi tonde per sovversioni al sogno, quello che pare solo un'eutanasica malattia del silenzio: uccide il vento, i respiri, i latrati dei cani, taglia ruote voraci, stridenti sulle porosità glabre dell'asfalto e ruba il carburante a motori prima rabbiosi e poi sedati dentro cofani improvvisamente funerari. Non mi viene concesso il nero senza attuare manovre di chiusura, non subentra neppure nei parziali offuscamenti, il pessimismo non è mai troppo e troppo si auto limita. La tabella di marcia ha un podio macabro, le pause sono allettanti come oasi beduine, la destinazione finale non mi illude, preferisco illudermi di conoscerla già, e provo ad evitarla, come una religione fallace, un culto senza guru, senza ascesi e con troppa ascesa, mentre io cerco discese, oliate e condite da falso piani e mediocre e benedetta orizzontalità apparecchiata e soavemente ammannita. Mancano ore, tante e troppe. Forse lo penso solo io che il giorno ci condanna all'insonnia. Per gli altri è semplicemente vita. |
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